La Determinazione della Pena e la Discrezionalità del Giudice: Analisi di un’Ordinanza
La corretta determinazione della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a bilanciare la gravità del reato con la personalità dell’imputato. Ma fino a che punto questa decisione può essere contestata in sede di legittimità? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre spunti preziosi, ribadendo un principio fondamentale: la valutazione del giudice di merito è ampiamente discrezionale e può essere censurata solo in casi eccezionali di arbitrarietà o manifesta illogicità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti, aggravato dalla circostanza che l’imputato fosse infraventunenne al momento del fatto. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva ridotto la pena pecuniaria inflitta, confermando nel resto la condanna. Non soddisfatto, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata applicazione dei criteri legali per la quantificazione della sanzione.
Il Motivo del Ricorso: una contestata determinazione della pena
Il ricorrente ha fondato la sua impugnazione sulla violazione degli articoli 133 e 133-bis del codice penale. Questi articoli elencano i criteri che il giudice deve seguire per commisurare la pena, tra cui la gravità del danno, l’intensità del dolo o il grado della colpa, e i motivi a delinquere. Secondo la difesa, la Corte di Appello non avrebbe correttamente ponderato questi elementi, giungendo a un trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo.
La Decisione della Corte di Cassazione: L’Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la determinazione della pena rientra nella sfera di discrezionalità del giudice di merito. Questa scelta non può essere sindacata in sede di legittimità se non è frutto di un palese arbitrio o se non è supportata da una motivazione manifestamente illogica. Nel caso di specie, secondo gli Ermellini, non sussisteva alcuna di queste condizioni.
Le Motivazioni: la discrezionalità nella determinazione della pena
La Corte ha evidenziato come il giudice di primo grado avesse già fissato la pena nel minimo edittale, ovvero la sanzione più bassa prevista dalla legge per quel reato. Inoltre, erano state riconosciute le circostanze attenuanti generiche, a dimostrazione di una valutazione favorevole all’imputato. La stessa Corte d’Appello aveva ulteriormente ridotto l’aumento di pena pecuniaria relativo all’aggravante contestata.
Di fronte a una pena già orientata verso il minimo possibile e a una motivazione che dava conto delle ragioni della scelta, la Cassazione ha ritenuto che non vi fosse spazio per una censura. La decisione dei giudici di merito non era né arbitraria né illogica, ma rappresentava un esercizio corretto e motivato del loro potere discrezionale. Pertanto, il ricorso è stato giudicato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che contestare l’entità della pena in Cassazione è un’operazione estremamente complessa. Non è sufficiente sostenere che la sanzione sia ‘troppo alta’; è necessario dimostrare che il giudice abbia commesso un errore macroscopico, ignorando completamente i criteri di legge o fornendo una giustificazione palesemente irragionevole. La decisione sottolinea la centralità e l’insindacabilità, entro i limiti della logica e della legge, del potere discrezionale del giudice di merito nella commisurazione della pena, un principio cardine del nostro sistema processuale penale.
Quando è possibile contestare in Cassazione la determinazione della pena decisa da un giudice?
La determinazione della pena può essere contestata in Cassazione solo se la decisione del giudice di merito è frutto di arbitrio o se è assistita da una motivazione manifestamente illogica. Non è sufficiente un semplice disaccordo con l’entità della sanzione.
Perché in questo caso il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la pena inflitta era già stata fissata nel minimo previsto dalla legge, erano state concesse le attenuanti generiche e la Corte d’Appello aveva persino ridotto l’aumento per l’aggravante. La decisione, quindi, non era né arbitraria né illogica.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1141 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1141 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a DOLO il 16/11/1997
avverso la sentenza del 20/10/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE ricorre avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Brescia che, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale, ha ridotto la pena allo stesso inflitta per il reato di gu in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti aggravato dalla condizione di infraventunenne dell’imputato.
Ritenuto che il motivo sollevato (Violazione di legge per erronea applicazione dei criteri di cui agli artt. 133 e 133-bís cod. pen.) inammissibile perché è incensurabile la determinazione del trattamento sanzionatorio, naturalmente rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, qualora, come nel caso di specie, non sia frutto di arbitrio o si assistita da motivazione manifestamente illogica Sul punto, la Corte territoriale ha ricordato come la pena individuata dal primo giudice fosse già stata indicata nel minimo edittale con riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e ha comunque rimodulato, in riduzione, l’aumento effettuato dal primo giudice della pena pecuniaria per l’aggravante contestata (pp. 4 e 5);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Presidente