Detenzione Stupefacenti: Quando la Somma degli Indizi Fa la Prova
La distinzione tra uso personale e spaccio è una delle questioni più delicate in materia di detenzione stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7, Num. 3556/2025) offre un chiaro esempio di come i giudici valutino l’insieme degli elementi a disposizione per determinare la finalità della detenzione. Il caso analizzato dimostra che, al di là della quantità di sostanza sequestrata, è il quadro indiziario complessivo a essere decisivo.
I Fatti del Caso: Dall’Assoluzione alla Condanna
La vicenda processuale ha origine con una sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Trani. Tuttavia, la Corte d’Appello di Bari ribaltava la decisione, condannando l’imputato per il reato di illecita detenzione continuata di cocaina. L’imputato, non accettando la condanna, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte territoriale.
Le Argomentazioni Difensive
Il ricorrente basava la sua difesa su tre punti principali:
1. Mancata considerazione della provenienza lecita del denaro: Sosteneva che i contanti rinvenuti fossero il frutto dell’attività lavorativa sua e della sua compagna.
2. Assenza di materiale per il confezionamento: Evidenziava come, a parte la sostanza, non fossero stati trovati altri materiali tipicamente usati per il confezionamento delle dosi.
3. Violazione delle regole di valutazione della prova: Contestava il modo in cui i giudici di secondo grado avevano interpretato gli elementi a suo carico.
Detenzione stupefacenti e il Quadro Indiziario: La Valutazione della Corte
La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni difensive, giudicando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici supremi hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente costruito un quadro accusatorio solido e coerente, basato non su un singolo elemento, ma su una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti.
Gli elementi chiave valorizzati dalla Corte sono stati:
* La sostanza e il denaro: Il ritrovamento di otto involucri di cocaina e di 480 Euro in banconote di piccolo taglio durante il fermo.
* I telefoni cellulari: Il possesso di due telefoni, di cui uno occultato in un borsello nascosto sotto gli indumenti intimi, che continuava a ricevere numerose chiamate durante le operazioni di perquisizione.
* Il luogo e l’orario: L’imputato era stato fermato in piena notte in una zona notoriamente conosciuta come piazza di spaccio.
* Ulteriore denaro contante: La perquisizione domiciliare aveva portato alla luce altre ingenti somme di denaro (1.310 Euro sul comodino e 3.500 Euro in una cabina armadio), la cui disponibilità non era stata giustificata in modo convincente.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha stabilito che la valutazione della Corte d’Appello è immune da censure. I giudici di merito non hanno ignorato la tesi difensiva dell’uso personale, ma l’hanno ritenuta “recessiva” e “soccombente” rispetto alla forza dell’impianto accusatorio. La ricostruzione alternativa fornita dall’imputato non era in grado di spiegare logicamente la concomitanza di tutti questi elementi. La presenza di un telefono nascosto e le continue chiamate, unite al denaro e al luogo del fermo, costituivano un quadro probatorio che andava ben oltre il semplice possesso per consumo personale.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto penale in materia di stupefacenti: la prova della finalità di spaccio può essere raggiunta anche attraverso elementi indiziari. Non è necessario cogliere il reo in flagranza di cessione. La coerenza e la convergenza di più indizi (denaro, cellulari, luogo, orario) possono costruire una prova logica così forte da superare la tesi dell’uso personale. La decisione insegna che, nel processo penale, la valutazione non si ferma ai singoli fatti, ma li analizza nel loro complesso, cercando la spiegazione più logica e coerente che essi, insieme, sono in grado di fornire.
Possedere una piccola quantità di droga e del denaro è sufficiente per una condanna per spaccio?
No, non automaticamente. Tuttavia, come dimostra questa ordinanza, se questi elementi si combinano con altri indizi gravi e precisi – come il possesso di un cellulare nascosto che riceve molte chiamate, la presenza in una nota piazza di spaccio e il rinvenimento di altre ingenti somme di denaro – il quadro complessivo può condurre a una condanna per detenzione a fini di spaccio.
Come viene valutata la tesi difensiva dell’uso personale?
La tesi dell’uso personale viene valutata confrontandola con tutti gli elementi raccolti dall’accusa. In questo caso, è stata ritenuta debole e inverosimile (‘soccombente’) perché non era in grado di fornire una spiegazione logica per la totalità degli indizi, come la necessità di nascondere un telefono sotto gli indumenti o la disponibilità di così tanto denaro contante.
Quali elementi, oltre alla droga, sono considerati forti indizi di spaccio in questo caso?
La sentenza evidenzia diversi elementi chiave: la detenzione di denaro in banconote di piccolo taglio, il possesso di due telefoni cellulari di cui uno occultato e destinatario di numerose chiamate, la presenza dell’imputato in piena notte in una zona nota per lo spaccio e il ritrovamento di ulteriori e consistenti somme di denaro contante presso la sua abitazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3556 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3556 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BISCEGLIE il 12/01/1983
avverso la sentenza del 08/09/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che DELL’OLIO NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Bari, che ha riformato la sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Trani,condannandolo alla pena di giustizia I in relazione al delitto di illecita “
detenzione continuata di cocaina;
rilevato che il ricorrente lamenta vizio di motivazione con riferimento alla mancata considerazione della tesi difensiva in ordine alla legittima provenienza del danaro rinvenuto in casa (atteso lo svolgimento di attività lavorativa da parte del ricorrente stesso e della compagna), e al rilievo da conferire al mancato rinvenimento di ulteriore sostanza stupefacente e materiale per il confezionamento, oltre quelli trovati al DELL’OLIO (elementi valorizzati nella sentenza del Tribunale); nonché violazione dell’art. 192 cod. proc. pen.;
ritenuto che le doglianze difensive siano manifestamente infondate, dal momento che – diversamente da quanto dedotto in ricorso – la Corte territoriale ha tenuto ben presente la prospettazione difensiva, ritenendola peraltro recessiva rispetto all’impianto accusatorio, imperniato non solo sulla flagrante detenzione di otto involucri di cocaina e della somma di Euro 480 in banconote di piccolo taglio, ma anche – ed anzi soprattutto – di due telefoni cellulari, uno dei quali occultato all’interno di un borsello nascosto al di sotto degli indumenti intimi, al quale erano pervenute numerose chiamate durante le operazioni di fermo e di perquisizione (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata);
rilevato che, in aggiunta a tali elementi (sulla cui valenza indiziante appare superfluo soffermarsi), la Corte territoriale ha posto l’accento anche sulla sosta del DELL’OLIO in piena notte in una zona notoriamente teatro di attività di spaccio, nonché sulla disponibilità di una ulteriore consistente somma contante, rinvenuta nell’abitazione del ricorrente (cfr. pag. 3: Euro 1.310 nel comodino della camera da letto, nonché Euro 3.500 all’interno della cabina armadio);
ritenuto che, all’esito di tale percorso argomentativo, debba ritenersi del tutto immune da censure la valutazione, formulata dalla Corte d’Appello, di “soccombenza” della ricostruzione alternativa fornita dal DELL’OLIO, imperniata sulla detenzione ad uso meramente personale della sostanza detenuta;
ritenuto che le considerazioni fin qui svolte impongano una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della causa di inammissibilità
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 novembre 2024
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Il consiglir estensore
Il Presidente