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Detenzione stupefacenti: più droghe, un solo reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due persone condannate per detenzione di stupefacenti (cocaina), dopo una precedente condanna per possesso di hashish. Gli imputati sostenevano si trattasse di un unico reato. La Corte ha ribadito che la detenzione di sostanze appartenenti a tabelle diverse configura reati distinti. Il ricorso è stato respinto per genericità, non avendo contestato la diversa collocazione spazio-temporale dei due sequestri accertata dalla corte di merito.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Stupefacenti: Più Droghe, Un Solo Reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9410/2025, affronta un tema ricorrente in materia di detenzione stupefacenti: la configurabilità di un reato unico o di una pluralità di reati nel caso di possesso contestuale di sostanze diverse, come cocaina e hashish. La pronuncia offre spunti fondamentali sull’evoluzione legislativa e giurisprudenziale e ribadisce l’importanza della specificità dei motivi di ricorso.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda due soggetti condannati in primo e secondo grado per la detenzione a fini di spaccio di 40 grammi di cocaina, occultati nel garage della loro abitazione. La particolarità della vicenda risiede nel fatto che tale condanna si aggiungeva, come aumento in continuazione, a una precedente sentenza per il possesso di hashish. Il sequestro della cocaina era avvenuto subito dopo l’arresto per la detenzione dell’hashish, su indicazione degli stessi imputati.

I ricorrenti, tramite il loro difensore, hanno impugnato la sentenza d’appello lamentando la violazione del principio del ne bis in idem (il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto). A loro avviso, si trattava di un unico episodio di detenzione di sostanze diverse, erroneamente considerato dai giudici di merito come due reati distinti.

Detenzione Stupefacenti e l’Evoluzione Normativa

Per comprendere la decisione della Corte, è cruciale analizzare il quadro normativo e giurisprudenziale in materia di stupefacenti. La Cassazione ripercorre le tappe fondamentali:

1. Ante-riforma 2006: La giurisprudenza era consolidata nel ritenere che la detenzione di ‘droghe pesanti’ (tabelle I e III) e ‘droghe leggere’ (tabelle II e IV) configurasse due reati autonomi e distinti, data la diversa offensività e il differente trattamento sanzionatorio.
2. Legge ‘Fini-Giovanardi’ (L. 49/2006): Questa legge eliminò la distinzione tra droghe pesanti e leggere, unificando le tabelle e, di conseguenza, portando la giurisprudenza a considerare la detenzione contestuale di più sostanze come un unico reato.
3. Sentenza della Corte Costituzionale (n. 32/2014): La Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge del 2006, ripristinando la distinzione originaria. Di conseguenza, la giurisprudenza successiva è tornata a considerare la detenzione di sostanze appartenenti a tabelle diverse come reati distinti, eventualmente unificabili sotto il vincolo della continuazione.

Il fatto oggetto del processo è stato commesso il 24 ottobre 2012, ovvero durante la vigenza della legge ‘Fini-Giovanardi’, che teoricamente avrebbe potuto sostenere la tesi di un reato unico.

Le Motivazioni della Cassazione

Tuttavia, la Corte di Cassazione dichiara i ricorsi inammissibili per una ragione prevalentemente processuale: la genericità. La Corte d’Appello aveva chiarito nella sua motivazione che tra i due sequestri non vi era una piena ‘corrispondenza storico-naturalistica’. Erano diversi non solo la qualità e la quantità della droga, ma anche il tempus commissi delicti (il momento del reato) e il luogo di accertamento.

I ricorrenti, nel loro atto di impugnazione, si sono limitati a sostenere genericamente l’identità della condotta, senza però confrontarsi specificamente con questa argomentazione della sentenza impugnata. Non hanno fornito elementi per dimostrare che, contrariamente a quanto stabilito dai giudici di merito, vi fosse una reale unicità di contesto spazio-temporale. Questo vizio rende il ricorso generico e, come tale, inammissibile.

La Cassazione, quindi, non entra nel merito della legge applicabile all’epoca del fatto, poiché la questione è assorbita dal difetto procedurale dell’impugnazione. La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce due principi fondamentali. Primo, sul piano sostanziale, la detenzione di stupefacenti appartenenti a tabelle diverse (es. cocaina e hashish) integra, secondo l’orientamento attuale, una pluralità di reati. Secondo, sul piano processuale, un ricorso per cassazione non può limitarsi a enunciazioni generiche, ma deve contestare in modo specifico e puntuale le argomentazioni logico-giuridiche della sentenza impugnata. L’omessa critica delle ragioni di fatto e di diritto esposte dal giudice di merito porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Il possesso contemporaneo di droghe ‘leggere’ e ‘pesanti’ costituisce un unico reato?
No. Secondo l’orientamento attuale della giurisprudenza, ripristinato dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, la detenzione di sostanze stupefacenti appartenenti a tabelle diverse (come cocaina e hashish) configura reati distinti, che possono essere unificati solo dal vincolo della continuazione se ne ricorrono i presupposti.

Perché il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per genericità. Gli imputati non hanno contestato in modo specifico la motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva stabilito che i due sequestri di droga (hashish e cocaina) non presentavano una ‘corrispondenza storico-naturalistica’, essendo diversi sia sotto il profilo quantitativo e qualitativo, sia per il tempo e il luogo dell’accertamento.

La legge in vigore al momento del fatto (2012) non avrebbe dovuto portare a una conclusione diversa?
In teoria sì. Il fatto è stato commesso durante la vigenza della legge n. 49/2006 (‘Fini-Giovanardi’), che non distingueva tra droghe leggere e pesanti. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto che, a prescindere dalla normativa applicabile, è fondamentale che la condotta sia la medesima nel contesto spazio-temporale. Poiché la Corte d’Appello ha accertato che i contesti erano diversi e i ricorrenti non hanno validamente contestato tale punto, il ricorso è stato respinto per un vizio procedurale (genericità) prima ancora di poter esaminare nel merito la questione della legge applicabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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