Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 33704 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 33704 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AGRIGENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del Pubblico Ministero
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Palermo il 26 ottobre 2023 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall’imputato, con cui il Tribunale di Agrigento il 21 febbraio 2022, all’esito del dibattimento, ha riconosciuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per avere detenuto a fine di cessione complessivi 9,9 grammi di marijuana suddivisa in tredici involucri e materiale per il confezionamento, fatto commesso il 3 febbraio 2017, e, in conseguenza, senza attenuanti, lo ha condannato alla pena di sei mesi di reclusione e di 1.100,00 euro di multa.
Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a cinque motivi con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 333, comma 3, cod. proc. pen. per inosservanza di norma penale stabilita a pena di nullità o inutilizzabilità e per mancanza e/o mera apparenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in riferimento ai verbali di perquisizione e di sequestro e degli atti conseguenziali, poiché la polizia giudiziaria ha agito dopo avere ricevuto una segnalazione confidenziale anonima, come riferito all’udienza del 7 giugno 2021 dall’agente di p.g. NOME COGNOME.
La questione, già posta dalla Difesa e disattesa dalla Corte territoriale con la motivazione che si rinviene alla p. 2 della sentenza, viene reiterata, in quanto in contrasto – si ritiene – con il principio, affermato da Sez. 4, n. 37941 del 2004, e da Sez. 6, n. 34450 del 2016, secondo cui il decreto di perquisizione e sequestro emesso a seguito di una denuncia anonima è nullo.
2.2. Con il secondo motivo si duole della violazione del comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e dell’art. 192 cod. proc. pen., oltre che di mancanza, mera apparenza, e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento sia soggettivo che oggettivo del reato.
Ad avviso del ricorrente, difetterebbe totalmente la prova della destinazione allo spaccio della sostanza: in tal senso non rileverebbe, nonostante quanto ritenuto in senso contrario dalla Corte di appello (alla p. 3), né la quantità complessiva di droga, né l’essere stata la stessa rinvenuta all’interno di una busta di tabacco, circostanza del tutto neutra, né il rinvenimento dentro una casa abitata di strumenti di uso comune, quali un rotolo di carta di alluminio ed una bilancia, mentre il trita-erba non può che deporre per l’uso personale. Il tutto, peraltro, in assenza di servizi di intercettazione o di pedinamento da cui sia emersa la presenza di potenziali acquirenti e di somme di denaro.
Si richiama al riguardo parte della motivazione del precedente di legittimità, ritenuto pertinente, di Sez. 6, n. 26738 del 2020.
In definitiva, difetterebbero nel caso di specie indizi aventi i requisiti gravità, precisione e concordanza prescritti dall’art. 192 cod. proc. pen.
2.2.1.Con memoria pervenuta 1’11 giugno 2024 contenente “motivi nuovi” la Difesa ha ulteriormente sottolineato la modestia della quantità rinvenuta, di meno di 10 grammi in tutto, di cui si ignora il principio attivo, la unicità del tipologia della sostanza e si richiama ampia parte della motivazione della sentenza di Sez. 4, n. 27346 del 21 giugno 2013, che si ritiene porre principi applicabili al caso di specie.
2.3.Con il terzo motivo censura violazione dell’art. 131-bis cod. proc. pen., per non avere la Corte di appello applicato di ufficio, come avrebbe dovuto fare (richiamandosi Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594), la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. proc. pen., di cui ricorrerebbero, avviso della Difesa, tutti i presupposti.
Si sottolinea anche la possibilità di diretta applicazione di ufficio da parte della Corte di cassazione (come puntualizzato da Sez. 4, n. 9466, dep. 07/03/2023), il cui precedente si invoca.
2.4. Oggetto del quarto motivo è la violazione dell’art. 62-bis cod. pen. e, nel contempo, manifesta apparenza, contradditorietà ed illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
La Corte di merito, nello svalutare gli elementi offerti dalla Difesa, ha parlato di una quantità che al tempo stesso è “contenuta” (così alla p. 3) ma “significativa” (alla p. 4) ed ha trascurato il contegno collaborativo tenuto dall’imputato durante la perquisizione, mentre il richiamo ai precedenti penali (che si rinviene a p. 4) è meramente generico senza un raffronto tra le condotte pregresse e quella per cui è processo. In ogni caso, la Corte di appello si sarebbe gsottratta al dovere di puntuale motivazione che incombe sul giudice.
2.4.1. Con la richiamata memoria dell’Il giugno 2024 il ricorrente ha ribadito gli argomenti già sviluppati, richiamando anche il recente precedente di legittimità di Sez. 3, n. 36820 del 2022.
2.5. Con l’ultimo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 95 del d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, e 546-bis cod. proc. pen. e difetto di motivazione, che sarebbe apparente e manifestamente contraddittoria ed illogica, in relazione alla mancata concessione di una pena sostitutiva, in particolare del lavoro di pubblica utilità, e, comunque, per il mancato avviso alle parti e la mancata fissazione di apposita udienza camerale; si rappresenta al riguardo (con pertinente allegazione sub n. 2), che la pena sostitutiva era stat- espressamente richiesta dalla Difesa, sia pure in subordine, nelle conclusioni scritte inviate
tramite posta elettronica certificata il 16 ottobre 2023 per l’udienza cartolare del giudizio di appello, da tenersi il 26 ottobre 2023.
Si riferisce testualmente ampia parte della motivazione della pronunzia di Sez. fer., n. 34910 del 10/08/2023.
