Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10120 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10120 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona del 14/02/2023;
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Ancona cori sentenza del 14 febbraio 2023 (motivazione depositata il successivo 28 febbraio) – in riforma della condanna emessa in primo grado, in relazione alla contestazione di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 (così riqualificata l’originaria imputazione del comma 1) ha riconosciuto a NOME COGNOME le circostanze attenuanti generiche riducendo la pena a mesi quattro di reclusione ed euro 1.400 di multa (pena sospesa già concessa in primo grado).
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso nel quale deduce tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza della “detenzione illecita dello stupefacente”, che in realtà il ricorrente aveva per mero uso personale, evidenziandosi che, comunque, non vi è prova che parte della sostanza fosse eroina.
2.2. Con il secondo e il terzo motivo si censura la sentenza di appello, rispettivamente, in relazione all’omesso riconoscimento dei presupposti per la particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. e della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’ar 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, e le parti hanno depositato le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato.
Il primo motivo è manifestamente infondato. I giudici di merito con motivazione certamente non illogica hanno ritenuto che le modalità del fatto (l’imputato veniva trovato in possesso di due pezzi di hashish e aveva ingoiato diversi involucri, poi “recuperati” e risultati contenere, alcuni, una “sostanza marrone”; uno degli involucri recuperati veniva sottoposto ad analisi dalla quale emergeva trattarsi di poco meno di un grammo di hashist) evidenziassero chiaramente l’illecita detenzione finalizzata allo spaccio.
2.1. Sul punto, si è fatta dunque corretta applicazione del principio secondo cui «In materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaiai indicativa della immediatezza del
consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione» (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, Gjoka, Rv. 272463 – 01).
2.2. Per quanto poi concerne la questione della detenzione dell’eroina, è vero che, come dedotto dal ricorrente, la natura della sostanza non è risultata da una analisi, ma è stata dedotta dal primo giudice sulla base della “confessione” resa dall’imputato. Confessione ritenuta non utilizzabile dalla Corte di appello che invece ha valorizzato “da un lato il colore marroncino e dall’altro l’essere contenuta in ovuli abitualmente usati per occultare stupefacenti e inghiottiti dall’imputato con una condotta … del tutto irrazionale, irragionevole ed inverosimile, qualora all’interno degli ovuli fosse contenuto qualcosa … di lecito”.
Sul punto è decisiva la condivisibile osservazione del PG secondo cui, avendo il primo Giudice ritenuto l’ipotesi di cui al comma 5 ed essendo stata determinata la pena nel minimo edittale per tale fattispecie (la cui cornice edittale è unitaria sia per le “droghe pesanti” come l’eroina, sia per quelle “leggere” come l’hashish), ulteriormente ridotta in appello per il riconoscimento delle “generiche”, la questione non assume alcun rilievo concreto.
3. Anche i restanti motivi sono infondati.
3.1. In merito all’invocata applicazione dell’art. 131 bis, la sentenza impugnata esclude la particolare tenuità del fatto in relazione “alla peculiare modalità di occultamento dello stupefacente … che denota un sistematico ed abituale commercio di stupefacente”. Dalla sentenza di primo grado risulta altresì che l’imputato è gravato da diversi precedenti penali (due condanne per violazione della disciplina sull’immigrazione – di cui una a pena detentiva sospesa condizionalmente – e una ulteriore condanna per false attestazioni a Pubblico ufficiale sulla propria identità, anch’essa condizionalmente sospesa). Elementi che, complessivamente considerati, risultano ostativi al riconoscimento della particolare tenuità.
3.2. Né detta conclusione risulta contraddittoria rispetto alla qualificazione del fatto operata in primo grado. Invero, «In tema di stupefacenti, la fattispecie di lieve entità di cui al comma quinto dell’art. 73, d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309 e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. sono fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti, atteso che, mentre ai fini della concedibilità della prima il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono essere considerate le
modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile e l’entità del danno o del pericolo ed altresì il carattere non abituale della condotta. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la contraddittorietà della sentenza impugnata che aveva giudicato il fatto di lieve entità, negando la ricorrenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.)» (così, Sez. 4, n. 48758 del 15/07/2016, COGNOME, Rv. 268258 – 01).
3.3. Non fondato è, infine, l’ultimo motivo di ricorso, afferente alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
E’ vero che detta attenuante è applicabile anche ai reati di cui all’articolo 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e risulta non incompatibile con la fattispecie di cui al comma 5 (così, Sez. U, n. 24990 del 30/01/2020, COGNOME Kabiru, Rv. 279499 02). Sul punto, le Sez. U cit. hanno peraltro chiarito che «il riconoscimento di tale attenuante nel caso concreto resta tuttavia affidato ad una puntuale ed esaustiva verifica, della quale il giudice di merito deve offrire adeguata giustificazione, che dia consistenza sia all’entità del lucro perseguito o effettivamente conseguito dall’agente, che alla gravità dell’evento dannoso o pericoloso prodotto dalla condotta considerata».
Nella specie, la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’invocata attenuante in base alla circostanza che “si ravvisano elementi per sostenere la sistematicità dell’attività di smercio dello stupefacente: l’attività illecita deve dunque ritenersi condotta dall’imputato in forma professionale, stabile e durevole tanto da essere connotata da un considerevole grado di offensività e disvalore sociale”. Motivazione non manifestamente illogica e dunque insindacabile in sede di Legittimità.
Al rigetto del ricorso segue, come per legge, la condanna al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M..
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16 gennaio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Pre idete