Detenzione Stupefacenti: Quando la Quantità Diventa Indizio di Spaccio?
La distinzione tra uso personale e spaccio è un punto cruciale nel diritto penale in materia di droga. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri che i giudici devono seguire per qualificare la detenzione stupefacenti, sottolineando come non sia solo la quantità a determinare la finalità della sostanza. Il caso in esame offre uno spaccato chiaro su come diversi elementi, valutati nel loro insieme, possano condurre a una condanna per spaccio anche senza prove dirette di cessione a terzi.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza e concedendo la sospensione condizionale della pena, confermava la responsabilità penale dell’imputato. L’imputato decideva quindi di ricorrere alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione nella valutazione della sua colpevolezza. La difesa sosteneva, in sostanza, che le prove raccolte non fossero sufficienti a dimostrare l’intento di spacciare la droga.
La Decisione della Corte sulla Detenzione Stupefacenti
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno evidenziato come il motivo del ricorso fosse meramente riproduttivo di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte territoriale. Inoltre, la difesa tentava di ottenere una nuova valutazione delle prove, un’attività che non è permessa in sede di legittimità, dove la Cassazione si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione.
La Posizione della Giurisprudenza
La Corte ha colto l’occasione per richiamare il suo consolidato orientamento giurisprudenziale. Il superamento dei limiti tabellari (le quantità massime detenibili per l’uso personale) e il dato ponderale complessivo, sebbene non costituiscano da soli una prova decisiva di spaccio, possono legittimamente concorrere a formare tale convincimento se uniti ad altri elementi indiziari. Questo principio è fondamentale per capire come viene gestita la detenzione stupefacenti nei tribunali.
Le Motivazioni: Oltre il Semplice Peso della Sostanza
La Corte territoriale aveva basato la sua decisione su una valutazione complessiva degli elementi a disposizione, ritenuta dalla Cassazione logica e priva di vizi. Gli elementi chiave che hanno portato alla condanna sono stati:
1. Il dato ponderale complessivo: Il quantitativo di 230 grammi è stato considerato significativo.
2. Le modalità di presentazione: La sostanza era suddivisa in due involucri distinti, un dettaglio che suggerisce una preparazione per la vendita piuttosto che per un consumo personale immediato.
3. La natura della sostanza: La considerazione del rapido processo di deterioramento della sostanza ha portato a escludere che una tale quantità potesse essere destinata a un consumo personale, che si sarebbe protratto nel tempo.
Secondo i giudici, l’insieme di questi fattori era del tutto incompatibile con una finalità meramente personale della detenzione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza conferma un principio cardine: nella valutazione della detenzione stupefacenti, il giudice deve adottare un approccio multifattoriale. La sola quantità, seppur importante, non basta. È l’analisi combinata del peso, del confezionamento, della qualità della sostanza e di altre circostanze concrete a permettere di distinguere l’uso personale dallo spaccio. Questa decisione serve da monito: detenere un quantitativo ingente di droga, specialmente se già porzionata, crea una forte presunzione di destinazione alla vendita, difficile da superare in sede processuale senza prove concrete a favore dell’uso esclusivamente personale.
Il solo superamento dei limiti di peso per la detenzione di droga è una prova automatica di spaccio?
No. Secondo la Corte, il dato ponderale e l’eventuale superamento dei limiti tabellari, da soli, non costituiscono prova decisiva della destinazione della sostanza allo spaccio, ma possono concorrere a formare tale convincimento insieme ad altri elementi.
Quali elementi, oltre al peso, usa il giudice per distinguere la detenzione per uso personale dallo spaccio?
Nel caso specifico, i giudici hanno considerato determinanti le modalità di occultamento e presentazione della sostanza (suddivisa in due involucri), unite alla considerazione del rapido deterioramento della stessa. Questi fattori, insieme al peso di 230 grammi, sono stati ritenuti incompatibili con una finalità di uso personale.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del processo?
No. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile anche perché mirava a una rivalutazione delle fonti probatorie. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il che significa che può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non può riesaminare i fatti del caso come un giudice di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26223 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26223 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MOLA DI BARI il 21/08/1995
avverso la sentenza del 25/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe con la qua la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza di condanna pron ciata dal Tribunale locale, ha riconosciuto all’imputato il beneficio della so sione condizionale della pena per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 9 ottobre 1990, n. 309.
Ritenuto che l’unico motivo sollevato (Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermazione della responsabilità dell’imputato) no consentito in sede di legittimità, perché meramente riproduttivo di profili di sura già adeguatamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territor (pp. 3-4 sent. app.), nonché volto a prefigurare, in modo anche generico, u rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al si di legittimità e avulse da specifici travisamenti di emergenze processuali (così ex multis: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01);
Rilevato che la sentenza impugnata si colloca nell’alveo del consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo il quale il dato ponderale de stupefacente rinvenuto e l’eventuale superamento del limite tabellare previs dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da soli no stituiscono prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spa possono comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, R 255726; Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, COGNOME, Rv. 254695); la Corte territoriale, infatti, con argomentazione immune da censure, ha riten che il dato ponderale complessivo (pari a 230 grammi), le modalità di occulta mento e di presentazione della sostanza (suddivisa in due distinti involucri), tamente alla considerazione del rapido processo di deterioramento della stess fossero elementi del tutto incompatibili con una finalità meramente personale del detenzione;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con l condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle a
mende.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2025
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Il Consigliere estensore
Il PtsIiente