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Detenzione stupefacenti: quando è spaccio? La Cassazione

Un soggetto, trovato in possesso di 240 grammi di marijuana, ha impugnato la misura degli arresti domiciliari sostenendo fosse per uso personale. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che la detenzione stupefacenti si presume finalizzata allo spaccio quando, oltre alla quantità, vi sono altri indizi come il comportamento elusivo, le giustificazioni deboli e una situazione economica incongrua con l’acquisto.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Stupefacenti: Quando la Quantità Diventa Indizio di Spaccio?

La linea di confine tra la detenzione stupefacenti per uso personale e quella finalizzata allo spaccio è spesso sottile e al centro di complessi dibattiti legali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito quali indizi, oltre alla mera quantità, possono essere utilizzati per determinare la destinazione della sostanza. La decisione sottolinea come il comportamento dell’indagato e la sua situazione economica siano elementi cruciali nella valutazione complessiva.

Il Caso in Esame: 240 Grammi di Marijuana e l’Arresto

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale che ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un individuo trovato in possesso di 240 grammi di marijuana. Secondo l’accusa, la sostanza era detenuta con il fine di cederla a terzi, configurando il reato di spaccio.

I Motivi del Ricorso: Difesa tra Uso Personale e Insussistenza dei Rischi

L’indagato, attraverso il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione del Tribunale. I motivi principali erano due:

1. Errata applicazione della legge: La difesa sosteneva che il solo possesso della sostanza, in assenza di altri elementi, non potesse automaticamente configurare un’ipotesi di spaccio. L’indagato aveva dichiarato di aver acquistato la droga per uso personale, approfittando di un’offerta vantaggiosa, e che non spettava a lui l’onere di dimostrarlo.
2. Vizio di motivazione: Si contestava la valutazione del Tribunale riguardo alle condizioni economiche dell’indagato e alla presunta sproporzione tra la somma spesa per l’acquisto (€550) e le sue possibilità economiche, derivanti da un lavoro saltuario come bracciante agricolo.

La Decisione della Cassazione sulla detenzione stupefacenti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sul principio che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per una nuova valutazione dei fatti, ma solo per verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato. Secondo i giudici, il Tribunale aveva correttamente e logicamente valutato tutti gli elementi a disposizione.

Le Motivazioni: Oltre il Dato Ponderale

La Corte ha spiegato che la destinazione allo spaccio non è stata desunta unicamente dal significativo quantitativo di droga (il cosiddetto ‘dato ponderale’), ma da un insieme di indizi convergenti che, letti nel loro complesso, formavano un quadro di gravità indiziaria solido.

Il Comportamento dell’Indagato

Un elemento chiave è stato il comportamento tenuto dall’individuo al momento del controllo di polizia. Egli aveva cercato di allontanarsi per sottrarsi alle operazioni e aveva omesso di consegnare spontaneamente la sostanza, anche quando richiesto. Questo atteggiamento elusivo è stato considerato un forte indizio a suo carico.

Le Giustificazioni e la Situazione Economica

Le spiegazioni fornite riguardo all’acquisto sono state giudicate ‘vaghe’ e inconsistenti. Inoltre, il Tribunale ha correttamente considerato la capacità economica dell’indagato. Non avendo un lavoro fisso e avendo prodotto documentazione di reddito non recente, la spesa di 550 euro per una ‘scorta personale’ è stata ritenuta incongrua e sproporzionata, suggerendo che i fondi potessero derivare da attività illecite.

La Valutazione del Pericolo di Recidiva

Infine, la Corte ha confermato la sussistenza delle esigenze cautelari. Il pericolo di recidiva, ovvero il rischio che l’indagato potesse commettere altri reati, è stato desunto in modo ineccepibile dalla sua personalità, dalla condotta tenuta durante l’arresto e dai suoi precedenti penali e di polizia.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio consolidato: per distinguere la detenzione stupefacenti per uso personale da quella finalizzata allo spaccio, i giudici devono effettuare una valutazione complessiva di tutti gli elementi disponibili. La quantità della sostanza è un indizio importante, ma assume un valore decisivo solo se corroborato da altri fattori, come il comportamento del soggetto, le modalità di conservazione della droga, le sue condizioni economiche e le giustificazioni fornite. La semplice autodichiarazione di ‘uso personale’ non è sufficiente a superare un quadro indiziario grave, preciso e concordante.

La sola quantità di droga è sufficiente a provare lo spaccio?
No, da sola non è una prova definitiva, ma secondo la Corte è un indizio molto significativo. Il suo valore viene rafforzato quando si unisce ad altri elementi, come il comportamento della persona al momento del controllo, le sue giustificazioni e la sua situazione economica, per creare un quadro indiziario completo.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché l’imputato ha sollevato questioni basate sulla rivalutazione dei fatti (come l’interpretazione del suo comportamento o la sua capacità economica). La Corte di Cassazione non riesamina i fatti, ma si limita a controllare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della decisione precedente sia logica e non contraddittoria.

Quali elementi hanno indicato il pericolo di commettere altri reati (recidiva)?
Il pericolo di recidiva è stato desunto dalla personalità dell’indagato, valutata attraverso la sua condotta elusiva durante il controllo di polizia, e dai suoi precedenti penali e di polizia a carico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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