Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22437 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22437 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (CODICE_FISCALE nato il 26/09/1977
avverso la sentenza del 09/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, in data 9 ottobre 2024, ha confermato la sentenza emessa dal Gip del Tribunale locale con la quale NOME Yu è stata ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 73, co. 1 e 4, e 80, co. 2, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 per avere detenuto, all’interno del proprio domicilio, 15 buste di cellophane contenenti 15,742 chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana nonché 4 bustine contenenti sostanza dello stesso tipo per complessivi 414 grammi.
Il rinvenimento dello stupefacente è avvenuto in occasione della perquisizione svolta durante l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’odierna ricorrente per il reato di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, anche in virtù del forte odore di cannabinoidi percepito dagli operanti non appena entrati in casa.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso affidato a otto motivi:
3.1. Con il primo si deduce la mancata assoluzione della ricorrente con la formula dubitativa, alla luce delle dichiarazioni rese dal teste NOME COGNOME Costui, dopo aver premesso che la stanza della ricorrente era accessibile a terzi, ha riferito che le buste contenenti lo stupefacente sarebbero state lasciate da un connazionale di nome NOME COGNOME Dette dichiarazioni sono state ritenute inattendibili sulla scorta di non meglio precisati motivi di “riconoscenza”.
3.2 Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione e travisamento della prova. La difesa ha dimostrato tramite il teste NOME che la stanza della ricorrente era accessibile agli ospiti della abitazione che vi si trattenevano spesso per brevi periodi e senza un controllo diretto da parte dell’imputata. Sia il teste che l’imputata hanno indicato il presunto responsabile della detenzione della droga fornendo anche una copia del documento di identità del suddetto. La Corte ha ritenuto inattendibili dette dichiarazioni senza motivare tale giudizio. E’ forzato e meramente ipotetico il giudizio espresso in relazione al rinvenimento, ad opera dei familiari della Yu, del documento di NOME COGNOME all’interno dell’abitazione della ricorrente dopo che era stata eseguita la perquisizione da parte degli operanti. Nessun obbligo processuale impone alla difesa il deposito di
documenti nel fascicolo del giudice se non con le modalità indicate dall’art. 495 cod. proc. pen.
Lamenta la difesa il travisamento della prova in merito alle dichiarazioni dell’imputata e alla loro credibilità oltre che l contraddittorietà rispetto a quanto affermato dalla YU in occasione dell’interrogatorio di garanzia.
La Corte ha ritenuto contraddittorie le dichiarazioni rese dalla Yu rilevando, a dispetto del principio di oralità che la donna avesse in sede di interrogatorio di garanzia affermato che le erano stati corrisposti 300 euro per tenere le buste mentre, in dibattimento ha riferito che detta somma era l’importo dovuto dal suo connazionale, per alloggiare presso l’abitazione. Il fatto poi che il soggetto indicato dalla ricorrente abbi deciso di non continuare a pernottare presso l’abitazione di costei non può trovare ingresso nella motivazione trattandosi di circostanza neutra non addebitabile all’imputata.
3.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge e in specie dell’art. 80 d.P.R. 309/90 essendo stata ritenuta la circostanza aggravante della ingente quantità, senza considerare il grado di purezza della sostanza sequestrata e in mancanza di prove circa una attività di spaccio organizzata.
3.4. Con il quarto motivo la difesa si duole del mancato riconoscimento della ipotesi attenuata di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. ci t.
3.5 Con il quinto motivo si contesta l’inosservanza delle norme di legge in merito all’onere della prova non essendo stata dimostrata la consapevolezza del possesso della droga che, nel caso in esame, è stata desunta esclusivamente dalla presenza della droga nella stanza della ricorrente.
3.6. Con il sesto motivo la difesa si duole del vizio di motivazione in merito alla valutazione delle prove a discarico. La Corte ha liquidato le dichiarazioni del teste NOME COGNOME come inattendibili senza considerare la coerenza interna delle sue affermazioni e il fatto che queste siano state corroborate dal dato oggettivo del riconoscimento del documento di identità di NOME COGNOME
3.7 Con il settimo motivo si contestano i criteri di valutazione della prova ex art. 192 cod. proc. pen. essendo stata attribuita all’imputata la responsabilità del reato in contestazione basandosi su presunzioni prive di riscontri oggettivi.
