Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13655 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13655 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAMPOGRANDE (BRASILE) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9 febbraio 2023, la Corte appello di Bari, in parziale riforma della sentenza Tribunale di Bari del 15 ottobre 2019, appellata da COGNOME NOME, previo riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena inflitta al medesimo in mesi 6 di reclusione ed euro 1400 di multa, confermando nel resto l’appellata sentenza che lo aveva riconosciuto colpevole del reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente del tipo cocaina (art. 73, comma 5, TU Stup.) in relazione a fatti accertati in data 26/11/2017 e contestati come commessi secondo le modalità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nell’imputazione.
Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto ha proposto ricorso per cassazione tramite i difensori di fiducia, deducendo due motivi, di seguito sommariamente indicati.
2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 75, TU Stup., e correlato vizio di motivazione.
In sintesi, deduce il ricorrente come l’esclusiva detenzione di due involucri per complessivi 12,5 grammi di sostanza stupefacente, risultata al narcotest essere cocaina, in assenza della individuazione della quantità di principio attivo nonché di qualsivoglia elemento sintomatico dell’attività di spaccio non potrebbe integrare la fattispecie contestata. Richiamata giurisprudenza di legittimità a sostegno di tale assunto, si osserva come la Corte di appello, preso atto della assenza di specifiche analisi tossicologiche ordine al principio attivo della sostanza in sequestro, avrebbe fondato il proprio ragionamento esclusivamente sul dato lordo ponderale della stessa, ritenuto non trascurabile, e sullo stato di disoccupazione dell’imputato, che non avrebbe di certo potuto consentire l’acquisto di tale quantitativo di cocaina. Tale motivazione sarebbe censurabile anzitutto poiché il generico riferimento al peso in grammi di una sostanza stupefacente, in assenza di perizia tossicologica, potrebbe essere adoperato a parametro solo in presenza di ulteriori elementi istruttori che consentano di accertare la natura, il principio atti e la capacità drogante dello stupefacente. Nel caso di specie, il mero dato del rinvenimento di 12,5 grammi di cocaina, senza la quantificazione del principio attivo effettivo e la conseguente individuazione RAGIONE_SOCIALE dosi droganti, non legittimerebbe l’utilizzo di alcuna presunzione. Un dato ponderale lordo evidentemente modesto e prossimo alla soglia di non punibilità della detenzione per uso personale,
nella radicale assenza di qualsivoglia ulteriore elemento indiziario della destinazione allo spaccio, avrebbe imposto l’individuazione della capacità drogante della sostanza. Si censura, altresì, la manifesta illogicità della deduzione espressa in sentenza in ordine alla indisponibilità di provviste di denaro compatibili con l’acquisto dello stupefacente esclusivamente dallo stato di disoccupazione del ricorrente. Come invece emergerebbe degli atti, il giovane e diplomato imputato era solo provvisoriamente disoccupato, con la conseguenza che, da quanto emerso, non poteva desumersi, in assenza di fattori deponenti per uno stato di indigenza, la impossibilità di acquistare poche centinaia di euro di sostanza stupefacente.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 131-bis, cod. pen. e correlato vizio di motivazione.
In sintesi, si censura la sentenza impugnata per aver negato la sussistenza del fatto di particolare tenuità esclusivamente in considerazione del dato ponderale della sostanza stupefacente illecitamente detenuta. Come già esposto a proposito del precedente motivo, invece, il mero dato quantitativo della sostanza detenuta, in assenza di ulteriori elementi dimostrativi della finalità di spaccio o che defini scono la condotta dell’imputato, assume una fondamentale importanza nella valutazione dei fatti. Richiamata la giurisprudenza di questa Corte, il ricorrente osserva come l’unico dato certo emerso dagli atti sarebbe lo stato di assoluta incensuratezza del reo, peraltro alla prima esperienza giudiziaria, con conseguente esclusione del requisito negativo dell’attualità della condotta. In definitiva, mancando l’esatta individuazione dell’effettiva quantità di principio attivo e di efficac drogante della sostanza rinvenuta nella disponibilità del ricorrente, nonché di ulteriori indici da cui dedurre il grado di colpevolezza e l’entità del danno riveniente dalla condotta ascritta al ricorrente, il mero riferimento al modesto, e di per sé inconferente, dato ponderale sarebbe inidoneo ad escludere l’applicabilità dell’articolo 131-bis del Codice penale.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta dell’11.01.2024, ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
In sintesi, secondo il PG, la valutazione del giudice di merito sulla finalità di cessione a terzi della detenzione di stupefacenti si risolve in un giudizio di fatt che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità, se sorretto da motivazione immune dal vizio di manifesta illogicità risultante dal testo della sentenza impugnata o da altri atti del processo specificamente indicati nell’atto di gravame (Sez. 4, n. 2522 del 26/01/1996, Antognoli, Rv. 204957): nel caso di specie, i giudici di merito, con doppia e conforme decisione, hanno individuato, come in precedenza
