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Detenzione stupefacenti: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23479/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione stupefacenti. La Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione non può mirare a una nuova valutazione dei fatti, ma deve limitarsi a denunciare vizi specifici come la manifesta illogicità della motivazione, che in questo caso non è stata riscontrata.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Stupefacenti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23479/2025) offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso nel contesto dei reati di detenzione stupefacenti. La Corte ha dichiarato inammissibile l’appello di un uomo condannato per il possesso di una modesta quantità di cocaina, ribadendo i confini invalicabili del giudizio di legittimità. Questo caso evidenzia come non sia sufficiente dissentire dalla valutazione dei giudici di merito per ottenere una revisione della sentenza in Cassazione, ma sia necessario dimostrare vizi specifici e gravi nella motivazione.

I Fatti del Processo

Il ricorrente era stato condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, per la detenzione illecita di tre involucri contenenti cocaina, per un peso complessivo di 1,89 grammi. La difesa aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la motivazione della Corte d’appello fosse manifestamente illogica.

Le Doglianze del Ricorrente

La difesa basava il ricorso su tre argomenti principali:

1. Quantità Modesta: La quantità di sostanza sequestrata era così esigua da essere pienamente compatibile con un uso personale, senza necessità di ulteriori dichiarazioni difensive.
2. Mancanza di Reddito: L’assenza di un reddito documentato, secondo la difesa, era stata erroneamente interpretata come un indizio di attività illecita, senza considerare la realtà di molti lavoratori extracomunitari con impieghi non regolari.
3. Materiale di Confezionamento: La presenza di rotoli di cellophane, forbici e un accendino era stata considerata un indizio univoco di spaccio. La difesa contestava questa interpretazione, sottolineando l’assenza di elementi cruciali come bilancini di precisione o sostanze da taglio.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riconsiderare gli elementi di prova, attribuendo loro un significato diverso da quello dato dai giudici di merito.

I Limiti del Giudizio di Cassazione nella Detenzione Stupefacenti

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questo approccio. Ha ricordato che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. I motivi di ricorso sono strettamente limitati dalla legge. Si può contestare una sentenza solo per vizi specifici della motivazione, quali:

* La sua totale mancanza.
* La sua manifesta illogicità.
* La sua contraddittorietà, sia interna al testo che rispetto ad atti processuali specifici.

Le critiche che riguardano la ‘persuasività’, ‘l’inadeguatezza’ o la ‘mancanza di rigore’ della motivazione non sono ammesse, così come quelle che sollecitano una diversa lettura delle prove.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le censure sollevate non rientravano nei vizi denunciabili in sede di legittimità. Secondo i giudici, il ricorrente non ha evidenziato una ‘manifesta illogicità’ nel ragionamento della Corte d’appello, ma si è limitato a ‘attaccare la persuasività’ della sua motivazione. Le argomentazioni difensive proponevano semplicemente un’interpretazione alternativa dei fatti, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. Poiché la motivazione della sentenza d’appello esisteva ed era strutturata in modo logicamente coerente, anche se non condivisa dalla difesa, non vi era spazio per un intervento della Cassazione.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un monito fondamentale: per avere successo in Cassazione, non basta essere in disaccordo con la decisione dei giudici precedenti. È indispensabile strutturare un ricorso tecnicamente ineccepibile, che identifichi un errore logico palese e incontrovertibile nel percorso argomentativo della sentenza impugnata. In materia di detenzione stupefacenti, dove la distinzione tra uso personale e spaccio si basa spesso su elementi indiziari, questa pronuncia rafforza il principio che la valutazione di tali indizi è di competenza esclusiva del giudice di merito, a meno che il suo ragionamento non sia viziato da un’irrazionalità manifesta.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato. Le critiche mosse dall’imputato non riguardavano vizi consentiti dalla legge, come la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, ma miravano a contestare la persuasività e l’adeguatezza del ragionamento dei giudici, sollecitando una nuova valutazione dei fatti non permessa in sede di Cassazione.

La modesta quantità di sostanza stupefacente è sufficiente a escludere il reato di spaccio?
Dal testo della sentenza emerge che la modesta quantità (1,89 grammi di cocaina) non è stata di per sé ritenuta sufficiente a rendere ammissibile il ricorso. La Corte non entra nel merito della questione, ma si concentra sui vizi procedurali del ricorso, confermando indirettamente la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto sussistente il reato nonostante la quantità esigua, basandosi su altri elementi.

Quali sono i vizi della motivazione che si possono contestare in Cassazione?
La sentenza chiarisce che i vizi della motivazione deducibili in Cassazione sono esclusivamente la sua mancanza, la sua manifesta illogicità e la sua contraddittorietà (interna al testo o rispetto ad atti probatori specifici). Non sono ammesse censure che riguardano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità della motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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