3.8 Con l’ottavo motivo la difesa si duole della eccessività del trattamento sanzionatorio e del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche avuto riguardo allo stato di incensuratezza dell’imputata e della sua condizione personale.
Il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Va, innanzitutto, premesso che il ricorso è meramente reiterativo delle doglianze già svolte con l’atto di appello, cui la Corte territoriale ha offerto una non incongrua né manifestamente illogica risposta; inoltre i motivi sono costruiti in fatto e mirano, a fronte di una c.d. doppia conforme, a una ricostruzione diversa dell’accaduto, alla luce della quale la Yu non avrebbe avuto neppure conoscenza del contenuto delle buste che un occasionale ospite avrebbe lasciato presso la sua abitazione.
Dalla ricostruzione operata nelle conformi sentenze di merito si evince che presso l’abitazione della ricorrente (composta da un ingresso, un corridoio, una cucina, un bagno, una camera all’interno della quale vi erano tre cittadini cinesi e una in fondo che era la stanza da letto della YU) e in particolare della sua stanza da letto, dietro un divano, erano rinvenute due buste di tela e una busta di plastica verde contenenti circa 16 chilogrammi di marijuana che venivano rinvenuti dagli operatori i quali appena entrati in casa udivano il forte odore che dalla stessa proveniva. Sempre dietro il divano era rinvenuto un rotolo di colore nero e uno trasparente e sul divano una bilancia con portata massima di 40 chilogrammi e in un mobiletto, posto di fronte, altro bilancino con portata massima di cinque chilogrammi.
Dalla perizia eseguita sulla sostanza stupefacente è emerso che avuto riguardo al principio attivo contenuto nella sostanza era possibile ricavare 94.243 dosi medie singole.
Quanto ai motivi 1), 2), 6) e 7) va rilevato che le sentenze di merito, “conformemente”, hanno valutato le dichiarazioni rese dall’imputata e dal teste come inattendibili, nella parte in cui costoro hanno riferito che la droga, rinvenuta presso l’abitazione della Yu, fosse stata lasciata in casa 1
da un connazionale del quale veniva prodotta una fotografia apposta sulla fotocopia del passaporto a lui intestato. L’uomo, secondo quanto riferito, avrebbe affittato un posto letto nell’abitazione dell’imputata corrispondendole 300 euro e lasciando copia del documento per poi andare via non senza chiedere di lasciare in casa le buste. Dette dichiarazioni sono state ritenute poco credibili con motivazione affatto illogica.
E’ stato evidenziato che lo stupefacente e il resto del materiale atto al confezionamento era stato rinvenuto nella camera da letto della ricorrente; che nella stanza erano stati rinvenuti solo documenti ed effetti personali della Yu.
La spiegazione alternativa prospettata è stata ritenuta “priva di ogni credibilità”. In proposito è stata evidenziata la contraddittorietà della versione offerta dall’imputata nel corso dell’esame dibattimentale con la versione offerta nell’interrogatorio di garanzia laddove la donna ha dichiarato che il sedicente NOME COGNOME le avrebbe consegnato 300 euro per custodire le buste salvo, in dibattimento, affermare che il denaro che il connazionale le aveva corrisposto per “il posto letto” benché la stessa avesse detto che il pagamento era anticipato solo quando era intendimento dell’ospite soggiornare per lunghi periodi. Per contro, quel cittadino cinese si sarebbe trattenuto solo poche notti.
La Corte ha ritenuto inattendibile la versione offerta da NOME COGNOME ospite della Yu, irregolare sul territorio in quanto gli era stato negato i permesso di soggiorno e che avrebbe continuato a trattenersi presso l’abitazione di costei anche dopo il suo arresto.
I giudici di merito hanno tratto elementi di inattendibilità anche dalle modalità con le quali si sarebbe giunti al “proprietario” dello stupefacente evidenziando come, in occasione dell’arresto della ricorrente, era stata eseguita perquisizione all’esito della quale non è stata sottoposta a sequestro alcuna fotocopia di documenti di riconoscimento diversi da quelli dell’imputata. E’ stato richiamato anche l’esame del luogotenente COGNOME il quale ha escluso di avere visto, durante la perquisizione, la fotocopia del documento intestato a NOME COGNOME che sarebbe stata rinvenuta da un nipote dell’imputata, successivamente al suo arresto, per essere consegnata al difensore e senza essere prodotta durante le indagini preliminari.
La Corte ha, inoltre, argomentato come contrario ad ogni logica sarebbe stato il contegno tenuto dal sedicente NOME COGNOME il quale avrebbe lasciato un così ingente quantitativo di droga in una abitazione presso la
quale non solo non aveva alcun rapporto privilegiato ma soprattutto che sapeva essere frequentata da decine di suoi connazionali.
Ha, altresì, rimarcato la Corte territoriale come, a fronte di quanto si ricava dal verbale di perquisizione in merito al forte odore di cannabinoidi presente in casa, sin dall’ingresso, il teste COGNOME ha riferito di non avere percepito, durante la permanenza nell’abitazione, alcun odore, mentre l’imputata, dal canto proprio, che le deteneva proprio nella propria stanza da letto, si è dichiarata ignara del contenuto delle buste salvo affermare che in casa c’erano sempre cattivi odori legati alla circostanza che gli ospiti mangiavano aglio, bevevano e non si lavavano, tutte circostanze che ben poco avevano a che fare con la stanza in cui la donna dormiva e dove era custodita la droga.
Non ha poi mancato la Corte di rilevare che se è vero che le buste erano custodite dietro il divano posto nella stanza da letto della Yu è del pari vero che il materiale per la pesatura e per il confezionamento era “a vista” e uno dei bilancini addirittura all’interno di un mobile della stanza da letto.
5. Le deduzioni che i giudici territoriali hanno tratto dalla disamina del compendio probatorio, rappresentato dalle dichiarazioni rese dall’imputata, dal teste a discolpa oltre che dal riconoscimento di colui il quale avrebbe lasciato il prezioso carico in una casa abitualmente frequentata da numerosi avventori, costituisce questione di merito, valutata alla stregua di un ragionamento che non evidenzia alcuna contraddizione, né manifesta illogicità, avendo la difesa continuato a proporre una rilettura di quegli stessi elementi che si ritiene più coerente con la tesi propugnata. Sul punto, tuttavia, va rammentato che rimane preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482; n. 25255 del 14/2/2012, Rv. 253099).
Sicché, sono inammissibili le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti
dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (sez. 2, n. 9106 del 12/2/2021, COGNOME, Rv. 280747).
Con congrui richiami giurisprudenziali la Corte ha ritenuto la destinazione della droga alla cessione a terzi avuto riguardo al quantitativo, alle modalità di confezionamento, al rinvenimento del materiale atto alla pesatura e al confezionamento.
Quanto al terzo motivo afferente alla circostanza aggravante contestata, la Corte territoriale, con motivazione esente da censure, nel solco di giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha rilevato che la quantità di principio attivo è superiore ai due chilogrammi, dato questo che integra la soglia dell’aggravante contestata e depone, in maniera inequivoca, nel senso della destinazione a un numero molto elevato di consumatori finali.
La motivazione che si rinviene nelle sentenze di merito, la cui lettura integrata è imposta dall’esito conforme del giudizio, è conforme oltre che con il dettato normativo, con i principi giurisprudenziali in subiecta materia. L’aggravante della ingente quantità, di cui all’art. 80, c. 2, d.P.R. n. 309/1990, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, espresso in milligrammi (valore – soglia) per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata (cfr. Sez. U. n. 36258 del 24/5/2012, P.G. e COGNOME, Rv. 253150).
Peraltro, come è stato chiarito, anche da questa sezione, per effetto della reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile, ai sensi dell’art. 75, c. 1-bis, d.P.R. n. 309/1990, come modificato dalla legge n. 79/2014, di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 36/2014, al fine di verificare la sussistenza della circostanza aggravante in esame, mantengono validità i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile (cfr. sez. 4 n. 55014 del 15/11/2017, COGNOME, Rv. 271680; sez. 6 n. 50076 del 4/10/2016, COGNOME e altri, Rv. 268935; sez. 3 n. 47978 del 28/9/2016, COGNOME e altro, Rv. 268699), da ritenersi “flessibili”, soprattutto nel caso di superamento del valore soglia (cfr. sez. 4, n. 49619 del 12/10/2016, COGNOME e altro, Rv. 268624).
