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Detenzione Stupefacenti: Più Droghe, Più Reati?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1495/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per la detenzione di cocaina, hashish e marijuana. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la detenzione stupefacenti di diverse tipologie, appartenenti a tabelle ministeriali differenti, non costituisce un unico reato, ma una pluralità di illeciti. Questi possono essere unificati ai fini della pena attraverso l’istituto della continuazione, come correttamente avvenuto nel caso di specie tramite patteggiamento.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Stupefacenti: un Reato Unico o Pluralità di Illeciti?

La questione della qualificazione giuridica della detenzione stupefacenti di diverse tipologie è da tempo al centro del dibattito giurisprudenziale. Chi viene trovato in possesso di cocaina, hashish e marijuana contemporaneamente, commette un solo reato o tanti reati quante sono le sostanze detenute? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 1495 del 2024, offre un chiarimento definitivo, consolidando un orientamento ormai prevalente.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Lecce. L’uomo era stato condannato alla pena di tre anni di reclusione e 14.000 euro di multa per due distinti capi d’imputazione: il primo relativo alla detenzione ai fini di spaccio di cocaina, hashish e marijuana (art. 73 d.P.R. 309/90), e il secondo per resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).

L’accordo tra la difesa e l’accusa, recepito dal giudice, aveva qualificato la detenzione delle diverse sostanze come un’ipotesi di reato continuato (art. 81 c.p.), unificando i diversi illeciti sotto un’unica valutazione sanzionatoria.

Il Motivo del Ricorso: la detenzione stupefacenti è un reato unico?

La difesa dell’imputato ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo un vizio di motivazione e una violazione di legge. Secondo il ricorrente, la condotta di detenzione di più tipi di droga avrebbe dovuto essere qualificata come un’unica fattispecie di reato e non come più reati avvinti dal vincolo della continuazione. Questa tesi si fondava sul superamento, a seguito della legge n. 49 del 2006, della distinzione tabellare tra droghe cosiddette “leggere” e “pesanti”.

In sostanza, si chiedeva alla Suprema Corte di affermare che possedere contemporaneamente più sostanze stupefacenti integrasse un solo e unico delitto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando la correttezza della decisione del Tribunale di Lecce. La Corte ha smontato la tesi difensiva, chiarendo che il quadro normativo di riferimento è mutato in modo significativo.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione risiede nel richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014. Tale pronuncia ha dichiarato incostituzionale la legge n. 49 del 2006 (la cosiddetta “Fini-Giovanardi”), determinando la “reviviscenza” della normativa precedente, contenuta nel d.P.R. 309/90.

Con il ritorno al vecchio impianto normativo, è tornata in vigore anche la distinzione delle sostanze stupefacenti in diverse tabelle. La giurisprudenza consolidata della stessa Cassazione (richiamando, tra le altre, la sentenza n. 14193 del 2021) ha costantemente affermato che questo comporta la configurabilità di reati distinti qualora la condotta abbia ad oggetto sostanze appartenenti a tabelle diverse.

La Corte precisa che la detenzione contestuale di più droghe può dare luogo, a seconda delle circostanze concrete, a:

* Concorso materiale di reati: quando le azioni sono distinte.
* Concorso formale di reati: quando con una sola azione si violano diverse disposizioni di legge.
* Continuazione tra reati: quando più reati sono commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Nel caso di specie, l’accordo di patteggiamento aveva correttamente applicato il principio della continuazione “interna” al capo A), unificando i tre distinti reati di detenzione di cocaina, hashish e marijuana sotto un’unica pena, calcolata secondo le regole dell’art. 81 c.p. Questa soluzione, sottolinea la Corte, è perfettamente in linea con i principi di diritto vigenti.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un punto fermo in materia di detenzione stupefacenti: possedere sostanze illecite di diversa tipologia, classificate in tabelle differenti, integra una pluralità di reati e non un’unica violazione. Tale pluralità di illeciti viene gestita sul piano sanzionatorio attraverso gli istituti del concorso di reati o, come nel caso di specie, della continuazione. Questa interpretazione ha importanti implicazioni pratiche, sia per la formulazione dei capi d’imputazione da parte delle Procure, sia per le strategie difensive e il calcolo della pena in sede di giudizio o di patteggiamento.

Possedere più tipi di droga (es. cocaina e hashish) è considerato un unico reato?
No, secondo la sentenza della Cassazione, la detenzione di sostanze stupefacenti appartenenti a tabelle legali diverse configura reati giuridicamente distinti.

Cosa significa ‘continuazione tra reati’ in questo contesto?
Significa che i diversi reati di detenzione, sebbene autonomi, vengono considerati come parte di un unico disegno criminoso. Questo permette di applicare una sola pena, calcolata partendo da quella prevista per il reato più grave e poi aumentata, anziché sommare matematicamente le pene previste per ciascun singolo reato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché manifestamente infondato. La tesi difensiva si basava su una normativa (l. n. 49/2006) dichiarata incostituzionale e superata. L’accordo di patteggiamento, al contrario, aveva correttamente applicato il principio, consolidato in giurisprudenza, della pluralità di reati in caso di possesso di droghe di diversa tipologia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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