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Determinazione della pena: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, ribadendo che la determinazione della pena, se fissata in misura media o vicina al minimo, non richiede una specifica motivazione da parte del giudice di merito. La scelta è considerata un legittimo esercizio della sua discrezionalità.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della pena: quando il giudice non deve motivare la sua scelta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un importante chiarimento sui limiti della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena. Questo principio, fondamentale nel diritto penale, stabilisce fino a che punto il magistrato debba giustificare la quantificazione della sanzione inflitta. L’intervento della Suprema Corte consolida un orientamento giurisprudenziale pacifico, delineando con precisione quando un ricorso su questo punto possa essere considerato fondato e quando, invece, risulti inammissibile.

I fatti del caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente contestava la congruità della pena inflitta, lamentando presumibilmente una carenza di motivazione da parte del giudice di secondo grado riguardo alla sua quantificazione. La questione è giunta così all’esame della Corte di Cassazione, chiamata a verificare se la decisione impugnata fosse viziata sotto il profilo della motivazione sulla pena.

La discrezionalità del giudice e la determinazione della pena

Il fulcro della decisione ruota attorno all’articolo 133 del codice penale, che elenca i criteri (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole) che il giudice deve considerare per esercitare il proprio potere discrezionale nella commisurazione della pena tra il minimo e il massimo edittale. La giurisprudenza ha da tempo chiarito che l’obbligo di motivazione non ha sempre la stessa intensità. Se il giudice si attesta su una pena vicina al minimo previsto dalla legge, o comunque su valori medi, non è tenuto a fornire una giustificazione analitica per ogni singolo criterio. In questi casi, si presume che la scelta sia il risultato di una valutazione complessiva e implicita degli elementi a disposizione, una valutazione che rientra pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito e che non è sindacabile in sede di legittimità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, aderendo pienamente all’orientamento consolidato. Gli Ermellini hanno ribadito che una motivazione specifica e dettagliata sulla determinazione della pena è richiesta solo in due ipotesi: quando la sanzione si avvicina al massimo edittale o quando supera significativamente la media. In tutti gli altri casi, specialmente quando la pena è media o prossima al minimo, la scelta del giudice è considerata insindacabile. La decisione di irrogare una pena contenuta, come nel caso di specie, è vista come una scelta implicitamente basata sui criteri dell’art. 133 c.p. e non necessita di ulteriori spiegazioni. Qualsiasi doglianza in merito è, pertanto, destinata a essere respinta. A seguito dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma un principio cruciale per la prassi giudiziaria: non ogni scelta discrezionale del giudice necessita di una spiegazione minuziosa. Focalizzare le censure su una presunta carenza di motivazione per pene non particolarmente severe si rivela una strategia processuale inefficace. La decisione sottolinea che il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi concreti e rilevanti, e non su un generico dissenso rispetto alla valutazione del giudice di merito, la quale, in assenza di palesi illogicità o violazioni di legge, rimane sovrana nella quantificazione della sanzione penale entro i limiti edittali.

Quando è obbligatoria una motivazione specifica sulla determinazione della pena?
Una motivazione specifica è richiesta solo quando la sanzione inflitta è quantificata in misura prossima al massimo edittale previsto dalla legge, o comunque in una misura superiore alla media.

Una pena media o vicina al minimo può essere contestata in Cassazione per mancanza di motivazione?
No. Secondo la Corte, la scelta di applicare una pena media o prossima al minimo è una decisione insindacabile, in quanto riservata alla discrezionalità del giudice di merito e si considera implicitamente basata sui criteri dell’art. 133 del codice penale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in questo caso di 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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