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Determinazione della pena: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante la determinazione della pena, ribadendo un principio fondamentale: la quantificazione della sanzione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. L’intervento della Corte di legittimità è escluso quando la pena è vicina al minimo edittale e la motivazione, seppur sintetica, risulta logica e aderente ai criteri di legge. Il caso in esame conferma che la graduazione della pena non è censurabile se non per vizi di motivazione palesi e manifesti.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: quando la scelta del giudice è insindacabile?

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice, applicando i criteri di legge, traduce la responsabilità penale in una sanzione concreta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare i confini della discrezionalità del giudice in questa fase e i limiti del sindacato di legittimità. Il caso riguarda un ricorso avverso una condanna per reati contro la libertà personale, in cui l’imputato lamentava proprio un’errata quantificazione della sanzione.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato sia in primo grado dal Tribunale di Trapani sia in appello dalla Corte di Palermo, proponeva ricorso per Cassazione. La sua difesa si concentrava su un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena inflitta, ritenuta non congrua. La pena, fissata in un mese e dieci giorni di reclusione per reati tentati in concorso, veniva giudicata eccessiva dal ricorrente, il quale ne contestava la graduazione operata dai giudici di merito.

La Decisione della Corte sulla determinazione della pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno richiamato un principio consolidato nella giurisprudenza: la graduazione della sanzione penale, inclusi gli aumenti e le diminuzioni per le circostanze, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, se esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, non è soggetto a revisione in sede di legittimità.

L’Onere della Motivazione

La Corte ha sottolineato un aspetto cruciale: l’onere motivazionale del giudice varia a seconda di quanto la pena si allontani dal minimo previsto dalla legge. Nel caso di specie, la pena applicata era molto vicina al minimo edittale e ben al di sotto della media. Di conseguenza, i giudici di merito avevano correttamente adempiuto al loro obbligo motivazionale con un semplice ma congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi. Non era necessaria una motivazione analitica per giustificare una scelta così vicina al minimo legale.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda sulla distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La determinazione della pena è un’attività valutativa che spetta a chi ha diretto contatto con le prove e le parti processuali. La Corte di Cassazione, invece, interviene solo per correggere errori di diritto o vizi logici macroscopici nella motivazione, non per sostituire la propria valutazione a quella del giudice di primo o secondo grado. Poiché la pena era quasi al minimo e la motivazione dei giudici precedenti era stata ritenuta adeguata e non illogica, non sussistevano i presupposti per accogliere il ricorso.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma che contestare la quantificazione della pena in Cassazione è un’impresa ardua. L’impugnazione ha speranze di successo solo se si riesce a dimostrare un’assoluta mancanza di motivazione o una sua palese illogicità o contraddittorietà. Quando, invece, la pena si attesta su valori prossimi al minimo edittale, l’onere della prova per chi ricorre si fa ancora più gravoso, poiché si presume che il giudice abbia esercitato la sua discrezionalità in modo corretto e moderato. Per la difesa, ciò significa che i motivi di appello e di ricorso sulla pena devono essere specifici e puntare a evidenziare vizi concreti nel ragionamento del giudice, piuttosto che limitarsi a una generica doglianza sulla sua entità.

Quando è possibile contestare la determinazione della pena in Cassazione?
Secondo la Corte, la contestazione in sede di legittimità è consentita solo in presenza di un vizio di motivazione, ovvero quando il ragionamento del giudice di merito è manifestamente illogico, contraddittorio o del tutto assente, e non per una semplice divergenza di valutazione sull’entità della pena.

Perché la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato?
Il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato perché la pena inflitta era molto vicina al minimo previsto dalla legge. In questi casi, la giurisprudenza consolidata ritiene che la discrezionalità del giudice sia stata esercitata correttamente e non sia necessaria una motivazione particolarmente analitica.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato la scelta della pena?
No. L’obbligo di fornire una motivazione dettagliata aumenta quanto più la pena si discosta dal minimo edittale. Se il giudice applica una sanzione vicina al minimo, è sufficiente un riferimento congruo agli elementi decisivi, senza necessità di una giustificazione approfondita per ogni scelta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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