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Detenzione stupefacenti: quando è spaccio?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per detenzione stupefacenti a fini di spaccio. La Corte ha confermato che il considerevole numero di dosi ricavabili e il confezionamento frazionato della sostanza (8 stecche di hashish) sono elementi sufficienti a dimostrare la destinazione alla vendita, escludendo l’uso personale, anche in assenza di altri strumenti come bilancini o ingenti somme di denaro.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Stupefacenti: Quantità e Confezionamento Frazionato valgono come Prova di Spaccio

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di detenzione stupefacenti: la distinzione tra uso personale e spaccio può basarsi su elementi oggettivi come la quantità e le modalità di confezionamento della sostanza. La sentenza in esame chiarisce come questi fattori possano essere sufficienti a fondare una condanna, anche in assenza di prove dirette come bilancini di precisione o ingenti somme di denaro.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo che ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro una sentenza di condanna della Corte d’Appello. L’imputato era stato trovato in possesso di una quantità di hashish suddivisa in otto stecche. La sua difesa sosteneva che tale sostanza fosse destinata esclusivamente all’uso personale e che la condanna per spaccio fosse immotivata, dato che durante la perquisizione domiciliare non erano stati rinvenuti né strumenti per il confezionamento né somme di denaro riconducibili a un’attività di cessione a terzi.

La Decisione della Corte e la Prova della detenzione stupefacenti

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo “manifestamente infondato”. I giudici hanno confermato la validità del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello, secondo cui gli elementi raccolti erano più che sufficienti per escludere la tesi dell’uso personale e configurare l’ipotesi della detenzione stupefacenti finalizzata allo spaccio.

Gli Indizi Chiave: Quantità e Confezionamento

Il punto centrale della decisione risiede nell’analisi di due elementi specifici:

1. Il numero considerevole di dosi: La quantità di sostanza detenuta, sebbene non specificata nel peso, era tale da poter essere suddivisa in un numero significativo di dosi. Questo dato, unito al naturale processo di decadimento della sostanza, rendeva improbabile una scorta per uso strettamente personale.
2. Il confezionamento frazionato: La suddivisione dell’hashish in otto stecche è stata considerata un “elemento sintomatico della destinazione alla cessione”. Questa modalità di preparazione è tipica di chi intende vendere la sostanza in singole dosi e non di chi la conserva per sé.

La Corte ha inoltre specificato che tali elementi impedivano di inquadrare il fatto nell’ipotesi di lieve entità prevista dal comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. 309/1990.

Le Motivazioni della Cassazione

Nelle motivazioni, la Corte di Cassazione sottolinea come la sentenza d’appello abbia operato una “ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata” e un “corretto inquadramento giuridico”. I giudici di merito avevano esaminato tutte le argomentazioni difensive, arrivando a conclusioni logiche e giuridicamente corrette basate sulle risultanze processuali. La censura dell’imputato, pertanto, si è rivelata infondata, poiché il ragionamento dei giudici di secondo grado era completo, approfondito e privo di vizi logici. La dichiarazione di inammissibilità è stata la naturale conseguenza di un ricorso che non presentava validi motivi di contestazione della decisione impugnata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la prova dell’intento di spaccio può essere desunta da elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. Non è sempre necessario trovare l’arsenale completo dello spacciatore (bilancini, materiale per il taglio, elenchi di clienti) per arrivare a una condanna. La quantità della sostanza, rapportata al numero di dosi medie ricavabili, e soprattutto le modalità di confezionamento, possono costituire da sole una prova sufficiente della finalità di cessione a terzi. La decisione serve da monito: detenere droga già suddivisa in dosi espone a un rischio molto elevato di essere accusati e condannati per spaccio, con conseguenze penali ben più gravi rispetto alla detenzione per uso personale.

La sola quantità di sostanza stupefacente e il suo confezionamento possono bastare per una condanna per spaccio?
Sì. Secondo questa ordinanza, un numero considerevole di dosi ricavabili e il confezionamento frazionato della sostanza sono considerati elementi sintomatici sufficienti a dimostrare la destinazione alla cessione a terzi, e quindi a fondare una condanna per spaccio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la Corte di Cassazione ha giudicato la censura dell’imputato “manifestamente infondata”. La motivazione della corte d’appello era completa, logica e giuridicamente corretta, basata su una precisa ricostruzione dei fatti che non lasciava spazio a diverse interpretazioni.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per l’imputato?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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