annotato, una pluralità di indici (la quantità dello stupefacente, una condizione economica tale da non consentire un acquisto di tale quantità) idonei ad escludere la detenzione per fini di personale consumo, ed il tutto con logica motivazione priva di vizi di manifesta illogicità e nei cui confronti il motivo di ricorso oppo argomenti meramente fattuali, come tali insuscettibili di sindacato in sede di giudizio di legittimità. Idem dicasi per la valutazione effettuata in sentenza in ordine alla insussistenza dei presupposti per l’esimente della particolare tenuità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente ai sensi dell’art.23, d.l. n. 137 del 2020 e successive modifiche ed integrazioni, in assenza di istanza di discussione orale, è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
2.1. I giudici di appello motivano sulla destinazione ad uso non esclusivamente personale della detenzione dello stupefacente, in particolare rilevando che, se è pur vero che non è noto il quantitativo di principio attivo – ma pur sempre certa la qualità della sostanza, accertata al narcotest – è altrettanto vero che si tratta di un quantitativo ponderale non trascurabile, pari a gr. 12,5 di cocaina, detenzione illecita in relazione alla quale è già stata riconosciuta l’ipotesi di part colare tenuità di cui all’art. 73, comma 5, TU Stup.
A sostegno della destinazione ad uso non esclusivamente personale, peraltro, i giudici di appello valorizzano non solo il dato ponderale, ma anche lo stato di disoccupazione del ricorrente, che non avrebbe certo potuto consentire l’acquisto di un tale quantitativo di cocaina.
Al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze difensive si appalesano, all’evidenza, aspecifiche non confrontandosi adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata che ha chiarito, con adeguato sforzo motivazionale, le ragioni per le quali non potesse ritenersi percorribile la tesi dell’uso per sonale della sostanza.
2.2. Le doglianze, inoltre, si connotano per la loro manifesta infondatezza sotto il profilo giuridico, atteso che, se è ben vero che ai fini della configurabili del reato di illecita detenzione di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, l destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente non ha natura giuridica di causa di non punibilità e non è onere dell’imputato darne la prova, gravando
invece sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio (Sez. 6, n. 26738 del 18/09/2020, Rv. 279614 – 01), è tuttavia altrettanto vero che la Corte territoriale ha valutato come elementi ostativi alla destinazione ad esclusivo uso personale del ricorrente sia il dato ponderale che lo stato di disoccupazione del reo, incompatibile con tale acquisto.
Poiché la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità dell motivazione (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, Rv. 272463 – 01), quanto argomentato dai giudici territoriali non pare suscettibile di sindacato in questa sede di legittimità, tenuto conto della assoluta logicità RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a fondamento di tale approdo valutativo, cui si aggiunge l’ulteriore dato, emergente dalla motivazione della sentenza di primo grado, costituito dalle anomale modalità di detenzione dello stupefacente, custodito in due separati involucri negli slip dall’imputato colto alla guida di un’autovettura, detenzione all’evidenza incompatibile con un uso personale.
2.3. Conclusivamente, le doglianze del ricorrente si risolvono nel “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione RAGIONE_SOCIALE emergenze processuali svolta dai giudici di merito, operazione vietata in sede di legittimità, attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per presunti vizi dl violazione di legge e motivazionali, con cui, in realtà, si propongono doglianze non suscettibili di sindacato da parte di questa Corte. Deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimi operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 – dep. 31/01/2000, Moro, Rv. 215745).
Anche il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza
3.1. I giudici di appello giustificano il mancato riconoscimento della causa di non punibilità del fatto di particolare tenuità richiamando il dato ponderale dello stupefacente detenuto.
In ordine a tale motivo, va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis, cod. pen., il giudizio sul tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., RAGIONE_SOCIALE modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, 55107 del 08/11/2018, Milone, Rv. 274647).
Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merit e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
3.2. La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivo, ai fini della valutazione del grado di offensività della condotta, l’elemento costituito dal dato ponderale dello stupefacente. Si tratta di circostanza indiscutibilmente significativa, rientrante nei parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen.
L’imputato si limita a prospettare una diversa valutazione dei medesimi elementi analizzati dai giudici di merito. E, peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata risulterebbe del tutto congrua ed adeguata anche a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche all’istituto dell’art. 131-bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso, il 16 febbraio 2024