Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33770 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33770 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato ad Avellino il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/01/2025 della Corte di appello di Venezia udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto l ‘inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello di Venezia – a seguito di annullamento con rinvio – confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Venezia il 21/09/2022 nei confronti di NOME COGNOME in ordine al solo reato di detenzione ai fini di cessione di sostanza stupefacente ai sensi del comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. del 9 settembre 1990 n 309 sub A) e rideterminava il trattamento sanzionatorio.
Avverso il provvedimento NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso deducendo:
con il primo motivo, violazione di legge in relazione agli artt. 111 Cost., 6 CEDU, 23 e 23 bis del D.L. n 149/2020 e 601 e ss cod. proc. pen., nonchè vizio di motivazione per omessa notifica dall’imputato del decreto di citazione a giudizio di appello. Il ricorrente, secondo il difensore, non avrebbe ricevuto personalmente la notifica della vocatio in ius e non sarebbe venuto a conoscenza del processo a suo carico;
con il secondo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte distrettuale fondato il dictum di responsabilità sulla scorta di valutazioni intrinsecamente illogiche: la detenzione di appena 13 grammi di sostanza stupefacente era destinata ad uso personale essendo inverosimile che il giovane si fosse allontanato migliaia di chilometri dal luogo di residenza per vendere in Veneto, in una località balneare, una modica quantità di droga; peraltro l’uso personale sarebbe stato avvalor ato dall’esito negativo della perquisizione operata in albergo non essendo stato rinvenuto né altro stupefacente né strumenti per la preparazione delle dosi;
con il terzo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione per omissione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen., in ragione della tenue offensività dell’offesa;
con il quarto motivo, violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 e 62 -bis cod. pen., per avere la Corte di appello valorizzato circostanze fattuali non esistenti quali la violazione dell’obbligo di dimora nonostante il ricorrente fosse sopposto alla diversa misura del divieto di dimora.
Alla odierna udienza – che si è svolta in forma cartolare – il Pg e il difensore hanno presentato conclusioni scritte, riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Con il primo motivo, il difensore eccepisce la nullità della sentenza di appello, emessa a seguito del giudizio di rinvio, per omessa notifica del decreto di citazione e comunque per omessa conoscenza del processo in capo all’imputato.
2.1. Il motivo è infondato, sebbene possa ritenersi superato dalla declaratoria di insussistenza del fatto di cui si dirà al paragrafo successivo.
La diretta disamina del carteggio processuale – consentita in questa Sede là dove si eccepiscono violazioni di norme di natura processuale – consente di rilevare la manifesta infondatezza della eccezione . L’imputato ha eletto domicilio presso l’abitazione di residenza e la notifica del decreto di citazione per l’udienza innanzi al giudice del rinvio risulta tempestiva e rituale, perché ricevuta il 29 novembre 2024 presso il domicilio eletto e a mani della madre del ricorrente, familiare convivente. Di ciò, peraltro, ha dato atto, seppur succintamente, anche il Giudice di appello alla pagina 7 della sentenza impugnata.
Nemmeno è ipotizzabile la non conoscenza del processo, posto che l’imputato ha eletto domicilio ed è stato assistito nel corso dell’intero giudizio da un difensore di fiducia.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura la motivazione in punto di an della responsabilità.
Al ricorrente è contestata la detenzione ai fini di cessione di 13 grammi di sostanza stupefacente di diverso tipo (i.e. droghe leggere e pesanti).
La Corte di appello -nel confermare la sentenza di primo grado- ha ravvisato « concreti ed univoci elementi della destinazione della sostanza allo spaccio… » così testualmente argomentando: «anzitutto, la pluralità di sostanze (cocaina, anfetamina, hashish e marjuana) che difficilmente possono essere destinate all’uso personale. Peraltro, nemmeno l’imputato ha sostenuto questa destinazione, dal momento che si è avvalso della facoltà di non rispondere, così privando il processo della sua versione dei fatti. Va poi considerata la disponibilità di danaro che l’imputato portava con sé…infine ancor più rilevante ..è il rinvenimento di materiale da confezionamento, intriso di cocaina, rinvenuto nella stanza di albergo occupata temporaneamente dal COGNOME che consentono di dire che certamente l’imputato provvedeva alla preparazione delle dosi destinate alla vendita » ( cfr pag. 8 della sentenza di appello)
