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Detenzione monete false: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per la detenzione di monete false. La condanna si basava su forti indizi, nonostante la banconota da 20 euro fosse nascosta nel parasole di un’auto non di sua proprietà. La Corte ha stabilito che la colpevolezza può essere provata “oltre ogni ragionevole dubbio” anche solo tramite presunzioni, purché gravi, precise e concordanti. È stata inoltre respinta la richiesta di applicazione dell’attenuante per il danno di lieve entità.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione monete false: quando gli indizi bastano per la condanna?

La recente sentenza n. 2490/2024 della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di detenzione monete false, chiarendo i confini della prova indiziaria e il principio del “oltre ogni ragionevole dubbio”. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un uomo, ritenendo sufficienti una serie di elementi presuntivi per affermarne la responsabilità, anche se la banconota contraffatta non era in suo diretto possesso. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I fatti del caso: la banconota nascosta nell’auto

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello di Trento. L’imputato era stato riconosciuto colpevole del reato previsto dagli artt. 453-455 del codice penale per aver detenuto, al fine di metterla in circolazione, una banconota falsa da 20,00 euro.

La particolarità della vicenda risiede nelle circostanze del ritrovamento. La banconota non era sulla persona dell’imputato, ma nel taschino dell’aletta parasole di un’auto che stava guidando, veicolo peraltro intestato a un’altra persona. Il controllo era scattato circa 45 minuti dopo che un soggetto non identificato aveva tentato di spendere una banconota falsa in un negozio, allertando le forze dell’ordine.

La decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione

I giudici di merito avevano fondato la condanna su una serie di indizi:
* La consapevolezza dell’imputato, desunta dal suo comportamento (accelerazione alla vista dei Carabinieri).
* Il tentativo di dialogare in lingua straniera con la passeggera per non farsi comprendere dai militari.
* Il collegamento con un precedente tentativo di spesa di una banconota falsa da parte dello stesso imputato, segnalato da un commerciante.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando che la condanna fosse basata unicamente su presunzioni, senza considerare ipotesi alternative e violando il principio del “oltre ogni ragionevole dubbio”. Contestava inoltre il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità, data l’esiguità del valore della banconota.

Le motivazioni della Cassazione sulla detenzione di monete false

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni manifestamente infondate. Secondo gli Ermellini, il ricorso non mirava a denunciare un vizio di legge, ma a ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti, già adeguatamente ponderati dai giudici di merito.

La Suprema Corte ha ribadito che la motivazione della sentenza d’appello era logica, coerente e priva di vizi. Gli elementi evidenziati (la reazione alla vista delle forze dell’ordine, la comunicazione in lingua straniera, il collegamento con il precedente tentativo di spesa) costituivano un quadro indiziario solido, sufficiente a dimostrare la consapevolezza e la disponibilità della banconota falsa da parte dell’imputato. Riguardo al principio del “ragionevole dubbio”, la Corte ha specificato che un’ipotesi alternativa, per essere valida, deve essere “ragionevole”, cioè trovare conforto nella logica e negli atti processuali, e non può basarsi su mere congetture.

Anche il secondo motivo, relativo alla mancata concessione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.), è stato respinto. La Corte ha ricordato che, sebbene applicabile ai reati contro la fede pubblica, la sua concessione richiede una valutazione concreta della modestia dell’offesa al bene giuridico tutelato. La decisione dei giudici di merito di negarla era stata motivata in modo non contraddittorio e, pertanto, non era sindacabile in sede di legittimità.

Le conclusioni: i principi affermati dalla Corte

Con la sentenza n. 2490/2024, la Corte di Cassazione consolida due importanti principi. In primo luogo, una condanna per detenzione monete false può legittimamente fondarsi su prove indiziarie, a condizione che queste siano gravi, precise e concordanti e che la loro valutazione sia immune da vizi logici. La semplice presenza di una banconota in un veicolo, unita a un comportamento sospetto e ad altri elementi contestuali, può essere sufficiente a superare la presunzione di innocenza. In secondo luogo, il dubbio che porta all’assoluzione non è qualsiasi dubbio, ma solo quello “ragionevole”, che si fonda su ipotesi alternative concrete e plausibili, non su mere speculazioni. Infine, l’esiguo valore facciale della moneta contraffatta non garantisce di per sé l’applicazione dell’attenuante del danno lieve, la cui valutazione è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito.

È possibile essere condannati per detenzione di monete false se la banconota non è sulla propria persona ma in un’auto non di proprietà?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la condanna è legittima se basata su una serie di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti che dimostrano la consapevolezza e la disponibilità della banconota da parte dell’imputato, come l’aver accelerato alla vista delle forze dell’ordine e il precedente tentativo di spesa.

Un’ipotesi alternativa sulla provenienza della banconota falsa può invalidare la condanna?
No, non necessariamente. La Corte ha chiarito che il dubbio che può portare a un’assoluzione deve essere “ragionevole”, cioè basato su elementi logici e concreti. Un’ipotesi puramente congetturale e non supportata da prove non è sufficiente a superare una ricostruzione accusatoria fondata su solidi indizi.

La detenzione di una sola banconota falsa di piccolo taglio (20 euro) dà diritto all’attenuante del danno di speciale tenuità?
Non automaticamente. Sebbene l’attenuante sia applicabile in astratto ai reati contro la fede pubblica, la sua concessione dipende da una valutazione complessiva che considera non solo il lucro (conseguito o sperato) ma anche l’offesa al bene giuridico tutelato. La Corte d’Appello ha negato l’attenuante con una motivazione ritenuta logica e non contraddittoria dalla Cassazione, rendendo la decisione incensurabile in quella sede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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