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Detenzione ingente quantità: la Cassazione decide

Una donna è stata condannata per la detenzione ingente quantità di marijuana trovata nella sua abitazione. Ha presentato ricorso sostenendo che la droga fosse stata lasciata da un conoscente. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le sentenze precedenti. I giudici hanno ritenuto inattendibili e contraddittorie le sue dichiarazioni e quelle del testimone a discarico, valorizzando elementi come il forte odore dello stupefacente e la presenza di bilancini come prova della sua consapevolezza.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione ingente quantità: quando la difesa non convince i giudici

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 22437/2025, offre importanti spunti di riflessione sulla detenzione ingente quantità di stupefacenti e sulla valutazione delle prove a discarico nel processo penale. Il caso analizza la posizione di un’imputata condannata per aver custodito oltre 16 kg di marijuana, la quale ha tentato di attribuire la responsabilità a un terzo. La Corte, tuttavia, ha confermato la condanna, ritenendo il ricorso inammissibile e la versione difensiva del tutto inattendibile.

I Fatti del Caso: Il Ritrovamento dello Stupefacente

Durante una perquisizione domiciliare, eseguita per un’altra indagine, le forze dell’ordine hanno rinvenuto nell’abitazione dell’imputata un’enorme quantità di marijuana. Nello specifico, sono state trovate 15 buste di cellophane contenenti circa 15,7 kg di sostanza, più altre 4 bustine per un totale di 414 grammi. Lo stupefacente era nascosto nella camera da letto della donna, dietro un divano, insieme a materiale per il confezionamento e a due bilancini di precisione. Gli agenti hanno inoltre riferito di aver percepito un forte odore di cannabinoidi sin dal loro ingresso nell’appartamento. Dalle analisi è emerso che dal principio attivo presente si sarebbero potute ricavare oltre 94.000 dosi medie singole.

La Difesa dell’Imputata e i Motivi del Ricorso

Nei gradi di merito e in Cassazione, la difesa ha sostenuto che l’imputata fosse all’oscuro della presenza della droga. La responsabilità veniva attribuita a un connazionale che avrebbe affittato un posto letto per poche notti, lasciando le buste in custodia dietro il pagamento di 300 euro. A sostegno di questa tesi, è stata presentata la testimonianza di un altro ospite dell’appartamento e la fotocopia del documento del presunto responsabile.

I motivi del ricorso si concentravano su diversi punti:
1. Travisamento della prova: La difesa lamentava un’errata valutazione delle testimonianze a discarico, ritenute inattendibili senza una motivazione adeguata.
2. Violazione di legge: Si contestava l’applicazione dell’aggravante della detenzione ingente quantità senza considerare il grado di purezza della sostanza.
3. Mancato riconoscimento di attenuanti: Veniva criticato il diniego dell’ipotesi di reato di lieve entità e delle attenuanti generiche.
4. Onere della prova: Si sosteneva che non fosse stata dimostrata la consapevolezza del possesso, desunta unicamente dalla presenza fisica della droga nella stanza.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure difensive con una motivazione logica e coerente con la giurisprudenza consolidata. I giudici hanno sottolineato come il ricorso fosse una mera riproposizione di argomenti già valutati e respinti dalla Corte d’Appello, configurando una situazione di “doppia conforme”.

La Corte ha ritenuto la versione dell’imputata “priva di ogni credibilità” e palesemente illogica. Sono state evidenziate numerose contraddizioni, come la differente giustificazione fornita per i 300 euro ricevuti (prima per la custodia, poi per l’affitto). Inoltre, è stato considerato inverosimile che un soggetto lasciasse un quantitativo così ingente di droga in un’abitazione frequentata da molte persone, senza un rapporto di fiducia con la proprietaria. Elementi oggettivi come il forte odore, la presenza di bilancini e materiale per il confezionamento “a vista” nella sua stessa camera da letto sono stati considerati incompatibili con la sua presunta ignoranza.

Sull’aggravante della detenzione ingente quantità, la Cassazione ha ribadito che, secondo le Sezioni Unite, per le droghe leggere la soglia si considera superata sopra i 2 kg di principio attivo. Nel caso di specie, con 2.357 grammi, il superamento era evidente e giustificava pienamente l’applicazione dell’aggravante. Di conseguenza, è stata correttamente esclusa l’ipotesi del fatto di lieve entità, impossibile da configurare con un quantitativo così elevato.

Le Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: di fronte a un quadro probatorio solido e a una “doppia conforme” dei giudici di merito, il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La valutazione dell’attendibilità delle testimonianze e la ricostruzione della dinamica sono prerogative del giudice di merito, e la loro valutazione, se logicamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

Quando si applica l’aggravante della detenzione di ingente quantità per le droghe leggere?
Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione richiamata nella sentenza, l’aggravante è di norma configurabile quando il quantitativo di principio attivo supera i 2 chilogrammi.

È sufficiente affermare che la droga appartiene a un’altra persona per essere assolti?
No, non è sufficiente. La sentenza dimostra che i giudici valutano la credibilità complessiva della versione difensiva alla luce di tutti gli elementi probatori. Contraddizioni nelle dichiarazioni, illogicità del racconto e prove oggettive contrarie (come la presenza di bilancini o il forte odore dello stupefacente) possono rendere la tesi difensiva inattendibile.

La sola presenza della droga in una stanza è sufficiente a provare la responsabilità di chi la occupa?
La sentenza chiarisce che la responsabilità non è desunta dalla sola presenza materiale, ma da un complesso di elementi indiziari. La collocazione dello stupefacente in un luogo di esclusiva disponibilità (la camera da letto), unita ad altri fattori come la presenza di materiale per il confezionamento e il forte odore percepibile, costituiscono un quadro probatorio che, secondo i giudici, dimostra la piena consapevolezza e quindi la responsabilità del detentore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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