Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10089 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10089 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PESCARA il 12/12/1992
avverso l’ordinanza del 31/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il PG conclude riportandosi alle conclusioni già depositate, chiedendo il rigetto del ricorso
udito il difensore
L’avv. COGNOME NOME si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di L’Aquila, con ordinanza del 31 ottobre 2024, in funzione di giudice del riesame, confermava l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara aveva applicato a COGNOME NOME la misura della custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziato del reato di detenzione di un ordigno esplosivo artigianale, rinvenuto nella sua abitazione.
Avverso detto provvedimento proponeva ricorso l’indagato tramite il difensore di fiducia, articolando cinque motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo lamenta vizio di motivazione, in quanto il giudice per le indagini preliminari, anzichè procedere al vaglio delle argomentazioni offerte dal PM a sostegno della richiesta di misura, le avrebbe acquisite e fatte proprie acriticamente, come del tutto analogamente avrebbe fatto il Tribunale del Riesame con riferimento alle argomentazioni del giudice per le indagini preliminari.
In particolare, il Tribunale di L’Aquila avrebbe omesso ogni vaglio delle argomentazioni difensive, limitandosi a richiamare le considerazioni contenute nell’ordinanza genetica, redatta con la tecnica del copia-incolla, senza integrarle con valutazioni proprie.
2.2 Con il secondo motivo evidenzia un ulteriore vizio di motivazione, inerente al la mancata valutazione del contenuto della consulenza balistica di parte.
Nella prospettazione difensiva le argomentazioni contenute nella detta consulenza sarebbero state idonee a contrastare le conclusioni cui erano pervenuti gli artificieri circa la natura dell’ordigno.
Secondo il consulente di parte le stesse modalità utilizzate dagli artificieri per aprire il pacco evidenziavano la ritenuta scarsa pericolosità dell’ordigno, così come era evidente lo scarso potere deflagrante della polvere pirica utilizzata, che era molto impura.
Il consulente contestava la qualificazione della polvere come polvere flash; spiegava, poi, la presenza del magnete alla finalità di ancorare il tutto ad un paletto in occasione del festeggiamento della compagna e non ad aumentare la potenzialità lesiva del manufatto.
2.3 Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 360 cod. proc. pen.
L’ordinanza rilevava come si fosse giunti ad applicare la disciplina dell’art. 354 cod. proc. pen. anziché quella di cui all’art. 360 cod. proc. pen. in ragione del fatto che oggetto dell’accertamento era un ordigno micidiale.
Rileva il difensore come gli accertamenti siano stati eseguiti senza la preventiva notifica e in assenza di difensori e come le garanzie di difesa asseritamente rispettate non potessero essere quelle di cui all’art. 354 cod. proc.
pen. ma dovessero essere quelle di cui all’art. 360 cod. proc. pen., poiché il reperto, in esito agli accertamenti, sarebbe stato alterato e/o distrutto.
L’impugnata ordinanza avrebbe omesso di motivare la ragione per cui la scelta di seguire la procedura di cui all’art. 354 cod. proc. pen. fosse più corretta rispetto a quanto prospettato dalla difesa.
2.4 Con il quarto motivo lamenta la violazione degli artt. 391 bis e 391 ter cod. proc. pen.
L’ordinanza impugnata non aveva tenuto in alcuna considerazione le dichiarazioni di due testi, raccolte con le formalità e le garanzie degli artt. 391 bis e 391 ter, che sostenevano la tesi difensiva, secondo cui la bomba carta sarebbe stata confezionata al fine di festeggiare il compleanno della fidanzata di NOMECOGNOME
Incidentalmente, poi, il ricorrente stigmatizzava l’assenza dell’elemento soggettivo, poichè il provvedimento impugnato ha fatto riferimento al reato di cui all’art. 2 L. 895/1967, mentre la contestazione mossa a COGNOME è del reato di cui al precedente art. 1.
2.5 Con il quinto motivo lamenta violazione degli artt. 272 e 274 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in punto all’attualità delle esigenze cautelari, violazione degli artt. 272, 275 cod. proc. pen. e vizio di motivazione relativamente alla ritenuta inidoneità di una misura meno afflittiva.
Il ricorrente puntualizza il fatto che l’indagato fosse sottoposto alla misura dell’affidamento in prova e non avesse mai violato le prescrizioni; anzi avesse dato prova di piena adesione al programma di reinserimento sociale.
Lamenta, poi, la scelta della misura custodiale, che dovrebbe essere la estrema ratio, percorribile solo allorquando tutte le altre misure i rivelino inadeguate omettendo qualunque motivazione circa la ragione per cui la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico non sarebbe adeguata.
Il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorrente depositava memoria in data 9 gennaio 2025 con cui, replicando alle conclusioni del PG, chiedeva l’annullamento dell’impugnato provvedimento.
All’udienza le parti insistevano nelle rispettive conclusioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.1 Il primo motivo è infondato.
In tema di ordinanze cautelari personali, è ravvisabile il vizio di motivazione nel caso in cui dal provvedimento del tribunale del riesame non risultino le ragioni
del convincimento su punti rilevanti per il giudizio e siano solamente riproposti brani di intercettazioni telefoniche e/o ambientali o di altri atti processuali con la tecnica del cd. “copia-incolla”, pur se inframmezzati da commenti del giudice (Sez. 4, n. 22694 del 21/04/2023 Rv. 284775).
La necessità di un’autonoma valutazione da parte del giudice delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, richiesta dall’art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., così come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, deve ritenersi assolta quando l’ordinanza, benché redatta con la tecnica del c.d. copiaincolla, accolga la richiesta del P.M. solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice o la diversa graduazione delle misure costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta cautelare, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne, atteso che la modifica normativa vuole evitare una acritica trasposizione della richiesta del P.M. con riferimento alla totalità della stessa e non alla singola imputazione. (Sez. 4, Sentenza n. 31646 del 27/03/2018 Rv. 273429).
Tali essendo i principi espressi da questa Corte in tema di redazione delle ordinanze cautelari con la tecnica del copia-incolla, la lettura dell’ordinanza genetica rende evidente come vi sia stata una valutazione autonoma delle ragioni esposte da PM e un vaglio delle argomentazioni, anche perché il Gip propone una differente qualificazione del fatto, a seguito di quanto emerso dall’interrogatorio del COGNOME, segno che vi è stata una autonoma disamina del materiale probatorio, che ha condotto il giudice per le indagini preliminari ad esprimersi diversamente da quanto fatto dal PM sul punto, ritenendo sussistente il delitto di cui all’art. 1 L. 895/67, anziché quello originariamente contestato di cui all’art. 2 legge cit.
Analogamente l’ordinanza del tribunale, pur facendo riferimento alle argomentazioni della ordinanza genetica che condivide, avanza autonome valutazioni circa la qualificazione del fatto, ritenuta corretta, e circa la sussistenza del dolo, dando risposta alle doglianze esposte in sede di riesame.
1.2 Il secondo motivo è parimenti infondato.
L’art. 292, comma 2-ter, cod. proc. pen. non impone al giudice del riesame l’indicazione di qualsiasi elemento ritenuto favorevole dal difensore, né la confutazione di qualsivoglia argomento difensivo di cui appaia manifesta l’irrilevanza o la pertinenza, restando circoscritto l’obbligo motivazionale alla disamina di specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori, essendo gli ulteriori elementi assorbiti nella valutazione complessiva del giudice che, rilevati i gravi indizi, applica la misura cautelare. (Sez. 1, n. 8236 del 16/11/2018, Rv. 275053)
In proposito si osserva che le argomentazioni contenute nell’ordinanza genetica e nella ordinanza impugnata danno conto del contenuto della consulenza di parte, ma mutuano le valutazioni tecniche conclusive da quelle degli artificieri, che non sono inficiate dalla consulenza balistica di parte, che premette delle valutazioni del tutto opinabili circa la ritenuta evidenza della scarsa qualità della polvere pirotecnica, il confezionamento del tutto artigianale, se non addirittura dilettantistico dell’ordigno, per poi affermare che non si comprende che finalità abbiano il detonatore ovvero la miccia, che sono pacificamente apposti al manufatto.
A tale proposito non si può non richiamare un costante orientamento di questa Corte, che qui si intende ribadire, secondo cui «il detonatore è parte di arma da guerra, nel senso che è parte funzionale all’innesco di carica esplosiva, di talché non può che risultare ininfluente il quantitativo di esplosivo in esso contenuto. Va puntualizzato infatti che il detonatore è un involucro di metallo che ha una funzione rilevantissima durante l’accensione dell’esplosivo d’innesco, poiché impedisce a questo di disperdersi, procedendo ad una vera e propria compressione; il detonatore è un artifizio esplosivo primario contenente una piccola quantità di esplosivo innescato a sua volta da esplosivo primario molto sensibile alla fiamma, la cui esplosione produce pressioni e temperatura molto elevate, in grado di produrre una rottura molecolare nell’esplosivo secondario e così iniziare il processo di detonazione. La natura di tale manufatto da quindi conto della ragionevolezza della sua riconducibilità all’arma da guerra, essendo destinato al confezionamento di ordigni esplosivi parificati alle armi da guerra». (Sez. 1, n. 46256 del 08/11/2012, COGNOME, Rv. 253965)
La consulenza non confuta nemmeno la presenza del magnete che, se da un lato è funzionale ad ancorare l’ordigno ad una parte metallica, dell’altro – però- al momento dell’esplosione proietta i frammenti di magnete in giro, aumentando la micidialità dell’esplosione stessa.
