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Determinazione della pena: gli obblighi del giudice

La Cassazione ha annullato una condanna per occupazione abusiva limitatamente alla sanzione. La sentenza ha stabilito l’obbligo per i giudici di esplicitare ogni passaggio nel calcolo della pena, inclusa la pena base, le riduzioni per le attenuanti e per il rito abbreviato. La Corte ha ritenuto inammissibili i motivi sulla responsabilità, ma ha ricalcolato direttamente la sanzione, illustrando l’importanza della trasparenza nella determinazione della pena.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: la trasparenza è un obbligo per il Giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale penale: la determinazione della pena non può essere un atto arbitrario, ma deve seguire un percorso logico e trasparente, chiaramente esplicitato in motivazione. Anche quando la responsabilità penale dell’imputato è accertata, la mancanza di una corretta quantificazione della sanzione costituisce un vizio che può portare all’annullamento della sentenza. Vediamo insieme i dettagli di questo interessante caso.

I Fatti del Caso: L’Occupazione di un Immobile

Il caso trae origine dall’occupazione abusiva di un immobile a Milano, avvenuta nell’arco di diversi giorni. Tre persone venivano condannate in primo e secondo grado per il reato di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.). In particolare, a una delle imputate veniva contestato di aver agevolato l’occupazione iniziale, frapponendosi all’ingresso delle forze dell’ordine e consentendo così ai complici di forzare l’accesso all’edificio. Successivamente, la sua condotta sarebbe proseguita con un presidio esterno, caratterizzato da musica ad alto volume per ostacolare le operazioni di sgombero, mentre altri due co-imputati si erano rifugiati sul tetto per prolungare l’occupazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando due aspetti principali:
1. Sulla responsabilità: Una ricorrente contestava la sussistenza del suo concorso nel reato, sostenendo che le prove raccolte non fossero sufficienti a dimostrare una sua partecipazione attiva e consapevole all’occupazione.
2. Sulla quantificazione della pena: Tutti i ricorrenti denunciavano un grave vizio di motivazione nella sentenza d’appello (e in quella di primo grado). I giudici di merito non avevano indicato l’iter logico seguito per arrivare alla pena finale: mancavano la pena base, la misura della diminuzione per le circostanze attenuanti generiche e, soprattutto, qualsiasi riferimento alla riduzione di un terzo prevista per la scelta del rito abbreviato.

La Decisione della Corte: Focus sulla determinazione della pena

La Corte di Cassazione ha adottato una decisione divisa in due parti.

Inammissibilità dei motivi sulla responsabilità

Per quanto riguarda la posizione della prima ricorrente, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla sua partecipazione al reato. I giudici supremi hanno sottolineato che la sua condotta iniziale, ovvero l’essersi posizionata davanti all’ingresso per impedire l’intervento della polizia, era già di per sé sufficiente a configurare un contributo causale all’occupazione. Le argomentazioni successive sulla sua presunta irrilevanza erano state ritenute un tentativo di rivalutare i fatti, compito precluso al giudice di legittimità.

Accoglimento dei motivi sulla corretta determinazione della pena

La Corte ha invece ritenuto fondate le censure relative alla quantificazione della sanzione. La mancanza, sia nella sentenza di primo grado che in quella d’appello, di una chiara indicazione del percorso sanzionatorio è stata considerata una violazione di legge. Il giudice ha l’obbligo di motivare graficamente e logicamente ogni passaggio: dalla pena base stabilita, alla diminuzione per le attenuanti, fino alla riduzione per il rito scelto.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza impugnata era lacunosa e non permetteva di comprendere come si fosse giunti alla pena finale di otto mesi di reclusione e 200 euro di multa. Questo vizio, secondo la Cassazione, non è una mera formalità, ma lede il diritto di difesa e il principio di legalità della pena. Di fronte a tale omissione, la Corte ha deciso di annullare la sentenza senza rinvio, ma limitatamente al trattamento sanzionatorio. Avvalendosi dei poteri conferiti dall’art. 620 c.p.p., ha provveduto direttamente a ricalcolare la pena. Partendo dalla pena base minima di un anno di reclusione e 300 euro di multa, ha applicato la massima riduzione per le attenuanti generiche (prevalenti sull’aggravante), arrivando a otto mesi e 200 euro. Infine, ha applicato la doverosa riduzione di un terzo per il rito abbreviato, determinando la pena finale per ciascun imputato in cinque mesi e dieci giorni di reclusione e 133 euro di multa.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce che la giustizia penale si fonda non solo sull’accertamento della colpevolezza, ma anche sulla corretta e trasparente applicazione della sanzione. La determinazione della pena è un momento cruciale del processo che richiede al giudice un’adeguata motivazione su ogni singolo passaggio del calcolo. L’omissione di questi elementi rende la decisione illegittima e ne impone la riforma, come avvenuto nel caso di specie, dove la Corte di Cassazione ha corretto l’errore dei giudici di merito, garantendo agli imputati una pena calcolata nel pieno rispetto delle norme procedurali.

Cosa deve indicare un giudice quando calcola una pena?
Il giudice deve indicare in modo chiaro e trasparente l’intero percorso logico-matematico: la pena base di partenza, gli eventuali aumenti per le aggravanti, le diminuzioni per le attenuanti (specificandone la misura) e, se applicabile, la riduzione per la scelta di un rito premiale come il rito abbreviato.

Quale condotta è sufficiente per essere considerati complici nel reato di occupazione abusiva?
Secondo la sentenza, anche una condotta che agevola l’esecuzione del reato, come frapporsi all’ingresso per impedire l’intervento delle forze dell’ordine mentre altri si introducono nell’immobile, è sufficiente a integrare il concorso di persone nel reato.

La Corte di Cassazione può modificare direttamente una pena sbagliata?
Sì, in casi come questo, dove il vizio riguarda un errore di calcolo o un’omissione sanabile sulla base degli atti e delle decisioni di merito, la Corte di Cassazione può annullare la sentenza solo sulla pena e ricalcolarla direttamente, senza bisogno di rinviare il processo a un altro giudice (annullamento senza rinvio).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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