Detenzione Illegale di Armi: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di detenzione illegale di armi, confermando la condanna di un imputato e dichiarando il suo ricorso inammissibile. Questa decisione ribadisce principi fondamentali riguardanti i limiti del giudizio di legittimità e i criteri per la valutazione della pericolosità sociale dell’imputato, specialmente in presenza di recidiva e gravi precedenti penali.
I Fatti del Caso
Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato previsto dall’art. 23 della legge 110/1975, per aver detenuto illegalmente un fucile con matricola abrasa. La Corte d’Appello di Lecce aveva confermato la responsabilità penale, motivando ampiamente la propria decisione.
L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando un presunto vizio di motivazione da parte della Corte territoriale, in particolare riguardo al trattamento sanzionatorio e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno stabilito che la motivazione della Corte d’Appello era adeguata, logica e priva di vizi. Il ricorso, secondo la Cassazione, non sollevava reali questioni di legittimità, ma mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione degli elementi processuali, un’attività preclusa in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione della Corte si fonda su diversi pilastri argomentativi che meritano un’analisi approfondita.
La correttezza nel diniego delle attenuanti generiche
Uno dei punti centrali della decisione riguarda il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte ha confermato la valutazione del giudice di merito, che aveva basato il diniego su elementi concreti e significativi:
1. Numerosi e gravi precedenti penali: Il passato criminale dell’imputato è stato considerato un fattore determinante per escludere un giudizio favorevole sulla sua personalità.
2. Funzionalità dell’arma: Il fucile sequestrato era perfettamente funzionante, accentuando la concretezza del pericolo.
3. Commissione del reato in detenzione domiciliare: Il fatto che il delitto sia stato commesso mentre l’imputato era già sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale è stato interpretato come un chiaro indicatore di una “spiccata capacità criminale” e di un totale disprezzo per le prescrizioni dell’autorità giudiziaria.
Questi elementi, complessivamente considerati, hanno giustificato non solo il diniego delle attenuanti ma anche la conferma della contestata recidiva.
La congruità della pena e la detenzione illegale di armi
La Corte ha ritenuto congrua anche la determinazione della pena. La pena base era stata fissata in tre anni, poco al di sopra del minimo edittale di due anni, e successivamente aumentata di dieci mesi per effetto della recidiva. Tale calcolo è stato giudicato proporzionato alla gravità dei fatti e alla personalità dell’imputato, come emersa dagli atti processuali.
La Cassazione ha sottolineato che il ricorrente, pur lamentando un vizio di motivazione, stava in realtà chiedendo una riconsiderazione del merito della decisione sanzionatoria, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
Le conseguenze dell’inammissibilità: condanna alle spese
In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha disposto il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, ritenendo che la presentazione del ricorso fosse viziata da colpa, in quanto privo di serie prospettive di accoglimento.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, riafferma che il giudizio in Cassazione è un controllo di legittimità e non un terzo grado di merito. I ricorsi che mirano a una mera rivalutazione dei fatti sono destinati all’inammissibilità. In secondo luogo, evidenzia come la valutazione della pericolosità di un soggetto, ai fini della concessione delle attenuanti e della determinazione della pena, debba fondarsi su elementi concreti come i precedenti penali e le modalità della condotta, specialmente quando un reato come la detenzione illegale di armi viene commesso in spregio di misure restrittive già in atto. Infine, la decisione serve da monito: la proposizione di ricorsi palesemente infondati comporta conseguenze economiche significative per il proponente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’appellante non stava sollevando vizi di legittimità, ma chiedeva una nuova valutazione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Suprema Corte.
Quali fattori hanno impedito la concessione delle attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche sono state negate a causa dei numerosi e gravi precedenti penali dell’imputato, della circostanza che l’arma sequestrata era funzionante e, soprattutto, del fatto che il reato è stato commesso mentre si trovava in detenzione domiciliare, dimostrando una spiccata capacità criminale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5452 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5452 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CEGLIE MESSAPICO il 02/03/1946
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso di NOME COGNOME e la sentenza impugnata.
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato;
Rilevato che la Corte di appello di Lecce, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, ha confermato il giudizio di penale responsabilità nei confronti dell’odiern ricorrente per il delitto di cui all’art. 23, comma 1 n.2, 1.110/75, per la detenzione illeg di un fucile con matricola abrasa;
Considerato, inoltre, che la Corte territoriale – in modo non contraddittorio – ha escluso di potere concedere le attenuanti generiche e ha confermato la contestata recidiva per l’assenza di elementi favorevoli valutabili a tal fine, per i numerosi e gra precedenti penali risultanti a carico dell’imputato, per la circostanza che il fuci sequestrato era funzionante e perché il delitto è stato commesso mentre egli si trovava in detenzione domiciliare a conferma della sua spiccata capacità criminale;
Rilevato, altresì, che per le medesime ragioni la pena base è stata determinata nella misura di anni tre (di poco superiore al minimo edittale di anni due), poi aumentata di mesi dieci per la recidiva;
Considerato che il condannato – pur lamentando il vizio di motivazione – in realtà chiede una inammissibile differente valutazione degli elementi processuali rispetto a quella coerentemente svolta dal giudice a quo in ordine al trattamento sanzionatorio;
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025.