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Detenzione stupefacenti: quantità e spaccio

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un giovane trovato con una notevole quantità di hashish. La Corte ha stabilito che l’ingente quantitativo (oltre 1700 dosi) è un forte indizio di spaccio, escludendo l’uso personale e la non punibilità per particolare tenuità del fatto, nonostante la detenzione stupefacenti fosse stata qualificata come ‘fatto di lieve entità’.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Stupefacenti: Quando la Quantità Esclude l’Uso Personale

La distinzione tra uso personale e spaccio è una delle questioni più delicate in materia di detenzione stupefacenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9477/2024) offre importanti chiarimenti su come il dato quantitativo, unito ad altri elementi, possa essere decisivo per configurare il reato di spaccio, anche quando l’imputato adduce giustificazioni per il possesso. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i criteri utilizzati dai giudici.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un giovane condannato in primo e secondo grado per detenzione illecita di sostanze stupefacenti. A seguito di una perquisizione domiciliare, l’imputato era stato trovato in possesso di una modesta quantità di marijuana (sufficiente per 22 dosi medie) e, soprattutto, di oltre un ettogrammo di hashish ad alta purezza, dal quale si sarebbero potute ricavare ben 1777 dosi.

L’imputato si era difeso sostenendo che tutta la sostanza fosse destinata al proprio consumo personale. Aveva giustificato l’ingente acquisto di hashish, avvenuto online tramite un’applicazione di messaggistica e pagato con una carta prepagata a lui intestata, con la propria ‘timidezza’ e le restrizioni dovute alla pandemia, che gli avrebbero impedito di rifornirsi sul mercato locale. Tuttavia, questa versione era apparsa contraddittoria, poiché egli stesso aveva ammesso di aver acquistato altra droga ‘in giro’ solo pochi giorni prima.

La Corte d’Appello, pur riconoscendo la ‘lieve entità’ del fatto e riducendo la pena, aveva confermato la responsabilità per spaccio, escludendo che una simile scorta potesse essere giustificata da un uso esclusivamente personale. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione.

Il Ruolo della Quantità nella Detenzione Stupefacenti

Il primo motivo di ricorso si concentrava proprio sulla valutazione della destinazione della droga. Secondo la difesa, i giudici avrebbero errato nel desumere la finalità di spaccio dal solo dato quantitativo. La Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, ribadendo un principio consolidato: sebbene il superamento dei limiti tabellari per l’uso personale non crei una presunzione legale di spaccio, il dato ponderale assume un’importanza cruciale.

Più alto è il numero di dosi ricavabili, più forte diventa l’indizio che la sostanza non sia destinata al solo consumo del detentore. Il giudice deve compiere una valutazione globale, considerando anche le modalità di presentazione della droga e le altre circostanze del caso. In questa vicenda, la detenzione di una quantità di hashish sufficiente a coprire un consumo personale per un lunghissimo periodo è stata ritenuta, logicamente, incompatibile con la tesi difensiva.

La Differenza tra ‘Lieve Entità’ e ‘Particolare Tenuità del Fatto’

Il secondo motivo di ricorso lamentava il mancato proscioglimento per ‘particolare tenuità del fatto’, previsto dall’art. 131-bis del codice penale. La difesa sosteneva che, avendo già qualificato il reato come ‘fatto di lieve entità’ ai sensi della legge sugli stupefacenti, si dovesse necessariamente riconoscere anche la non punibilità.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto al ricorrente. I due istituti, sebbene simili nel nome, hanno presupposti e finalità diverse. Il ‘fatto di lieve entità’ è una specifica circostanza attenuante del reato di spaccio, che tiene conto della minore offensività della condotta in base a mezzi, modalità e quantità. La ‘particolare tenuità del fatto’, invece, è una causa di non punibilità generale che si applica quando l’offesa è talmente minima da non giustificare una sanzione penale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso, sottolineando come la sentenza d’appello si saldasse con quella di primo grado in una ‘doppia decisione conforme’, il cui ragionamento logico non poteva essere messo in discussione in sede di legittimità. I giudici di merito avevano correttamente escluso che la detenzione di quasi 1800 dosi di hashish potesse essere finalizzata all’esclusivo consumo personale, basandosi non solo sulla quantità, ma anche sulle contraddizioni nelle dichiarazioni dell’imputato.

Quanto al secondo motivo, la Corte lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno chiarito che la valutazione per la ‘particolare tenuità del fatto’ deve essere autonoma. Nel caso specifico, il ‘significativo dato quantitativo’ della sostanza detenuta, con un principio attivo ‘decisamente elevato’, era un elemento più che sufficiente per considerare l’offesa non ‘tenue’ e quindi per negare l’applicazione della causa di non punibilità. Il fatto che il reato fosse stato qualificato come di ‘lieve entità’ ai fini della pena non implicava automaticamente che l’offesa fosse anche ‘particolarmente tenue’ ai fini della punibilità.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali in materia di detenzione stupefacenti. Primo: la quantità della sostanza detenuta, pur non essendo una prova assoluta, è l’indizio più importante per distinguere l’uso personale dallo spaccio. Un quantitativo eccessivo e sproporzionato rispetto alle esigenze di un consumatore medio rende poco credibile la tesi dell’uso personale. Secondo: il riconoscimento del ‘fatto di lieve entità’ non comporta automaticamente l’applicazione della non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’. Quest’ultima richiede una valutazione separata, in cui il dato quantitativo può ancora essere decisivo per escludere la minima offensività della condotta.

Quando una grande quantità di droga implica lo spaccio invece dell’uso personale?
Secondo la sentenza, sebbene non esista una presunzione automatica, un quantitativo di sostanza stupefacente molto elevato e sproporzionato rispetto a un consumo personale ragionevole (nel caso specifico, quasi 1800 dosi) costituisce un forte indizio della destinazione allo spaccio, che il giudice deve valutare insieme a tutte le altre circostanze.

Se un reato di droga è classificato come ‘fatto di lieve entità’, si ha diritto anche alla non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
No, non automaticamente. La sentenza chiarisce che si tratta di due istituti giuridici diversi. Il ‘fatto di lieve entità’ è una forma meno grave del reato di spaccio, mentre la ‘particolare tenuità del fatto’ è una causa generale di non punibilità. Un fatto può essere ‘lieve’ ai fini della pena, ma non così ‘tenue’ da escludere del tutto la punibilità, specialmente se il quantitativo di droga è comunque significativo.

Acquistare droga online usando i propri documenti e la propria carta di pagamento esclude l’intento di spaccio?
No. La Corte ha ritenuto che le modalità di acquisto, anche se tracciabili, non sono un elemento decisivo per escludere la destinazione allo spaccio. Questa circostanza, nel caso di specie, è stata considerata al più indicativa di una ‘assenza di professionalità’, ma non ha smentito gli altri gravi indizi (come l’enorme quantità) che deponevano per la finalità di cessione a terzi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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