Con successiva pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, pure richiamata dalla sentenza impugnata, chiamata a valutare la permanenza del criterio di determinazione dell’ingente quantità fissato dalla sentenza
“COGNOME” sopra richiamata, ha affermato che ai fini della individuazione della soglia oltre la quale è configurabile la circostanza aggravante dell’ingente quantità, continuano ad essere validi, anche dopo la novella di cui al d.l. n. 36/2014 conv. dalla I. 79/2014 che ha ripristinato la distinzione tra i due tipi di sostanza stupefacente, i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile fissati dalla sentenza delle Sezioni Unite COGNOME del 2012 (cfr. Sez. U. n. 14722 del 30/01/2020, COGNOME COGNOME COGNOME, Rv. 279005, pur precisando che con riferimento alle c.d. droghe leggere, l’aggravante non è di norma configurabile quando la quantità di principio attivo è inferiore a due chilogrammi di principio attivo pari a 4000 volte il valore-soglia di 500 milligrammi; ciò in considerazione del fatto che detto valore era stato riportato a 500 milligrammi, in luogo dei 1000 considerati dalla sentenza COGNOME, essendo stato annullato il d.m. 4 agosto 2006 che aveva portato da 20 a 40 il moltiplicatore della dose media singola pari a 25 mg.)
I giudici di merito, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, hanno fatto corretta applicazione di tali principi, fornendo adeguata giustificazione della valutazione discrezionale condotta, peraltro non solo alla luce del dato ponderale, oggettivamente apprezzabile, ma valutando anche la qualità della sostanza stupefacente. Nella specie, infatti, il quantitativo di principio attivo rilevato è pari a gr. 2.357 e le dosi medie ricavabili 94.243, dunque superiore al limite minimo di mg. 2.000.
Con argomenti esenti da censure è stata esclusa la ricorrenza della ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90. E’ noto il principio affermato da questa Corte, anche a Sezioni Unite, secondo cui il giudice, nel verificare la sussistenza della fattispecie di lieve entità deve valutare i relativi indici rilevanti ai fini in es il che non esclude che uno di essi possa assumere valore assorbente per la sua intrinseca espressività ed è necessario che il percorso valutativo si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice, nell’affermare o negare la tipicità del fatto, ai sensi dell’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309/1990, dimostrare, come emerge nel caso di specie, di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi (cfr. in motivazione Sez. U., n. 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076).
I giudici di merito hanno escluso le invocate circostanze ex art. 62 bis cod. pen. avuto riguardo alla gravità della condotta contestata ritenuta indice di inserimento o quantomeno di collegamento con circuiti criminali dediti al traffico illecito di sostanza stupefacente su vasta scala oltre che della insussistenza
di elementi idonei a essere valutati positivamente nel comportamento dell’imputata. Il motivo in esame è all’evidenza generico e non si confronta con la motivazione rinvenibile nella sentenza. Il ragionamento dei giudici di merito, invero, lungi dall’essere apodittico e congetturale poggia su basi probatorie incontestate direttamente ricavabili dall’accertamento compiuto dalla P.G. (ingente quantitativo, disponibilità di materiale atto alla pesatura e al confezionamento indice di uno stabile inserimento in un contesto stabilmente dedito al narcotraffico).
Oltre quanto detto la decisione adottata è conforme ai consolidati principi della giurisprudenza di legittimità in base ai quali è stato chiarit che la previsione di cui all’art. 62 bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, dovendo la concessione essere fondata sull’accertamento di situazioni indonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza, essendo a tal fine sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (cfr. sez. 2 n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826;.sez. 7 n. 39396 del 27/05/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/04/2013, Rv. 256201).
Infatti, il riconoscimento di tali attenuanti rientra nell’ambito di u giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (cfr. sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737).
Parimenti inammissibile il motivo afferente al trattamento sanzionatorio in quanto del tutto aspecifico. Sul punto, invero, la difesa non si confronta con la motivazione della Corte territoriale che ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti per una riduzione della pena in considerazione della commisurazione della medesima al di sotto dei valori medi della cornice edittale. Sul punto è consolidato il principio in base al quale non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale (Sez. 2 n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3 n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288).
GLYPH Alla GLYPH declaratoria GLYPH di GLYPH inammissibilità GLYPH segue GLYPH la GLYPH condanna dell’imputata al pagamento delle spese processuali e della somma di C. 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di
colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 17 aprile 2025
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