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Detenzione monete contraffatte: il dolo specifico

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 36199/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per detenzione di monete contraffatte. La Corte ha ribadito che il dolo specifico, ovvero l’intenzione di mettere in circolazione le banconote false, può essere desunto da elementi sintomatici, come il silenzio dell’imputato sulla provenienza del denaro e la mancanza di una spiegazione lecita per il suo possesso.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Monete Contraffatte: La Prova del Dolo Specifico e il Silenzio dell’Imputato

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata su un caso di detenzione monete contraffatte, offrendo importanti chiarimenti su come la giustizia valuta l’intenzione criminale dell’imputato. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno confermato che il ‘dolo specifico’ – ovvero la precisa volontà di spendere il denaro falso – può essere provato anche attraverso il comportamento dell’accusato, in particolare la sua incapacità di fornire una spiegazione plausibile sul possesso delle banconote.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di una donna da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte di Appello di Roma per i reati di detenzione di monete contraffatte (art. 455 c.p.) e truffa (art. 640 c.p.). La pena inflitta era di un anno e sette mesi di reclusione e 280 euro di multa, con il beneficio della pena sospesa. L’imputata ha presentato ricorso per Cassazione, contestando la valutazione dei giudici di merito riguardo alla sua colpevolezza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le motivazioni addotte manifestamente infondate. Secondo gli Ermellini, la Corte di Appello ha correttamente applicato i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia.

Le Motivazioni: Il Ruolo del Dolo Specifico nella Detenzione di Monete Contraffatte

Il cuore della decisione risiede nell’analisi del dolo specifico richiesto per il reato di cui all’art. 455 c.p. Per essere condannati, non è sufficiente essere trovati in possesso di denaro falso; è necessario dimostrare che l’agente avesse l’intenzione di metterlo in circolazione, pur avendolo ricevuto in malafede (cioè, sapendo che era falso).

La Corte chiarisce che questa intenzione non necessita di una confessione o di prove dirette. Può essere liberamente desunta, purché in modo logico, da qualsiasi elemento sintomatico. Nel caso specifico, due fattori sono stati considerati decisivi:

1. L’assenza di qualsiasi indicazione sulla provenienza delle banconote: L’imputata non ha fornito alcuna spiegazione su come fosse entrata in possesso del denaro contraffatto.
2. La mancanza di un fine lecito per la detenzione: Non è stato indicato alcun motivo legittimo per cui la donna tenesse con sé quelle banconote.

Questi elementi, definiti ‘sintomatici e convergenti’, diventano indizi gravi, precisi e concordanti che, valutati insieme ad altri fattori, permettono al giudice di ritenere provato il dolo specifico di voler mettere in circolazione il denaro.

Le Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso

A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali. Inoltre, è stata condannata a versare una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che si aggiunge quando un ricorso viene respinto per manifesta infondatezza.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel processo penale, anche il silenzio o l’incapacità di fornire una giustificazione credibile possono avere un peso significativo. Per il reato di detenzione monete contraffatte, non fornire una spiegazione logica sulla loro origine equivale a un forte indizio della volontà di utilizzarle illegalmente. La decisione sottolinea come la prova del dolo possa essere raggiunta per via indiziaria, valorizzando elementi logici e comportamentali che, messi insieme, creano un quadro accusatorio solido e coerente.

Quando si configura il reato di detenzione di monete contraffatte per metterle in circolazione?
Il reato si configura quando un soggetto, dopo aver ricevuto banconote false in malafede, le detiene con l’intenzione specifica di metterle in circolazione.

Come può essere provata l’intenzione (dolo specifico) di mettere in circolazione banconote false?
L’intenzione può essere provata attraverso qualsiasi elemento sintomatico, purché valutato logicamente. Secondo la Corte, il silenzio dell’imputato sull’origine delle banconote e l’assenza di un fine lecito per la loro detenzione sono elementi rilevanti per dimostrare il dolo.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso palesemente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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