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Detenzione stupefacenti: quando scatta lo spaccio?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per spaccio di un individuo trovato in possesso di hashish. Decisiva è stata la modalità di occultamento della sostanza (ingestione di ovuli), ritenuta un chiaro indice della destinazione alla vendita, a prescindere dalla modesta quantità. La Corte ha inoltre negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e di altre attenuanti, a causa della sistematicità della condotta e dei precedenti penali dell’imputato. La sentenza ribadisce che per la qualificazione della detenzione stupefacenti contano tutti gli elementi del caso, non solo il quantitativo.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Stupefacenti: Quando la Modalità di Occultamento Configura lo Spaccio

La distinzione tra detenzione stupefacenti per uso personale e quella finalizzata allo spaccio è uno dei temi più dibattuti nel diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10120/2024, offre chiarimenti cruciali, sottolineando come le modalità di occultamento della sostanza possano essere decisive per qualificare il reato, anche in presenza di quantità modeste. Analizziamo insieme questo caso per comprendere i criteri utilizzati dai giudici.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in appello per il reato di spaccio di stupefacenti, nella sua forma di lieve entità. L’imputato era stato trovato in possesso di due pezzi di hashish e, fatto ancora più rilevante, aveva ingerito diversi involucri contenenti altra sostanza. Uno degli ovuli, una volta recuperato e analizzato, conteneva poco meno di un grammo di hashish.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo tre punti principali:
1. La detenzione era per mero uso personale.
2. Avrebbe dovuto essere applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Doveva essere riconosciuta l’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, fornendo importanti precisazioni su ciascuno dei punti sollevati.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di condanna della Corte d’Appello, ritenendo infondati tutti i motivi di ricorso. La decisione si basa su una valutazione complessiva degli indizi, dove le modalità della condotta hanno assunto un ruolo preponderante rispetto al mero dato quantitativo della droga sequestrata.

Le Motivazioni della Corte sulla Detenzione Stupefacenti

Le motivazioni della sentenza sono il cuore della pronuncia e chiariscono i principi applicati.

In primo luogo, la Corte ha stabilito che la modalità di occultamento, ovvero l’aver ingerito numerosi ovuli, è un elemento che evidenzia in modo chiaro e logico una finalità di spaccio. Tale comportamento è stato giudicato del tutto irrazionale e inverosimile per chi detiene la sostanza per solo uso personale. Questo criterio di valutazione, basato su massime di esperienza, è stato ritenuto sufficiente per escludere l’ipotesi del consumo personale e configurare l’illecita detenzione stupefacenti per la vendita.

In secondo luogo, la Corte ha respinto la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. I giudici hanno evidenziato che la peculiare modalità di occultamento denotava un “sistematico ed abituale commercio di stupefacente”. A questo si aggiungeva la presenza di precedenti penali a carico dell’imputato, un fattore che, secondo la legge, è ostativo al riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità. La Corte ha colto l’occasione per ribadire la differenza strutturale tra il “fatto di lieve entità” (art. 73, co. 5 T.U. Stupefacenti) e la “particolare tenuità del fatto” (art. 131-bis c.p.): il primo valuta le circostanze dell’azione e la quantità di droga, mentre il secondo richiede un’offesa minima e un comportamento non abituale.

Infine, è stata negata anche l’attenuante del danno di particolare tenuità. La Corte ha argomentato che l’attività illecita dell’imputato non era occasionale, ma appariva “professionale, stabile e durevole”. Una simile condotta, per sua natura, assume un “considerevole grado di offensività e disvalore sociale”, incompatibile con il riconoscimento di un danno particolarmente lieve.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nella valutazione della detenzione stupefacenti, il giudice non deve limitarsi a considerare la quantità e la qualità della droga, ma deve analizzare l’intero contesto. Le modalità di occultamento, il comportamento dell’agente, i suoi precedenti e ogni altro elemento oggettivo e soggettivo sono cruciali per determinare se la detenzione sia finalizzata al consumo personale o allo spaccio. L’ingestione di ovuli, in particolare, viene considerata un indice quasi inequivocabile di un’attività di commercio, anche quando i quantitativi recuperati sono esigui.

Ingoiare ovuli di droga è considerato spaccio anche se la quantità è piccola?
Sì. Secondo la sentenza, questa modalità di occultamento è talmente indicativa di un’attività commerciale da essere considerata un chiaro indice della finalità di spaccio, anche se la quantità di sostanza analizzata è modesta.

Qual è la differenza tra “fatto di lieve entità” e “particolare tenuità del fatto” nei reati di droga?
Il “fatto di lieve entità” (art. 73, co. 5) è una versione meno grave del reato di spaccio, valutata sulla base di mezzi, modalità, circostanze e quantità. La “particolare tenuità del fatto” (art. 131-bis c.p.) è una causa di non punibilità che si applica quando l’offesa è minima e, soprattutto, il comportamento non è abituale. Come chiarito dalla Corte, le due nozioni non coincidono e un fatto può essere di lieve entità ma non di particolare tenuità.

Avere precedenti penali impedisce il riconoscimento della particolare tenuità del fatto?
Sì. La sentenza conferma che la presenza di precedenti penali, insieme a una condotta che appare sistematica e abituale (come quella di chi occulta la droga ingerendola), è un elemento che osta al riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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