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Determinazione della pena: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3916/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso sulla determinazione della pena. Ha ribadito che la quantificazione della sanzione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Se la pena è inferiore alla media, non serve una motivazione dettagliata, bastando formule come ‘pena congrua’.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: i limiti al sindacato della Cassazione

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice traduce in una sanzione concreta la valutazione sulla gravità del reato e sulla personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 3916 del 2024, torna su questo tema cruciale, ribadendo i confini del potere discrezionale del giudice di merito e i limiti del controllo di legittimità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Genova. L’unico motivo di doglianza riguardava un presunto vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena inflitta. Secondo la difesa, il giudice d’appello non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni che lo avevano portato a scegliere una specifica misura della sanzione, violando così l’obbligo di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per riaffermare un principio consolidato nella giurisprudenza: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato seguendo i criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo.

Le Motivazioni: discrezionalità e obbligo di motivazione nella determinazione della pena

Il cuore della decisione risiede nella distinzione operata dalla Corte riguardo all’onere di motivazione del giudice. Secondo l’orientamento consolidato, non è sempre richiesta una spiegazione analitica e dettagliata.

In particolare, la Corte ha chiarito che:

1. Pena inferiore o pari alla media edittale: Quando il giudice irroga una sanzione che si colloca nella fascia medio-bassa del range previsto dalla legge per quel reato, non è necessaria una motivazione complessa. Per adempiere al suo obbligo, è sufficiente l’uso di espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’. Tali formule si considerano adeguate a indicare che il giudice ha valutato tutti gli elementi rilevanti e ha ritenuto giusta quella specifica sanzione.

2. Pena superiore alla media edittale: L’obbligo di motivazione si fa più stringente quando la pena si discosta notevolmente e in aumento rispetto alla media. In questi casi, il giudice ha il dovere di fornire una spiegazione specifica e dettagliata, illustrando le ragioni che giustificano una sanzione particolarmente severa. Questo serve a garantire la trasparenza della decisione e a permettere un controllo effettivo sul corretto esercizio del potere discrezionale.

Nel caso di specie, la pena inflitta era al di sotto della media, rendendo quindi legittima la motivazione più sintetica fornita dal giudice di merito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un importante principio con notevoli implicazioni pratiche. Per gli avvocati e i loro assistiti, significa che contestare in Cassazione la misura della pena è una strada in salita, percorribile solo in presenza di vizi di motivazione evidenti e qualificati. Non è sufficiente un generico dissenso sulla ‘giustezza’ della pena; è necessario dimostrare che il giudice abbia completamente omesso la motivazione o che questa sia manifestamente illogica, specialmente nel caso di pene particolarmente aspre. La decisione riafferma la fiducia dell’ordinamento nella valutazione del giudice di merito, considerato il soggetto più vicino ai fatti e più idoneo a calibrare la sanzione al caso concreto, purché operi entro i binari tracciati dalla legge.

Quando un giudice deve motivare in modo dettagliato la pena che infligge?
Secondo la Corte, una motivazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato.

È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta troppo alta?
Sì, ma solo se si riesce a dimostrare un vizio della motivazione. Non è sufficiente sostenere che la pena sia genericamente eccessiva; occorre provare che il giudice non ha spiegato le ragioni della sua decisione (soprattutto se la pena è molto alta) o che la sua spiegazione è manifestamente illogica o contraddittoria.

Cosa significa che la determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice?
Significa che la legge affida al giudice di merito il compito di scegliere la sanzione concreta da applicare, all’interno di un minimo e un massimo stabiliti (la ‘cornice edittale’), basandosi sui criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo). La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice, ma solo controllare che tale potere sia stato esercitato legalmente e con una motivazione adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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