Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13558 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13558 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in CINA il 27/08/1981
avverso l’ordinanza del 27/12/2024 del TRIBUNALE di L’Aquila udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27 dicembre 2024 il Tribunale del riesame di L’Aquila ha confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di L’Aquila di convalida del sequestro preventivo disposto d’urgenza dalla polizia giudiziaria di 20.848 pezzi di materiale esplodente conservato nell’esercizio commerciale di Yinhai Zhu.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’indagato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi, di seguito esposti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce difetto del fumus boni iuris del reato di cui all’art. 678 cod. pen., in quanto non si comprendeva quale e quanto fosse il materiale infiammabile.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 678 cod. pen., perchØ all’esercizio del ricorrente si applicano le norme previste per la prevenzione incendi, trattandosi di una media struttura di vendita dotata di certificato di prevenzione incendi
Con il terzo motivo deduce difetto del periculum in mora, poichØ le indicazioni del certificato di prevenzione incendi erano state rispettate e non c’era pericolo nel continuare a detenere i beni sequestrati.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con nota scritta il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale ed insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Il primo motivo, che contesta la esistenza del fumus boni iuris quanto all’esistenza del reato di cui all’art. 678 cod. pen., Ł manifestamente infondato.
E’ stata impugnata una ordinanza del Tribunale del riesame che ha deciso su un decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari. Si tratta, pertanto, di una materia in cui il ricorso Ł ammesso soltanto per violazione di legge per effetto del combinato disposto degli artt. 322, comma 1, e 325, comma 1, cod. proc. pen.
L’art. 322, comma 1, cod. proc. pen. dispone, infatti, che ‘contro il decreto di sequestro emesso dal giudice l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell’articolo 324’.
E l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., dispone, a sua volta, che ‘contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge’.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che ‘in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice’ (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.c. COGNOME in proc. COGNOME, Rv. 226710 – 01).
Nel caso in esame, siamo del tutto al di fuori della violazione di legge, atteso che l’elemento oggettivo e soggettivo del reato di cui all’art. 678 cod. pen. si sostanzia nella mera detenzione, senza le prescritte cautele, del materiale pirotecnico in sequestro, e la motivazione dell’ordinanza impugnata che motiva l’esistenza del fumus sulla base della descrizione dei luoghi, ed in particolare delle condizioni dell’esercizio commerciale gestito dal ricorrente, contenuta nell’annotazione di polizia giudiziaria, unitamente a quanto si dirà con riferimento al motivo successivo sulla violazione delle regole cautelari nella detenzione della merce, non si presta ad essere censurata come motivazione omessa o apparente sull’esistenza del fumus della commissione del reato, contenendo tutto ciò che serve per spiegare alla parte le ragioni per cui Ł stata ritenuta l’esistenza dello stesso, senza che possa rilevare, in un ricorso per violazione di legge, la visibilità o meno della documentazione fotografica allegata all’annotazione, che Ł soltanto di corredo alla prova del fumus che Ł costituita da ciò che hanno visto i militari che sono entrati nell’esercizio commerciale e che gli stessi hanno riferito nell’annotazione in atti.
E’ infondato anche il secondo motivo, dedicato all’erronea applicazione del d.m. 4 giugno 2014.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto violato l’art. 1, comma 1-bis, primo periodo, d.m. 4 giugno 2014, che, per gli esercizi commerciali non muniti della licenza per la minuta vendita di esplosivi, dispone che Ł ammessa ‘la detenzione, in un locale dove non Ł permesso l’accesso al pubblico, fino a complessivi kg 150 netti degli articoli pirotecnici di cui alla lettera a), purchØ conservati negli imballi di trasporto approvati e posti a distanza di 2 metri da altra merce oppure ad un metro con interposizione di materiale di classe zero di reazione al fuoco, e ci sia una distribuzione pari a 3,5 Kg per m‡’, prescrizioni pacificamente non rispettate nel caso in esame, atteso che nell’annotazione di polizia giudiziaria, che Ł stata anche allegata al ricorso, si legge che ‘i militari operanti constatavano che tutto il materiale pirotecnico era stoccato dentro vari scatoloni di cartone aperti, appoggiati a terra, in modo del tutto casuale, tra altri contenitori di cartone tenenti materiali infiammabile, (…)’.
Il ricorso deduce che tale norma del primo periodo non sarebbe applicabile, perchØ all’esercizio commerciale in parola sarebbe applicabile, invece, il terzo periodo dello stesso comma, che prevede che ‘per le attività commerciali che rientrano nel punto 69 dell’Allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, per il locale si applicano le specifiche disposizioni di prevenzione incendi’.
Il motivo Ł infondato.