3.1. Una tale valutazione registra insuperabili criticità sul piano della logica.
La Corte distrettuale valorizza la differente qualità di sostanza stupefacente concludendo, peraltro senza alcun fondamento scientifico e quindi in modo del tutto assertivo, per la non compatibilità della detenzione di diverse sostanze con l’ uso personale. Di contro non fornisce alcuna risposta, nonostante la puntuale allegazione difensiva, al fatto che fosse alquanto inverosimile che l’imputato si fosse recato in Veneto, a centinaia di chilometri di distanza dal luogo di residenza, per spacciare, durante il periodo di vacanza, un quantitativo davvero risibile di stupefacente, non avendo la successiva perquisizione consentito di rinvenire- oltre ai 13 grammi caduti in sequestro – altra droga.
La ulteriore affermazione relativa al rinvenimento di materiale da confezionamento non è poi corrispondente al dato fattuale, così come rilevato dagli stessi giudici di merito. Invero, nella sentenza impugnata si dà atto del rinvenimento in albergo, ove temporaneamente alloggiava il ricorrente, di una bustina di cocaina vuota. Non viene, infatti, evidenziata la presenza di arnesi o di altro materiale utilizzato per la preparazione delle dosi.
Una unica bustina vuota non è certamente equiparabile al materiale per il confezionamento.
Analogamente le modalità della detenzione non aggiungono nulla di concreto all’evanescente compendio probatorio, posto che notoriamente la dose è già confezionata in singole bustine.
3.2. Rimane la valenza processuale del silenzio serbato dall’imputato . Per la Corte di appello la mancata disponibilità dell’imputato a fare chiarezza sulle ragioni e causali della propria condotta rappresenta un ulteriore tassello a supporto del tema di accusa.
Ebbene, è il caso di evidenziare che il silenzio è manifestazione di facoltà processuali riconosciute all’imputato e all’indagato, quali espressioni del diritto di difesa costituzionalmente garantito . L’imputato, quindi, è libero di scegliere la strategia processuale ritenuta più opportuna e dunque decidere anche di tacere, in armonia col principio del ‘ nemo tenetur se detegere ‘ . Ne discende che il giudice non può desumere dall’esercizio della facoltà di non rispondere, elementi o indizi di prova a carico dell’imputato , atteso che allo stesso è riconosciuto il diritto al silenzio e che l’onere della prova grava sull’accusa ( ex multis, Sez. 3, n. 9239 del 19/01/2010, B., Rv. 246233; Sez. 6, n. 8958 del 27/01/2015, Scarpa, Rv. 262499).
Nondimeno è anche vero che al giudice non è precluso valutare la condotta processuale dell’imputato, compreso il silenzio, che tuttavia va apprezzata unitamente ad altre circostanze sintomatiche. Il giudice, dunque, nella formazione del suo libero convincimento, ben può considerare la portata significativa del silenzio dell’imputato su circostanze potenzialmente idonee a scagionarlo, ma sempre in concorso con altre circostanze (così, ex multis , Sez. 2, n. 22651 del 21/04/2010, COGNOME Perna, Rv. 247426).
«Il silenzio dell’imputato, se in partenza costituisce un dato processualmente neutro, può nondimeno assumere anche un più significativo rilievo, in misura direttamente proporzionale alla solidità degli elementi di accusa, che in ipotesi risultino privi di idonea spiegazione» (Sez. 6, n. 40347 del 02/07/2018, COGNOME, non mass. sul punto).
Il silenzio, dunque, non è valutabile come prova e non è confessione di colpevolezza. Solo al cospetto di un quadro probatorio significativo il non offrire una versione alternativa può essere un ulteriore argomento di prova.
3.3. Conclusivamente la situazione prospettata in sentenza -essendo suscettibile di letture alternative per essere la detenzione per uso personale nel descritto contesto ipotesi tutt’altro che remota – non depone univocamente per la fondatezza del tema di accusa, al di là ed oltre ogni ragionevole dubbio.
In forza di tali premesse, la sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
Sono assorbiti gli ulteriori motivi.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste. Così deciso, il 17/09/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME