Detenzione Munizioni da Guerra: La Consapevolezza è Sufficiente per la Condanna
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di detenzione munizioni da guerra, ribadendo un principio fondamentale sull’elemento psicologico del reato. La pronuncia chiarisce che la semplice consapevolezza di possedere materiale bellico è sufficiente per integrare il dolo richiesto dalla legge, rendendo la condanna inevitabile. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Enna per il reato previsto dall’art. 2 della legge 895/1967, a causa del ritrovamento di munizioni da guerra nella sua abitazione. La pena inflitta era stata di sei mesi di reclusione e 1.000 euro di multa. La sentenza era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, basandosi su un unico motivo: un presunto vizio di illogicità della motivazione. Nello specifico, la difesa sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel ritenere provato l’elemento psicologico del reato, ovvero il dolo generico.
La Questione Giuridica sul Dolo nella Detenzione Munizioni da Guerra
Il punto cruciale del ricorso verteva sulla sussistenza del dolo. L’imputato non negava la presenza materiale delle munizioni, ma contestava la volontà colpevole di commettere il reato. La difesa riteneva che la Corte d’Appello non avesse motivato in modo adeguato sul perché la semplice presenza degli oggetti in casa dovesse automaticamente tradursi in una volontà criminale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione ha comportato la conferma definitiva della condanna e l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
I giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso inammissibile per la sua genericità. In sostanza, la difesa si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte con motivazione congrua e logica dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha evidenziato due punti fondamentali a sostegno della decisione dei giudici di merito:
1. Piena Disponibilità e Consapevolezza: Le munizioni da guerra erano state rinvenute in un ambiente domestico, quindi nella piena ed esclusiva disponibilità dell’imputato. Inoltre, lo stesso imputato aveva ammesso di essere a conoscenza della loro presenza. Questo, secondo la Corte, è un elemento fattuale decisivo che dimostra la coscienza e la volontà di detenere il materiale illecito.
2. Irrilevanza dell’Ignoranza della Legge: La Corte ha richiamato il principio sancito dall’art. 5 del codice penale, secondo cui l’ignoranza della legge penale non scusa, a meno che non sia inevitabile. Nel caso di specie, non vi era alcun elemento per sostenere che l’imputato non potesse essere a conoscenza del carattere illecito della sua condotta.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un orientamento consolidato in materia di reati legati alle armi e munizioni. Per configurare il delitto di detenzione munizioni da guerra, non è necessario provare un fine specifico (come l’intenzione di usarle), ma è sufficiente il cosiddetto ‘dolo generico’. Quest’ultimo si considera integrato quando il soggetto è consapevole di avere la disponibilità materiale dell’oggetto illecito. La decisione sottolinea come, una volta accertata la consapevolezza, sia estremamente difficile per l’imputato invocare una scusante, come la presunta ignoranza della norma penale.
È sufficiente sapere di avere delle munizioni in casa per essere condannati per la loro detenzione illegale?
Sì, secondo l’ordinanza, la consapevolezza della presenza delle munizioni nella propria disponibilità è sufficiente per integrare l’elemento psicologico del reato (dolo generico), portando a una condanna.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione è considerato ‘generico’?
Un ricorso generico, che si limita a ripetere argomenti già affrontati e risolti nei gradi di merito senza individuare vizi specifici nella sentenza impugnata, viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Posso essere assolto se non sapevo che detenere quelle munizioni fosse un reato?
No, la Corte ha ribadito il principio secondo cui l’ignoranza della legge penale non è una scusante valida (‘ignorantia legis non excusat’), a meno che tale ignoranza non sia dimostrata come ‘inevitabile’, una condizione che non ricorreva nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3234 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3234 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MAZZARINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la pronuncia con cui il Tribunale di Enna aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 2 legge 895 del 1967, e lo aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed C 1.000 di multa.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, deducendo come unico motivo violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte ha ritenuto sussistente, in capo al COGNOME, l’elemento psicologico del reato e il dolo generico.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per genericità dei motivi, in quanto meramente reiterativo di doglianze già affrontate e risolte – con congrua motivazione – in sede di merito.
Deve, in proposito, rilevarsi che sul tema proposto, la Corte d’appello si è intrattenuta con una motivazione immune da censure, osservando da un lato come le munizioni da guerra oggetto dell’imputazione fossero state rinvenute in ambienti domestici nella piena disponibilità dell’imputato, il quale aveva ammesso di essere consapevole della loro presenza; dall’altro richiamando il principio di cui all’art. 5 cod. pen., non essendo nella specie invocabile l’ignoranza della legge penale inevitabile.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2023.