Si preferisce riportare per intero il testo dell’art. 1, comma 1-bis, d.m. 4 giugno 2014, che dispone che: ‘Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’art. 18, comma 1, del decreto legislativo 4 aprile 2010, n. 58, e fermo restando quanto previsto dal comma 7 del medesimo art. 18 per gli articoli pirotecnici ivi indicati, negli esercizi commerciali non muniti della licenza per la minuta vendita di esplosivi di cui all’art. 47 del T.U.L.P.S. e al capitolo VI dell’allegato B al regolamento T.U.L.P.S. sono consentite: (…) b) la detenzione, in un locale dove non e’ permesso l’accesso al pubblico, fino a complessivi kg 150 netti degli articoli pirotecnici di cui alla lettera a), purche’ conservati negli imballi di trasporto approvati e posti a distanza di 2 metri da altra merce oppure ad un metro con interposizione di materiale di classe zero di reazione al fuoco, e ci sia una distribuzione pari a 3,5 Kg per m‡. Per le attivita’ commerciali che non rientrano nel punto 69 dell’Allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, il locale deve essere dotato di un idoneo apparecchio portatile di estinzione incendi e l’accesso al locale, che puo’ avvenire anche attraverso l’area di vendita, deve avvenire tramite porta incombustibile. Per le attivita’ commerciali che rientrano nel punto 69 dell’Allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, per il locale si applicano le specifiche disposizioni di prevenzione incendi.”.
La lettera b) del comma 1-bis citato si compone, pertanto, di tre periodi: il primo indica le cautele generiche relative alle modalità di conservazione degli artifici pirotecnici che devono essere osservate da tutte le strutture di vendita; il secondo ed il terzo periodo dettano poi cautele specifiche relative alla strumentazione di cui deve disporre il locale, e prevedono una bipartizione di disciplina, perchØ per gli esercizi commerciali non soggetti all’obbligo di certificato di prevenzione incendi prevedono l’obbligo di dotarsi di idoneo apparecchio portatile di estinzione incendi e di porta incombustibile di accesso al locale in cui sono detenuti i fuochi di artificio (secondo periodo), per gli esercizi commerciali che sono soggetti all’obbligo di certificato di prevenzione incendi prevedono che sia sufficiente l’esistenza di tale certificato (terzo periodo).
Il ricorso sostiene che per gli esercizi commerciali che sono soggetti all’obbligo di certificato di prevenzione incendi la prescrizione del terzo periodo escluderebbe l’applicabilità di quella del primo periodo contenente le cautele generiche di conservazione della merce, ma si tratta di una interpretazione non corretta. Le norme del secondo e del terzo periodo sono, infatti, in rapporto di
reciproca esclusione tra loro, perchØ una struttura commerciale o rientra nel punto 69 dell’allegato I del d.p.r. n. 151 del 2011 (ed allora si applica il terzo periodo) oppure non vi rientra (ed allora si applica il secondo periodo); non esiste una terza categoria di strutture commerciali che non rientra nØ nell’una disposizione nØ nell’altra e cui potrebbe essere applicato il primo periodo. Ne consegue che l’interpretazione che propone il ricorrente comporterebbe l’abrogazione implicita del primo periodo del comma 1-bis, che resterebbe privo di qualsiasi applicazione concreta.
D’altronde, le prescrizioni del primo periodo sono completamente diverse da quelle del secondo e del terzo periodo perchØ riguardano le modalità di conservazione della merce laddove quelle del secondo ed il terzo periodo riguardano la strumentazione di cui deve disporre il locale, talchØ si tratta di prescrizioni che non confliggono tra loro e che ben possono essere, pertanto, cumulative, e non alternative.
Ne consegue che la ricostruzione corretta del sistema comporta che le cautele generiche nella conservazione della merce (in zona non accessibile al pubblico, in scatoloni chiusi, distanziata da altra merce) si applichino a tutti gli esercizi commerciali, mentre le cautele ulteriori della porta non infiammabile e della presenza di un estintore si applichino soltanto alle strutture che non sono soggette all’obbligo di un certificato di prevenzione incendi.
Il motivo di ricorso Ł, pertanto, infondato.
Il terzo motivo Ł dedicato al periculum in mora.
Il ricorso deduce che non c’era pericolo nel continuare a detenere i beni sequestrati, posto che il locale dispone del certificato di prevenzione incendi.
Il motivo Ł infondato. Come si Ł visto esaminando il motivo precedente, il possesso del certificato di prevenzione incendi non Ł sufficiente a far ritenere rispettate le cautele.
Peraltro, va anche osservato che siamo in presenza di un ricorso per violazione di legge, e che la motivazione dell’ordinanza impugnata, secondo cui sussiste il concreto rischio di esplosioni o incendi vista anche la presenza di materiale infiammabile all’interno del magazzino, non può essere considerata meramente apparente, in quanto indica in modo chiaro quale Ł il pericolo derivante dalla libera disponibilità del bene sequestrato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 27/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME