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Detenzione stupefacenti: quando è spaccio?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 45535/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per la detenzione di 180 grammi di hashish. La Corte ha confermato che la detenzione stupefacenti è finalizzata allo spaccio e non all’uso personale, basandosi su indizi cruciali come la suddivisione della sostanza in 18 dosi, il possesso di 300 euro in contanti non giustificati e i precedenti penali dell’imputato. La decisione ribadisce che la valutazione del giudice di merito su questi elementi, se logicamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Stupefacenti: Quando la Legge la Considera Spaccio e non Uso Personale?

La linea di confine tra la detenzione stupefacenti per uso personale e quella finalizzata allo spaccio è spesso sottile e dibattuta nelle aule di tribunale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, ribadendo quali indizi possono portare a una condanna per spaccio, anche quando l’imputato sostiene il contrario. Analizziamo insieme questo caso per capire i criteri utilizzati dai giudici.

I Fatti del Caso

Un uomo veniva condannato per la detenzione illecita di 180 grammi di hashish. La sostanza era stata trovata in suo possesso, suddivisa in 18 ovuli incartati e custodita all’interno di un marsupio. Al momento del controllo, l’imputato si trovava nella sua automobile, parcheggiata sulla pubblica via. Oltre alla droga, gli venivano trovati 300 euro in contanti, dei quali non riusciva a giustificare la lecita provenienza. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la droga fosse per uso personale e chiedendo, in subordine, che il reato fosse qualificato come di lieve entità.

La Decisione della Corte sulla Detenzione Stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Secondo i giudici supremi, le argomentazioni della difesa erano mere ‘doglianze’ sui fatti, non ammissibili in sede di legittimità, dove il compito della Corte non è rivedere le prove, ma assicurarsi che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e coerente.

Gli Indizi di Spaccio: Oltre la Semplice Quantità

Il punto centrale della decisione riguarda gli elementi che hanno convinto i giudici che la detenzione stupefacenti fosse finalizzata allo spaccio. La Corte ha evidenziato che la valutazione non si basa solo sulla quantità, ma su un insieme di circostanze. Nel caso specifico, gli indizi decisivi sono stati:

* Le modalità di custodia: La droga era già suddivisa in 18 dosi, un chiaro segno di preparazione alla vendita.
* Il possesso di denaro contante: La somma di 300 euro, ritenuta incompatibile con fonti di guadagno lecite e considerata provento dell’attività di spaccio.
* Il contesto: L’uomo si trovava in un’auto parcheggiata su una via pubblica, con la droga pronta per essere ceduta.

Questi elementi, letti insieme, hanno creato un quadro probatorio che, secondo un procedimento logico basato su massime di esperienza, conduceva inequivocabilmente a qualificare il fatto come spaccio.

Perché non è Stata Riconosciuta l’Ipotesi di Lieve Entità?

La difesa aveva richiesto anche la derubricazione del reato a ‘fatto di lieve entità’ (previsto dal comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. 309/1990), che comporta una pena molto più mite. Anche questa richiesta è stata respinta. La Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione della Corte d’Appello, che aveva escluso la lieve entità sulla base di tre fattori:

1. La quantità non modesta di sostanza (180 grammi).
2. Le modalità della condotta (in pieno giorno e su una strada pubblica).
3. I precedenti penali a carico dell’imputato, considerati ‘sintomatici della proclività al delitto’.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che la valutazione sulla destinazione della sostanza stupefacente (uso personale o spaccio) è un ‘giudizio di mero fatto’ che spetta al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Questo giudizio non può essere messo in discussione in Cassazione se è supportato da una motivazione logica, completa e priva di vizi evidenti. Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione solida, analizzando tutti gli indizi a disposizione e spiegando perché questi portassero a escludere l’uso personale. Allo stesso modo, il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato giustificato dalla presenza di precedenti penali e dall’assenza di elementi positivi da valorizzare.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale in materia di detenzione stupefacenti: non è solo la quantità a determinare se si tratti di uso personale o di spaccio. I giudici devono effettuare una valutazione complessiva, tenendo conto di ogni dato indiziario. La suddivisione in dosi, il possesso di denaro di dubbia provenienza, i precedenti specifici e le circostanze del controllo sono tutti elementi che possono, e spesso lo fanno, orientare la decisione verso una condanna per spaccio. La decisione sottolinea l’importanza per la difesa di fornire prove concrete e argomentazioni solide per contrastare questi indizi, poiché le semplici affermazioni non sono sufficienti a superare una ricostruzione logica e coerente da parte dei giudici di merito.

Quali elementi trasformano la detenzione stupefacenti da uso personale a spaccio secondo questa ordinanza?
Secondo la Corte, gli elementi indicativi dello spaccio sono le modalità di custodia della droga (in questo caso, suddivisa in 18 ovuli), il possesso di una somma di denaro contante non giustificabile da fonti lecite e le circostanze generali in cui avviene il possesso.

La quantità di droga è l’unico fattore per escludere il reato di lieve entità?
No, non è l’unico fattore. I giudici hanno considerato anche le modalità della condotta (avvenuta in pieno giorno su una via pubblica) e i precedenti penali dell’imputato, ritenuti indicativi di una sua propensione a delinquere. La valutazione è quindi complessiva.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti fatta dal giudice di appello?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del processo. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria. Le contestazioni che riguardano la mera valutazione delle prove (definite ‘doglianze in punto di fatto’) sono considerate inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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