Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37050 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta, in epigrafe indicata, con cui è stata confermata, salvo che in punto di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e consequenziale riduzione della pena a mesi quattro di reclusione ed euro 900,00 di multa, la pronuncia del Tribunale di Caltanissetta per il reato di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. 309/90. All’imputato era stato contestato di avere detenuto sulla propria persona, al fine di spaccio a terzi, gr. 10 di sostanza stupefacente del tipo hashish, in dieci stecche, da cui erano ricavabili 39,4 dosi medie singole.
La difesa ha articolato i seguenti motivi di ricorso. I) mancanza ed illogicità della motivazione in ordine alla pronuncia sulla responsabilità, posto che la sentenza si era basata esclusivamente sul dato ponderale; II) vizio di motivazione circa il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui al n. 4 dell’art. 62 cod.pen.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è reiterativo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale con argomentazioni del tutto corrette in diritto. I giudici di merito hanno evidenziato, alle pagine da 3 a 5 della sentenza impugnata, che la tesi sostenuta dalla difesa, secondo cui l’imputato deteneva lo stupefacente per uso non di spaccio, risultava inverosimile in quanto non supportata da ragionevolezza, posto che dal quantitativo di 10 grammi di hashish, suddiviso in 10 stecche, erano ricavabili 39,4 dosi medie ed il rinvenimento era avvenuto in luogo pubblico ove avveniva notoriamente lo spaccio. Inoltre, l’imputato aveva tentato di darsi alla fuga, alla vista degli operanti, e deteneva anche strumenti utili al frazionamento (grinder e coltello intriso di stupefacente).
La motivazione è conforme ai principi stabiliti in questa sede, in base ai quali non ci si può limitare a valutare il dato ponderale, ma occorre valutare le modalità comportamentali dell’imputato astrattamente idonee a giustificare una destinazione ad uso esclusivamente personale (Sez. 3, Sentenza n. 46610 del 09/10/2014, Rv. 260991 – 01).
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso: la Corte di appello, con motivazione del tutto logica e coerente rispetto ai dati storici, nell’affermare l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen. ha sottolineato che, nel caso di specie; difettava il presupposto dell’aver il reo conseguito un lucro di speciale tenuità, in considerazione del non minimo dato ponderale dello stupefacente detenuto, tale da consentire il conseguimento di un vantaggio economico non minimo.
La pronuncia è pure conforme all’insegnamento di Sez. 3, n. 13659 del 16/02/2024, Rv. 286097 – 01, secondo cui, in tema di stupefacenti, alla qualificazione giuridica del fatto in termini di lieve entità ai sensi dell’art. 7 comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non consegue automaticamente il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., essendo necessario accertare, a tal fine, che risultino di speciale tenuità sia l’entità del lucro perseguito o effettivamente conseguito dall’agente, sia la gravità dell’evento dannoso o pericoloso prodotto dalla condotta criminosa.
Consegue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616, cod. proc. pen., al versamento della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2024.