Detenzione per spaccio: la Cassazione ribadisce i criteri di valutazione
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità di un ricorso in Cassazione e sui criteri utilizzati per distinguere la detenzione per spaccio di sostanze stupefacenti dall’uso personale. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per possesso di cocaina ai fini di vendita, sottolineando la genericità dei motivi e la coerenza della decisione dei giudici di merito.
Il caso in esame: dalla condanna al ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna inflitta dal Tribunale di Roma a un individuo per la detenzione di cocaina. La sentenza è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Secondo i giudici di merito, una serie di elementi concreti dimostrava che la sostanza non era destinata al consumo personale, ma alla vendita sul mercato illegale.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la valutazione delle prove e sostenendo che gli elementi raccolti non fossero sufficienti a escludere la destinazione della droga a un uso strettamente personale. Il ricorrente ha lamentato una violazione di legge e un vizio motivazionale nella sentenza d’appello.
I motivi del rigetto e la prova della detenzione per spaccio
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il punto centrale della decisione non risiede tanto nel merito della colpevolezza, quanto nei requisiti formali e sostanziali che un ricorso deve possedere per poter essere esaminato.
I giudici hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su un ragionamento logico e coerente con le prove emerse durante il processo. La destinazione allo spaccio era stata desunta da una pluralità di fattori inequivocabili:
* Quantità e qualità della sostanza stupefacente.
* Modalità di presentazione: la droga era già suddivisa in singole dosi, pronte per la vendita.
* Presenza di strumenti: erano stati rinvenuti materiali per il confezionamento e la pesatura di precisione.
* Contabilità dell’attività: è stata trovata documentazione riconducibile a una vera e propria contabilità dell’attività di spaccio.
Di fronte a questo quadro probatorio, il ricorso dell’imputato è apparso generico, non riuscendo a contestare in modo specifico e puntuale le argomentazioni della corte territoriale.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha fondato la propria decisione su due pilastri principali. In primo luogo, ha rilevato la genericità dei motivi di ricorso, che non si confrontavano criticamente con la sentenza impugnata, ma si limitavano a riproporre argomenti difensivi già vagliati e respinti. Come stabilito dalle Sezioni Unite (sent. Galtelli), un ricorso è inammissibile se non contiene una critica argomentata alla decisione precedente.
In secondo luogo, la Corte ha confermato la logicità e coerenza del ragionamento del giudice distrettuale, il quale aveva correttamente applicato i principi consolidati per distinguere l’uso personale dalla detenzione per spaccio. L’analisi complessiva degli indizi non lasciava spazio a interpretazioni alternative.
Essendo il ricorso inammissibile e non ravvisandosi una mancanza di colpa da parte del ricorrente, la Corte lo ha condannato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della cassa delle ammende.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi. È necessario che l’atto contenga una critica specifica, puntuale e argomentata della sentenza che si intende impugnare, dimostrandone le illogicità o le violazioni di legge. In assenza di tali requisiti, il ricorso è destinato all’inammissibilità.
Dal punto di vista sostanziale, la decisione conferma che la prova della detenzione per spaccio non dipende da un singolo elemento, ma da una valutazione complessiva di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti, come il confezionamento in dosi, la presenza di bilancini e la contabilità dell’attività illecita.
Quali elementi distinguono la detenzione per spaccio dall’uso personale secondo la Corte?
La Corte ha confermato che la destinazione allo spaccio si desume da un insieme di indizi, quali la quantità e qualità della sostanza, le modalità di presentazione (già suddivisa in dosi), la presenza di strumenti per il confezionamento e la pesatura, e l’esistenza di documentazione contabile relativa all’attività di vendita.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato e generico. Non conteneva una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza di appello, limitandosi a riproporre tesi difensive senza confrontarsi con le prove e il ragionamento del giudice.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, non essendo stata ravvisata un’assenza di colpa nel determinare tale inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4052 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4052 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE) nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/09/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza in epigrafe la quale ha confermato la decisione del Tribunale di Roma che lo aveva condannato alla pena di giustizia in relazione alla detenzione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla all’affermazione di responsabilità nei suoi confronti, assumendo la mancata valutazione degli elementi posti a sostegno della destinazione dello stupefacente ad un uso personale.
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati, in quanto generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale risulta coerente con le risultanze processuali e non si risulta altresì manifestamente illogico o contraddittorio, laddove ha desunto la destinazione allo spaccio alla quantità, qualità dello stupefacente, dalle modalità di presentazione dello stesso, già suddiviso in confezioni, con la presenza di strumenti di confezionamento di pesatura ed una documentazione relativa alla contabilità dell’attività di spaccio.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 Dicembre 2023
Il Consigliere estensore
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