Detenzione Illecita: Quando le Giustificazioni Non Bastano
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso di detenzione illecita di sostanze stupefacenti, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso e sulla valutazione delle prove da parte dei giudici di merito. La Suprema Corte ha stabilito che, se la motivazione della sentenza di secondo grado è logica e completa, il ricorso basato su una diversa interpretazione dei fatti deve essere dichiarato inammissibile.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Firenze per la detenzione di sostanze stupefacenti non destinata all’uso personale, ha presentato ricorso in Cassazione. La difesa sosteneva che la Corte territoriale non avesse motivato in modo adeguato la decisione, contestando il riconoscimento di una detenzione illecita finalizzata allo spaccio. L’imputato, infatti, era stato trovato in possesso di una considerevole somma di denaro, la cui provenienza non era stata giustificata in modo ritenuto plausibile dai giudici.
La Decisione della Corte sulla Detenzione Illecita
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 6111 del 2025, ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, fornito una motivazione “adeguatamente e analiticamente” strutturata. La decisione non ha quindi riesaminato i fatti, ma si è concentrata sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito dai giudici di secondo grado.
Le Motivazioni della Decisione
Il fulcro della decisione risiede nel principio secondo cui la Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella compiuta dai giudici di merito. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva basato la sua condanna su due pilastri fondamentali:
1. Le osservazioni della Polizia Giudiziaria: Le condotte dell’imputato, così come riportate dalle forze dell’ordine, erano state considerate indicative di un’attività illecita.
2. L’implausibilità delle giustificazioni: Le ragioni addotte dall’imputato per spiegare il possesso della somma di denaro sono state giudicate non credibili.
La Suprema Corte ha confermato che questa valutazione, essendo priva di vizi logici o errori di diritto, era insindacabile in sede di legittimità. Pertanto, il tentativo del ricorrente di offrire una lettura alternativa delle prove è stato considerato un tentativo di rimettere in discussione il merito della vicenda, attività preclusa in Cassazione.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Per chi si trova ad affrontare un’accusa di detenzione illecita, la decisione sottolinea l’importanza cruciale di fornire giustificazioni credibili e documentate, specialmente in presenza di elementi indiziari come il possesso di ingenti somme di denaro contante. La sentenza evidenzia come l’implausibilità delle spiegazioni fornite possa diventare un elemento determinante per convincere il giudice che la detenzione della sostanza non sia per uso personale, ma finalizzata a fini illeciti. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende rappresenta, infine, la conseguenza diretta della proposizione di un ricorso ritenuto infondato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse motivato la sua decisione in modo adeguato e analitico, senza vizi logici o giuridici, rendendo così la sentenza non criticabile in sede di legittimità.
Quali elementi sono stati decisivi per confermare la condanna per detenzione illecita?
Due elementi sono stati decisivi: le osservazioni sulle condotte dell’imputato fatte dalla Polizia Giudiziaria e, soprattutto, l’implausibilità delle ragioni fornite per giustificare il possesso di una somma di denaro rinvenuta.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6111 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6111 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI 0490PV) nato il 01/01/1985
avverso la sentenza del 02/07/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile, perché, a differenza di quel che vi argomenta, la Corte di appello ha adeguatamente e analiticamente motivato il riconoscimento di una detenzione illecita e non per uso personale della droga richiamando le osservazioni delle condotte dell’imputato da parte della Polizia giudiziaria e la implausibilità delle ragioni addotte per giustificare la detenzione della somma rinvenuta in suo possesso (p.3);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di eurchnila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2024
Il Consiglier estensore
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