LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Determinazione della pena: Cassazione e motivazione

Un imputato ricorre in Cassazione contestando una pena per tentato furto aggravato ritenuta eccessiva e immotivata. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo che la motivazione del giudice di merito, basata sul rilevante danno economico, è sufficiente a giustificare una pena superiore al minimo. La corretta **determinazione della pena** non richiede una motivazione prolissa, ma logica e fondata su elementi concreti. Infondata anche la doglianza sul difetto di querela, smentita dagli atti processuali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La Determinazione della Pena: Quando il Giudice Può Superare il Minimo

La determinazione della pena è una delle fasi più delicate del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale per adeguare la sanzione alla gravità del fatto e alla personalità del reo. Ma quali sono i limiti di questa discrezionalità? E quando una motivazione può essere considerata sufficiente a giustificare una pena superiore al minimo previsto dalla legge? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, analizzando il ricorso di un imputato condannato per tentato furto aggravato.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato per il reato di tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose. Nello specifico, l’imputato aveva tentato di sottrarre una stufa del valore di 850 euro, causando anche un rilevante danno nel tentativo. La Corte d’Appello aveva confermato la sua responsabilità, infliggendo una pena base superiore al minimo edittale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione lamentando due aspetti: l’erronea applicazione dell’art. 133 del codice penale per insufficiente motivazione sulla quantificazione della pena e, in via preliminare, l’improcedibilità del reato per un presunto difetto di querela.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le censure sollevate dalla difesa. La decisione consolida principi giurisprudenziali fondamentali sia in materia di motivazione della pena sia sui limiti del sindacato di legittimità. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Analisi della Determinazione della Pena

Le motivazioni della Corte si concentrano su due punti chiave.

Il Giudizio sulla Congruità della Pena

Il ricorrente lamentava una motivazione carente sulla decisione di applicare una pena superiore al minimo. La Cassazione ha respinto questa doglianza, chiarendo che i giudici di merito avevano fornito una giustificazione adeguata. La motivazione, seppur sintetica, era fondata su un elemento concreto e rilevante: il significativo danno economico arrecato alla persona offesa, dato non solo dal valore del bene (una stufa da 850 euro) ma anche dai danni conseguenti al tentativo di furto. La Corte ha ribadito un principio consolidato: non è possibile, in sede di legittimità, effettuare una nuova valutazione della congruità della pena. Il controllo della Cassazione si limita a verificare che la decisione del giudice non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, eventualità escluse nel caso in esame.

La Questione della Querela

Anche la richiesta di dichiarare il reato improcedibile per mancanza di querela è stata giudicata manifestamente infondata. I giudici della Cassazione, infatti, hanno verificato direttamente gli atti processuali, accertando che la persona offesa aveva sporto regolare querela presso la Questura lo stesso giorno del fatto. Questa verifica fattuale ha reso la censura della difesa priva di qualsiasi fondamento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni. In primo luogo, conferma che per adempiere all’obbligo di motivazione sulla determinazione della pena, non è necessaria una disamina analitica di ogni singolo criterio previsto dall’art. 133 c.p. È sufficiente che il giudice evidenzi gli elementi ritenuti determinanti per la sua decisione, come il danno economico, purché il ragionamento sia logico e non arbitrario. In secondo luogo, viene ribadito che il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito: la valutazione sull’adeguatezza della pena è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado, e può essere censurata solo in caso di vizi logici macroscopici.

Può il giudice stabilire una pena superiore al minimo previsto dalla legge senza una motivazione complessa?
Sì. Secondo la Corte, è sufficiente che il giudice indichi nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti per la sua decisione, come in questo caso il significativo danno economico, per adempiere all’obbligo di motivazione sulla determinazione della pena.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta troppo alta dall’imputato?
No, nel giudizio di cassazione non è ammissibile una censura che miri a una nuova valutazione della congruità della pena. La Corte può intervenire solo se la determinazione della pena è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, cosa non riscontrata nel caso di specie.

Cosa succede se si contesta la mancanza di una querela ma questa risulta invece presente agli atti?
La richiesta viene considerata manifestamente infondata. La Corte di Cassazione, come avvenuto in questo caso, verifica la presenza dell’atto nei fascicoli processuali e, se la querela è stata regolarmente presentata, respinge il motivo di ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati