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Detenzione per spaccio: gli indizi secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte ha confermato che la destinazione allo spaccio può essere provata attraverso una serie di indizi, quali il rinvenimento di bilancini, denaro contante, elenchi di nomi e un numero di dosi incompatibile con l’uso personale. La motivazione della corte di merito è stata ritenuta logica e coerente, escludendo così la possibilità di una rivalutazione in sede di legittimità.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione per Spaccio: Quando gli Indizi Diventano Prova?

La distinzione tra uso personale e detenzione per spaccio di sostanze stupefacenti rappresenta uno dei nodi cruciali del diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito quali elementi indiziari, se valutati complessivamente, possono costituire una prova solida della finalità di vendita, rendendo quasi impossibile una contestazione in sede di legittimità. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Avezzano per la detenzione di 12 dosi di cocaina e 37 dosi di hashish. La condanna, pur con la riqualificazione del fatto come di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990) e la concessione delle attenuanti per l’incensuratezza, stabiliva una pena di nove mesi di reclusione e 1200 euro di multa.

La Corte d’Appello di L’Aquila confermava sostanzialmente la responsabilità penale. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sostenendo che non vi fosse prova sufficiente della destinazione a terzi della sostanza e che gli elementi raccolti non fossero idonei a escludere l’ipotesi dell’uso personale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondate le censure mosse dall’imputato. Secondo gli Ermellini, la sentenza della Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica, coerente e completa, che giustificava pienamente la condanna per detenzione per spaccio.

Le Motivazioni: la Valutazione Complessiva degli Indizi nella Detenzione per Spaccio

Il cuore della decisione risiede nel metodo di valutazione delle prove. La Corte territoriale aveva fondato il proprio convincimento su una pluralità di elementi indiziari che, letti insieme, creavano un quadro accusatorio solido e univoco. Questi elementi erano:

* Il rinvenimento dello stupefacente: Trovato sia nell’abitazione che nell’automobile dell’imputato.
* La presenza di strumenti specifici: Il sequestro di bilancini di precisione, uno dei quali presentava tracce di sostanza bianca, è stato considerato un forte indicatore dell’attività di pesatura e confezionamento.
* Il quantitativo di denaro: Una discreta somma di denaro, in parte suddivisa in banconote di piccolo taglio, è stata interpretata come provento dell’attività illecita.
* Documentazione sospetta: Il ritrovamento di un elenco contenente nomi e cifre, tipico delle contabilità dello spaccio.
* Il numero totale delle dosi: La quantità complessiva di dosi ricavabili (49 in totale tra cocaina e hashish) è stata giudicata ‘sicuramente incompatibile’ con una finalità di mero consumo personale.

La Cassazione ha ricordato un principio consolidato: la valutazione sulla destinazione della droga è un compito del giudice di merito. Tale valutazione, basata su tutte le circostanze oggettive e soggettive del caso, può essere contestata in sede di legittimità solo se la motivazione risulta mancante o manifestamente illogica. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello era, al contrario, ben argomentata e coerente con i fatti accertati.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che per provare la detenzione per spaccio non è necessaria la prova diretta della cessione della sostanza. Un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti è sufficiente a fondare una sentenza di condanna. La presenza simultanea di strumenti per il confezionamento, denaro contante, contabilità rudimentale e un quantitativo di droga eccedente le normali esigenze di un consumatore costituisce un quadro probatorio difficilmente scalfibile. Chi intende contestare una simile condanna in Cassazione deve essere in grado di dimostrare un’evidente illogicità nel ragionamento del giudice di merito, un compito assai arduo quando la decisione è ben motivata.

Quali elementi possono trasformare il possesso di droga in detenzione per spaccio?
Secondo la Corte, la detenzione per spaccio è provata da un insieme di indizi, tra cui il rinvenimento di stupefacenti in luoghi diversi (casa e auto), il possesso di bilancini di precisione (specialmente se con tracce di droga), la disponibilità di una significativa somma di denaro in contanti (soprattutto in piccoli tagli) e la presenza di elenchi con nomi e cifre.

Il solo numero di dosi è sufficiente a provare lo spaccio?
Sebbene sia un elemento fondamentale, la Corte lo valuta insieme ad altri indizi. Tuttavia, un numero di dosi ritenuto ‘sicuramente incompatibile’ con un uso personale è un fattore determinante per escludere tale finalità e affermare quella dello spaccio.

È possibile contestare la valutazione degli indizi di spaccio in Cassazione?
Sì, ma solo a condizioni molto limitate. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la correttezza giuridica del ragionamento del giudice. Il ricorso può avere successo solo se la motivazione della sentenza impugnata è totalmente mancante, contraddittoria o ‘manifestamente illogica’, cosa che non accade quando la decisione si basa su una valutazione coerente di molteplici indizi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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