2.5.1. Con i citati “motivi nuovi” si sottolinea che, poiché la possibilità di applicare una delle pene sostitutive è intervenuta nel corso del giudizio di appello (riforma in vigore dal 30 dicembre 2022; appello depositato in Cancelleria il 4 luglio 2022), l’imputato avrebbe potuto esprimere il proprio consenso solo dopo la lettura del dispositivo, sicchè la Corte di merito non avrebbe potuto né dovuto motivare, sia in termini di concessione che di diniego, prima di quel momento.
Nel merito, la decisione di dinego farebbe leva sul mero, generico, richiamo all’art. 133 cod. pen., senza approfondire i parametri individuati dal legislatore.
Infine, si fa presente che gli stessi identici tre elementi, ossia le modalità della condotta, il quantitativo della sostanza, della cui contraddittorietà si è già detto (quantitativo talora “contenuto”, a p. 3, talaltra “significativo”, a p. 4), precedenti penali sono stati reiteratamente impiegati dai giudici per negare indistintamente qualsiasi richiesta, senza adottare specifica motivazione, avente ad oggetto sia le attenuanti generiche sia la concessione di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi sia l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., in ogni caso trascurando gli elementi positivamente apprezzabili introdotti dalla Difesa.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. della Corte di cassazione nella requisitoria scritta del 16 giugno 2024ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il 21 giugno 2024 è pervenuta memoria contenente conclusioni scritte con cui si insiste per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Premesso che la prescrizione maturerà non prima del 3 agosto 2024 (infatti: 3 febbraio 2017 + 7 anni e sei mesi = appunto, 3 agosto 2024), il ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
1.1.Quanto al primo motivo (con cui si denuncia la inutilizzabilità dei verbali di perquisizione e di sequestro e degli atti conseguenziali), l’affermazione che si rinviene alla p. 2 della sentenza impugnata è corretta in diritto: infatti, seppure lo spunto per le indagini provenga da una fonte anonima, certamente inutilizzabile, la p.g. ha facoltà di agire nell’esercizio dei propri poteri di inizia nella ricerca delle notizie di reato, come affermato, tra le altre pronunzie della S.C., da Sez. 4, n. 2849 del 05/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278030,
secondo cui «In tema di stupefacenti è legittimo il sequestro della sostanza stupefacente eseguito dalla polizia giudiziaria d’iniziativa a seguito di perquisizione disposta ai sensi dell’art. 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sulla base di una segnalazione proveniente da fonte confidenziale e anonima, non riferendosi il divieto di utilizzazione delle denunce anonime di cui all’art. 333, comma 3, cod. proc. pen., alle iniziative investigative della polizia giudiziaria volte all’acquisizione della notizia di reato».
Si tratta, in ogni caso, di motivo meramente reiterativo di questione già posta, affrontata e correttamente risolta.
1.2. In relazione al secondo motivo (con oggetto la prova della finalizzazione della cessione della droga a terzi), la motivazione che si rinviene al riguardo alla p. 3, in effetti imprecisa sulla aggettivazione della quantità (ché è contenuta ma al tempo stesso significativa), risulta nondimeno idonea e logica nella ulteriore parte, con la quale il ricorso non si confronta, in cui valorizza l suddivisione in dosi della droga, la disponibilità di due bilancini di precisione, di un trita-erba e di un mini-coltellino e di alluminio, anche alla luce dei due precedenti specifici dell’imputato.
In riferimento alla pretesa violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., è appena il caso di osservare che «Poiché la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., non è ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., la cu inosservanza non è in tal modo sanzionata» (Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M, Rv. 274191-02) e che «In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., non può essere dedotta né quale violazione di legge ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non essendo prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, pertanto può essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della stessa norma, oss come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame» (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 278196-02).
1.3. In relazione al terzo motivo, si osserva che l’applicazione dell’art. 131bis cod. pen. non era stato nemmeno chiesta in appello e che il ricorrente con preposizione assai generica si limita, ma inammissibilmente, ad “affidare” alla Corte di cassazione la individuazione dei relativi presupposti.
1.4. Quanto al quarto motivo (con il quale si contesta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche), la Corte territoriale (alle pp. 3-4) sottolinea, con motivazione sufficiente e non incongrua, la mancanza di elementi positivi, le modalità della condotta, il quantitativo che definisce «comunque significativo» (p. 5) della droga, la disponibilità di strumenti e materiale per la preparazione ed il confezionamento ed i due recenti precedenti.
1.5. Il quinto motivo, come si è visto, attiene alla mancata applicazione di una pena sostitutiva e all’omesso avviso alle parti al riguardo.
In realtà, si rinviene nella sentenza impugnata la motivazione del diniego, fondata sugli stessi elementi richiamati per il diniego delle attenuanti generiche e cioè le modalità della condotta, il quantitativo «comunque significativo» (p. 5), la disponibilità di strumenti e di materiale per la preparazione ed il confezionamento e i due recenti precedenti.
Il diniego, in effetti, è basato su elementi già presi in considerazione dai giudici di merito, ma – si noti – valorizzati a fini diversi ed in differe prospettiva; non senza trascurare che le circostanze attenuanti generiche sono state negate anche in ragione della mancanza di elementi positivamente emersi per il riconoscimento delle stesse (v. p. 3 della sentenza impugnata).
Essendo, in definitiva, il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, che si ritiene congrua e conforme a diritto, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 03/07/2024.