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Detenzione inumana: ricorso inammissibile se infondato

Un detenuto ha presentato ricorso per le presunte condizioni di detenzione inumana in un istituto penitenziario, lamentando lo spazio insufficiente in cella e la mancanza d’acqua. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione si basa sul fatto che il tribunale di sorveglianza aveva già accertato che lo spazio disponibile era variabile ma sufficiente (da 4,5 a 9 mq) e che la carenza d’acqua era dovuta a un razionamento orario esteso a tutto il comune, non a una negligenza della struttura. Il ricorso è stato giudicato generico e riproduttivo di censure già respinte, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Inumana: Quando il Ricorso è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione

Il concetto di detenzione inumana rappresenta un principio cardine nella tutela dei diritti fondamentali della persona privata della libertà. Tuttavia, per far valere tale diritto in sede giudiziaria, non è sufficiente una generica lamentela. Come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, il ricorso deve essere specifico, ben motivato e non meramente riproduttivo di argomentazioni già esaminate. In caso contrario, il rischio è una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna alle spese.

Il Caso: Reclamo per le Condizioni Carcerarie

Un detenuto aveva proposto reclamo per ottenere un risarcimento a causa delle condizioni di detenzione, a suo dire inumane, sofferte presso la casa circondariale di Augusta. Le censure si concentravano su due aspetti principali: lo spazio vitale all’interno della cella, ritenuto insufficiente, e la presunta mancanza di fornitura di acqua.

Il Tribunale di Sorveglianza, in prima istanza, aveva rigettato il reclamo. A seguito di tale decisione, il detenuto ha proposto ricorso per cassazione, insistendo sulle medesime doglianze.

L’Analisi della Cassazione sul Ricorso per Detenzione Inumana

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione non entra in un nuovo esame dei fatti, ma si concentra sulla struttura e sul contenuto del ricorso stesso, ritenendolo carente sotto profili cruciali. Secondo i giudici, l’impugnazione si limitava a riproporre le stesse questioni già vagliate e respinte dal Tribunale di Sorveglianza, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della decisione impugnata.

Questo approccio rende il ricorso un mero atto formale, privo della necessaria specificità richiesta per attivare una revisione da parte della Corte di legittimità. In sostanza, il ricorrente non ha spiegato perché la valutazione del primo giudice fosse errata, ma si è limitato a ripetere la propria versione dei fatti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su alcuni punti fermi. In primo luogo, ha evidenziato come il Tribunale di Sorveglianza avesse condotto un’istruttoria adeguata, basandosi sulle informazioni fornite dall’Amministrazione penitenziaria. Da tale istruttoria era emerso che:

1. Spazio in Cella: Lo spazio a disposizione del detenuto non era fisso, ma variava da 9 metri quadrati (quando si trovava da solo) a 4,5 metri quadrati (in presenza di un altro compagno di cella). Questi valori sono stati ritenuti, nel contesto generale, non sufficienti a integrare di per sé una violazione.
2. Fornitura Idrica: La presunta mancanza d’acqua non era un problema specifico dell’istituto penitenziario né una negligenza dell’amministrazione. Si trattava, invece, di un razionamento orario dell’erogazione idrica che affliggeva l’intero comune di Augusta a causa di problematiche strutturali dell’impianto idrico comunale. La condizione, pertanto, era condivisa da tutti i cittadini e non costituiva un trattamento degradante mirato ai detenuti.

Il ricorso, non contestando in modo puntuale e documentato questi accertamenti di fatto, si è rivelato inefficace e, quindi, manifestamente infondato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi intende agire in giudizio per la tutela dei propri diritti: la specificità e la concretezza delle argomentazioni sono essenziali. Un ricorso per detenzione inumana non può basarsi su affermazioni generiche. È necessario contestare punto per punto le motivazioni della decisione che si impugna, offrendo elementi di prova o argomenti giuridici idonei a dimostrarne l’erroneità. In caso contrario, l’impugnazione è destinata a essere dichiarata inammissibile, con l’ulteriore conseguenza, come in questo caso, della condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per aver promosso un ricorso palesemente infondato, aggravando inutilmente il lavoro della giustizia.

Un ricorso per detenzione inumana può essere dichiarato inammissibile?
Sì, un ricorso può essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza se risulta generico, non si confronta specificamente con le motivazioni della decisione impugnata e si limita a riproporre argomenti già valutati e correttamente respinti dal giudice precedente.

Lo spazio in cella inferiore a una certa soglia è sempre considerato trattamento inumano?
Dal provvedimento si evince che la valutazione dello spazio è un elemento cruciale. In questo caso, uno spazio variabile tra 9 mq (in cella singola) and 4,5 mq (in cella doppia) è stato ritenuto, nel contesto della decisione impugnata, non sufficiente a configurare un trattamento inumano, specialmente perché il ricorso non ha efficacemente contestato tale valutazione di fatto.

La carenza d’acqua in carcere costituisce sempre detenzione inumana?
Non necessariamente. Nel caso esaminato, la Corte ha dato rilievo al fatto che la limitazione della fornitura d’acqua era dovuta a un razionamento orario applicato a tutta la cittadinanza per problemi all’impianto idrico comunale. Essendo una problematica generale e non una negligenza specifica dell’amministrazione penitenziaria, non è stata considerata un trattamento inumano o degradante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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