Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23185 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23185 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilità, con particolare riferimento all’esclusione della destinazione ad uso personale di parte della sostanza stupefacente sequestrata.
Ricorda il ricorrente che il presente procedimento trae origine dall’arresto avvenuto in data 28 febbraio 2023 del ricorrente da parte di agenti della squadra mobile della RAGIONE_SOCIALE, perché colto nell’atto di cedere a tale COGNOME una piccola quantità (2,65 grammi) di hashish. A seguito della successiva perquisizione personale venivano sequestrati ulteriori quantitativi di sostanza stupefacente nella disponibilità dell’imputato, ed in particolare: 3 frammenti di hashish per complessivi 33,95 grammi; i frammento di hashish pari a 2,36 grammi lordi e I busta contenente cocaina dal peso complessivo di 2,84 grammi. Tratto a giudizio con rito direttissimo, lo stesso optava per la definizione del procedimento nelle forme del giudizio abbreviato che si concludeva con un giudizio di penale responsabilità per la contestata ipotesi di illecita detenzione di sostanza stupefacente. La difesa del COGNOME chiedeva che il giudice di prime cure prima e la Corte di Appello poi, riconoscessero che almeno parte dello stupefacente rinvenuto allo stesso fosse destinato al suo consumo person&e, ed in particolare la cocaina pari a 2,84 grammi rinvenuta in una unica confezione,
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo in questione non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata, privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei c relati congrui riferimenti aila motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto. In particolare, l’odierno ricorrente stato sorpreso nell’atto di cedere una dose di sostanza stupefacente di tipo hashish ad un acquirente, che è stato immediatamente fermato ed identificato dopo lo scambio; egli inoltre deteneva altro stupefacente fuori dalla propria abitazione, nascondendolo sulla sua persona, già suddiviso in diversi quantitativi e di tipologie differenti, allo scopo di cedere anche tali sostanze a terzi. D’altro canto, come si rileva in sentenza, gli operanti hanno sorpreso l’imputato proprio nel momento in cui si era posizionato ih un noto luogo di spaccio di stupefacenti in attesa di acquirenti, tanto che di lì a poco era arrivato a bordo di un’autovettura un compratore. Logica, pertanto, appare la conclusione che il prevenuto si trovasse in quel luogo con una scorta di vari tipi di sostanza di attesa di cederla a terzi e pronto a soddisfare una diversificata richiesta dei consumatori e non certo per consumarla in proprio in quel contesto (come peraltro solo allegato in sede di spontanee dichiarazioni).
Ebbene, la sentenza impugnata, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, opera un buon governo della pluriennale giurisprudenza di questa Corte Suprema in materia di possesso di sostanze stupefacenti ad uso non esclusivamente personale.
Va ricordato che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto (cfr. questa Sez. 4, sentenza n. 7191/2018, Rv. 272463, conf., Sez. 6, n. 44419/2008, Rv. 241604). E questa Corte di legittimità ha costantemente affermato – e va qui ribadito- che in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 3 del 1990 – non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 del 9/10/2014, Salaman, Rv. 260991).
Tuttavia, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spac-
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do, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, 255726, fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisio giudice di merito che aveva ritenuto l’illiceità penale della detenzione dell’eq lente di 27,5 dosi di eroina anche in considerazione della accertata incapacità nomica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale; c Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, NOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria del prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manif sta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito c l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era matura successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. Un., n 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, rv. 256463
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pe non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorren pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle a mende.
Così deciso il 29/05/2024