E’ evidente, dunque, dal contenuto delle ordinanze che le conclusioni della consulenza di parte sono del tutto ininfluenti al fine di modificare e escludere la rilevanza penale della condotta, ovvero la sua natura e qualificazione, non essendo di fatto negato – nemmeno dal consulente – che quanto detenuto dall’indagato fosse un ordigno esplosivo.
1.3 Il terzo motivo è infondato.
L’attività di individuazione e rilevamento delle impronte dattiloscopicopapillari, risolvendosi in operazioni urgenti non ripetibili di natura meramente materiale, rientra nella disciplina di cui all’art. 354, comma secondo, cod. proc. pen. e non in quella concernente gli accertamenti tecnici non ripetibili di cui agli artt. 359 e 360 cod. proc. pen., i quali presuppongono attività di carattere
valutativo su base tecnico-scientifica ed impongono il rispetto del contraddittorio e delle correlate garanzie difensive. (Sez. 2, n. 45751 del 08/09/2016 Rv. 268165)
Analogamente, nel caso di specie l’attività di bonifica dell’area dall’ordigno, con prelievo di campioni della polvere per futuri accertamenti, è stata fatta rientrare correttamente nella nozione di accertamento urgente ai sensi dell’art. 354 cod. proc. pen. e non in quella di accertamento tecnico non ripetibile, ex artt. 359 e 360 cod. proc. pen. trattandosi, appunto, di attività certamente urgente e non ripetibile, ma di natura meramente materiale e non valutativa.
In ogni caso il provvedimento impugnato ha dato conto del fatto che l’indagato venne informato della perquisizione, avvisò il difensore che si presentò sul posto, vi si trattenne quindi, benchè invitato a prendere parte alle operazioni di bonifica, decise di allontanarsi.
Pertanto, nessuna violazione delle garanzie difensive si è verificata nel caso in esame
1.4 Il quarto motivo è infondato.
L’ordinanza genetica fa preciso riferimento alla tesi difensiva, secondo cui l’ordigno sarebbe stato fabbricato per festeggiare il compleanno della fidanzata del Lerino, per rilevare l’assoluta irrilevanza di tale circostanza, poiché la condotta penalmente rilevante prescinde dalla finalità per cui l’ordigno è stato fabbricato, ovvero detenuto.
Infatti, l’elemento sbggettivo dei reati di detenzione e vendita di prodotti esplosivi si concreta nella consapevolezza di detenerli e porli in vendita in contrasto con le prescrizioni di legge e perciò è sufficiente il dolo generico che prescinde dal fine specifico che l’agente si proponga di raggiungere con la sua condotta illecita (Sez. 1, n. 7995 del 07/04/1982 Rv. 155080).
1.5 II quinto motivo è infondato.
In tema di misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza. (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891)
L’ordinanza genetica fornisce ampia giustificazione circa il pericolo di reiterazione di fatti analoghi, desunto dai precedenti specifici e dal fatto che NOME detenesse l’ordigno in costanza di sottoposizione alla misura dell’affidamento in
prova al servizio sociale : dunque i giudici di merito, al fine di valutare le esigenze cautelari, hanno valutato la condotta tenuta dal COGNOME, rapportandola al contesto socio-ambientale e alla personalità del soggetto, per come desumibile anche dai precedenti e, a quel punto, hanno formulato una prognosi circa la possibilità di condotte reiterative.
Analogamente, la motivazione circa la ragione per cui non è stata ritenuta idonea la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari è ampia e convincente, del resto è incontestato che l’ordigno fosse detenuto proprio presso l’abitazione dell’indagato.
Il ricorso deve esse rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali; lo stato detentivo del ricorrente impone gli obblighi di comunicazione di cui all’art. 94 primo comma ter disp. att. cod. proc. pen.
PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. , Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, Kim/3 commavter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente