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Determinazione della pena: Cassazione e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la determinazione della pena. La decisione si basa sul fatto che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione sufficiente e non illogica, avendo applicato la sanzione minima prevista e concesso la massima riduzione per le attenuanti generiche, rendendo il riesame in sede di legittimità non consentito.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per la determinazione della pena: quando è inammissibile?

La determinazione della pena è una delle fasi più delicate del processo penale, in cui il giudice, sulla base dei criteri stabiliti dalla legge, decide la sanzione concreta da applicare al condannato. Ma cosa succede se la difesa ritiene la pena ingiusta? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità su questo aspetto, stabilendo quando un ricorso che contesta la quantificazione della sanzione debba essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo grado dal Tribunale e, successivamente, in appello, per il reato previsto dall’art. 76, comma 3, del d.lgs. 159 del 2011. La pena inflitta era quella di venti giorni di arresto. La Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto l’imputato responsabile del reato contestatogli.

Il Ricorso in Cassazione e il Vizio Motivazionale

La difesa, non soddisfatta della decisione, proponeva ricorso per cassazione. Il motivo principale dell’impugnazione si concentrava su un presunto vizio di motivazione relativo alla determinazione della pena. Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avevano adeguatamente giustificato la scelta sanzionatoria, violando i principi stabiliti dall’articolo 133 del codice penale, che elenca i criteri per la commisurazione della pena (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole).

In sostanza, la difesa lamentava che la Corte d’Appello avesse errato nel quantificare la pena, chiedendo alla Cassazione di rivedere tale valutazione.

La Valutazione della Cassazione sulla Determinazione della Pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo le argomentazioni della difesa. Secondo gli Ermellini, il motivo del ricorso non era consentito in sede di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti o l’adeguatezza della pena, ma ha il compito di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione delle sentenze impugnate.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione non solo sufficiente, ma anche priva di illogicità. I giudici di merito avevano chiaramente spiegato il loro percorso decisionale: la pena era stata fissata nel cosiddetto “minimo edittale”, ovvero il livello più basso previsto dalla norma incriminatrice. Inoltre, erano state riconosciute le circostanze attenuanti generiche, applicando la riduzione nella massima estensione possibile. Di fronte a una motivazione così strutturata, che dimostra di aver considerato gli elementi favorevoli all’imputato applicando il trattamento più benevolo consentito, non vi è spazio per un sindacato di legittimità. Il ricorso, pertanto, si traduceva in una richiesta di mera rivalutazione del merito, attività preclusa alla Corte di Cassazione.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: la determinazione della pena è una valutazione di merito riservata al giudice che analizza i fatti. La Corte di Cassazione può intervenire solo in presenza di un vizio motivazionale grave, come una motivazione assente, palesemente illogica o contraddittoria. Quando, invece, il giudice di merito fornisce una giustificazione adeguata e coerente per la sanzione irrogata, come avvenuto in questo caso, la sua decisione non è censurabile in sede di legittimità. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende sigilla l’inammissibilità del ricorso.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa dal giudice di merito?
È possibile solo se la motivazione del giudice è assente, manifestamente illogica o contraddittoria. Se il giudice ha fornito una motivazione sufficiente e non illogica, come nel caso di specie, il ricorso è inammissibile perché la Cassazione non può riesaminare la valutazione di merito.

Cosa significa che un ricorso si fonda su un ‘motivo non consentito in sede di legittimità’?
Significa che il motivo dell’appello riguarda una questione di merito (come la valutazione dei fatti o l’adeguatezza della pena), che non può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione. Il compito della Cassazione è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non decidere di nuovo il caso.

In questo caso, perché la motivazione sulla pena è stata considerata adeguata?
Perché la Corte d’Appello aveva specificato che la pena era stata fissata nel minimo edittale e poi ridotta nella massima estensione possibile grazie al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Questa spiegazione è stata ritenuta sufficiente e non illogica, rendendo l’impugnazione inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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