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Determinazione della pena: annullamento per motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna limitatamente alla determinazione della pena per due imputati per detenzione e spaccio di stupefacenti. La Corte ha riscontrato vizi nella motivazione, tra cui l’erronea valutazione di circostanze aggravanti non contestate e la mancata giustificazione di una pena base quasi al massimo edittale. La responsabilità penale è stata confermata, ma la pena dovrà essere ricalcolata.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Determinazione della Pena: Annullamento per Motivazione Carente

La corretta determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice deve bilanciare la gravità del fatto con la personalità dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 35365/2024) ha ribadito un principio fondamentale: ogni passaggio del calcolo sanzionatorio deve essere supportato da una motivazione logica e completa. In caso contrario, la sentenza può essere annullata, come accaduto nel caso che analizziamo.

I Fatti del Processo

Due persone, una donna e un giovane uomo appena maggiorenne, venivano condannate dalla Corte di Appello di Roma per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Nello specifico, erano stati trovati in possesso di 58 grammi di cocaina, suddivisa in 113 involucri, e accusati di averne ceduta una piccola dose. Il reato era stato qualificato come di lieve entità, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti.

Nonostante la condanna, entrambi gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, lamentando vizi specifici proprio riguardo al calcolo della pena inflitta.

I Motivi del Ricorso e la Carente Determinazione della Pena

I ricorsi degli imputati si concentravano esclusivamente sul trattamento sanzionatorio, ritenuto illegittimo e immotivato.

La Posizione della Prima Imputata

La difesa della donna contestava che, pur avendo i giudici riconosciuto le circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulla recidiva contestata, la riduzione della pena era stata irrisoria (solo tre mesi) e priva di una reale giustificazione. Inoltre, la stessa esistenza della recidiva non era stata motivata.

La Posizione del Secondo Imputato

Il giovane uomo, maggiorenne da soli sei giorni al momento del fatto, lamentava due errori gravi:
1. La Corte d’Appello aveva erroneamente bilanciato le attenuanti generiche con circostanze aggravanti che, in realtà, non gli erano mai state contestate.
2. La pena base fissata (tre anni e sei mesi di reclusione) era sproporzionata e prossima al massimo edittale, senza che i giudici fornissero una motivazione adeguata a giustificare tale severità, soprattutto data la sua giovane età.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto entrambi i ricorsi, ritenendoli fondati. L’analisi dei giudici di legittimità ha messo in luce una serie di errori nel ragionamento della Corte d’Appello, tali da rendere necessaria una nuova valutazione. La Corte ha evidenziato come il procedimento di determinazione della pena fosse viziato alla radice.

In primo luogo, è stato considerato un grave errore aver bilanciato, per il giovane imputato, le attenuanti con aggravanti inesistenti nel capo d’imputazione. In secondo luogo, i giudici non avevano fornito alcuna spiegazione sul perché la recidiva fosse stata ritenuta sussistente per la prima imputata.

Ma il vizio più significativo, comune a entrambe le posizioni, risiedeva nella totale assenza di una motivazione concreta sulla quantificazione della pena base. Stabilire una sanzione di tre anni e sei mesi, molto vicina al massimo previsto dalla legge per quel reato, richiede una giustificazione robusta, che vada oltre un generico riferimento alla ‘proporzionalità’. Il giudice deve spiegare perché, nel caso specifico, una pena così severa sia considerata equa, cosa che la Corte d’Appello non ha fatto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo per quanto riguarda la determinazione della pena. Ha dichiarato, invece, irrevocabile l’affermazione di responsabilità penale. Ciò significa che la colpevolezza degli imputati è definitiva, ma il caso tornerà a una diversa sezione della Corte d’Appello di Roma, che dovrà procedere a un nuovo calcolo della pena, attenendosi ai principi di diritto e fornendo una motivazione completa e logica per ogni sua scelta. Questa decisione rafforza il principio di garanzia secondo cui ogni aspetto della condanna, e in particolare l’entità della sanzione, deve essere il risultato di un percorso argomentativo trasparente e verificabile.

Un giudice può considerare un’aggravante se non è stata formalmente contestata all’imputato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è un errore giuridico bilanciare le circostanze attenuanti con circostanze aggravanti che non sono state oggetto di contestazione formale nel capo d’imputazione.

Perché la motivazione sulla quantità della pena è così importante?
Perché garantisce la trasparenza e la logicità della decisione del giudice. Una pena, specialmente se severa e vicina al massimo edittale, non può basarsi su formule generiche ma deve essere giustificata con riferimento a elementi concreti del caso, come la gravità del fatto e la personalità dell’imputato.

Cosa significa quando la Cassazione annulla una sentenza ‘limitatamente alla determinazione della pena’?
Significa che la parte della sentenza che accerta la colpevolezza dell’imputato diventa definitiva e non può più essere messa in discussione. Tuttavia, la parte relativa al calcolo della pena è stata ritenuta errata e deve essere decisa di nuovo da un altro giudice, che dovrà seguire le indicazioni fornite dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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