Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 955 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 28/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 955 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME nato a SALERNO il 10/01/1959 avverso la sentenza del 20/06/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO dato avviso alle parti;
udiela la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Salerno con la sentenza in data 20 giugno 2024 confermava la condanna di COGNOME COGNOME alla pena di mesi sei di reclusione e 133 euro di multa per il reato di cui agli art. 10, 14 L. 497/74, pronunciata dal Tribunale di Salerno.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso l’imputato tramite il difensore di fiducia, articolando due motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo lamentava violazione di legge per non avere il provvedimento impugnato rilevato la buona fede dell’imputato e, dunque, l’assenza del necessario elemento soggettivo; il Bosco infatti, in tesi difensiva, non aveva alcuna consapevolezza degli obblighi che su di lui incombevano.
COGNOME, infatti, era colui che custodiva l’arma nella assoluta convinzione di esser nel giusto, a ciò rassicurato da COGNOME che ne era il detentore, ciononostante il ricorrente fosse stato condannato per il reato piø grave.
Il COGNOME, alienante dell’arma, si era impegnato a effettuare le necessarie comunicazioni circa il trasferimento e, dunque, COGNOME era stato rassicurato circa la regolarità della sua posizione.
2.2 Con il secondo motivo rilevava la intervenuta prescrizione del reato, essendo il medesimo un reato istantaneo consumato nel 1997 e non permanente, come ritenuto dai giudici di merito.
NOME COGNOME detentore dell’arma, era stato comunicato nel 1997 l’obbligo di cedere la stessa, con tempo 72 ore per detto adempimento.
Secondo il ricorrente il reato si sarebbe consumato allora, al decorso del termine per adempiere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile
1.1. Il primo motivo Ł inammissibile.
Si tratta di un motivo già oggetto di vaglio del giudice di appello, il quale con motivazione che si salda con quella del provvedimento di primo grado, ha escluso la buona fede, ovvero l’assenza di elemento soggettivo in capo al Bosco.
Come ricordato dai giudici di merito, infatti, che si sono uniformati al principio di diritto che qui si intende ribadire, ai fini della sussistenza del delitto di detenzione abusiva di arma comune da sparo, sono irrilevanti il titolo dell’acquisto e le modalità attraverso cui si perviene al possesso dell’arma, poichØ Ł in ogni caso necessario che il detentore, una volta acquisita la disponibilità di questa, ne faccia denuncia alla competente autorità. (Sez. 1, Sentenza n. 20896 del 28/04/2015 Rv. 263607).
NØ tantomeno, come già rilevato nel provvedimento impugnato, il ricorrente può invocare l’errore su legge diversa da quella penale sì da escludere la punibilità, trattandosi, al contrario di errore su norme che integrano il precetto penale.
Secondo un orientamento costante di questa Corte, infatti, non esclude il dolo del delitto di detenzione illegale di arma l’erroneo convincimento dell’agente circa l’obbligo di denunciare il possesso dell’arma all’autorità competente, trattandosi di errore su norme che integrano il precetto penale e non possono quindi essere ricondotte alla disciplina di cui all’art. 47, comma terzo, cod. pen. (Sez. 7 – , Ordinanza n. 24231 del 06/02/2019 Rv. 276481)
1.2 Il secondo motivo Ł inammissibile.
La tesi difensiva secondo cui il delitto di detenzione illegale di arma comune da sparo Ł reato istantaneo Ł in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui, al contrario, il delitto di detenzione illegale di armi Ł un reato unico che assorbe tutti gli episodi detentivi verificatisi durante la sua permanenza la quale viene interrotta dalla cessazione della disponibilità dell’arma, ovvero dalla denuncia della stessa presso gli organi competenti. (Sez. 1 – , Sentenza n. 46422 del 03/12/2021 Rv. 282317).
Del tutto correttamente, dunque i giudici di merito, rilevando la natura permanente del delitto, hanno escluso l’intervenuta prescrizione del medesimo.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 28/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME