Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35650 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35650 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME SERRENTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/09/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO r ttf2 -2 N. NUMERO_DOCUMENTO R.G.
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo vizio di motivazione in ordine all’accertamento della responsabilità penale dell’imputato. In particolare, il ricorrente ritiene che il giudic merito abbia fondato l’accertamento della responsabilità su elementi indiziari inconsistenti e non adeguatamente motivati sul piano logico-giuridico: il quantitativo di sostanza stupefacente e l’afflusso di persone nei pressi dell’attività di ristor zione con un presunto “atteggiamento da tossicodipendenti”.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il rico e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugNOME (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare: il rinvenimento di un quantitativo di cocaina purissima (non pronta all’uso immediato e da cui erano ricavabili 200 dosi); alcune dosi di cocaina già confezionate; il possesso di somme di denaro non diversamente giustificato dall’imputato; la presenza, accertata dagli operatori di P.G., di numerose persone e per pochi minuti nei pressi del ristorante gestito dall’imputato anche oltre l’orario di chiusura; le scritte (con nenti nomi e cifre e la scritta “COC”) presenti nei fogli di carta di cui era in po sesso l’imputato.
Tali elementi, analizzati alla luce del consolidato orientamento enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, hanno condotto la Corte territoriale a confutare quanto sostenuto dalla difesa, ritenendo del tutto inverosimile che l’attività di de tenzione realizzata dall’ COGNOME fosse finalizzata esclusivamente all’uso personale.
Sul punto la sentenza impugnata opera un buon governo della pluriennale giurisprudenza di questa Corte Suprema in materia di possesso di sostanze stup facenti ad uso non esclusivamente personale.
Va ricordato, infatti, che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto (cfr. Sez. 4, n. 7191/2018, Rv. 272463, conf., Sez. 6, n. 44419/2008, Rv. 241604). E questa Corte di legittimità ha costantemente affermato – e va qui ribadito- che in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 199 non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione (cfr. ex muitls, Sez. 3, n. 46610 del 9/10/2014, Salaman, Rv. 260991). Tuttavia, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusone (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, rv. 255726, fattispecie in cui la Corte ha rigettato i ricorso avverso la decisione dei giudice di merito che aveva ritenuto penale della detenzione dell’equiva- lente di 27,5 dosi di eroina anche in considerazione della accertata incapacità economica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale; conf. Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, COGNOME, Rv. 254695). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 17/09/2024