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Determinazione della pena: discrezionalità del giudice

Un imputato per reati di droga ha impugnato in Cassazione la sentenza d’appello, lamentando una pena eccessiva. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Se la decisione è motivata in modo logico, facendo riferimento a criteri come la gravità del fatto e i precedenti penali, non può essere riesaminata in sede di legittimità.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della Pena: Quando la Decisione del Giudice è Insindacabile?

La quantificazione della sanzione penale è uno dei momenti più delicati del processo. Ma fino a che punto un imputato può contestare una pena ritenuta troppo severa? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10190/2024, offre importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità sulla determinazione della pena, confermando la centralità della discrezionalità del giudice di merito, purché adeguatamente motivata.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un uomo condannato in Corte d’Appello per un reato legato agli stupefacenti, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990 (il cosiddetto ‘fatto di lieve entità’). La pena inflitta era di un anno e sei mesi di reclusione e 3000 euro di multa. L’imputato, ritenendo la pena eccessiva e sproporzionata, si è rivolto alla Suprema Corte.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su tre principali censure:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione: La pena era stata fissata in misura ben superiore al minimo edittale senza che la Corte d’Appello fornisse una giustificazione adeguata.
2. Vizio di motivazione: Errata applicazione della recidiva reiterata ed infraquinquennale.
3. Violazione di legge e vizio di motivazione: Errore nel giudizio di bilanciamento tra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di rivalutare la congruità della pena inflittagli.

La Determinazione della Pena secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le doglianze. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la graduazione della pena rientra nella sfera di potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, tuttavia, non è arbitrario, ma deve essere esercitato nel rispetto dei criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale.

le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che il ricorso era inammissibile innanzitutto per la sua genericità. Il ricorrente, infatti, non si era confrontato specificamente con l’ampia e dettagliata motivazione fornita dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva giustificato la pena superiore al minimo sulla base di una serie di elementi concreti:

* La gravità del fatto: evidenziata dall’enorme numero di dosi di stupefacente possedute (1351).
* La qualità della droga.
* La professionalità della condotta illecita.
* La personalità negativa dell’imputato: caratterizzata da numerosissimi e gravi precedenti penali, indicativi di una spiccata propensione a delinquere.

Secondo la Cassazione, una motivazione così strutturata non è né illogica né arbitraria e, pertanto, sfugge al sindacato di legittimità. Contestare nel merito la congruità della pena in Cassazione equivale a chiedere un nuovo giudizio di fatto, che è precluso in tale sede. Allo stesso modo, anche le censure sulla recidiva e sul bilanciamento delle circostanze sono state ritenute inammissibili perché la Corte d’Appello aveva motivato le sue scelte facendo riferimento ai gravi precedenti penali, un argomento di merito non rivalutabile in Cassazione.

le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rimettere in discussione le valutazioni di fatto. La determinazione della pena è un’attività che appartiene al giudice di merito. L’imputato può contestarla solo se dimostra che la decisione è frutto di un palese arbitrio, di un ragionamento manifestamente illogico o di una motivazione inesistente o meramente apparente. In assenza di tali vizi, la valutazione del giudice di primo e secondo grado sulla severità della sanzione è da considerarsi definitiva.

È possibile contestare in Cassazione la misura di una pena ritenuta troppo alta?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Non si può chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare la congruità della pena, ma solo di verificare se la motivazione del giudice di merito sia palesemente illogica, contraddittoria o carente, ovvero se la decisione sia frutto di mero arbitrio e non basata sui criteri legali (artt. 132 e 133 c.p.).

Quali elementi giustificano una pena superiore al minimo legale?
Come emerge dalla sentenza, una pena superiore al minimo può essere giustificata da vari fattori, tra cui la gravità oggettiva del reato (es. la quantità di stupefacente), la professionalità della condotta, la personalità negativa dell’imputato e i suoi precedenti penali, che ne dimostrano la propensione a delinquere.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Un motivo di ricorso è considerato ‘generico’ quando non si confronta specificamente con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse questioni in modo astratto o a lamentare genericamente l’ingiustizia della decisione, senza individuare un preciso vizio di legge o di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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