Detenzione Gasolio Accisa: Uso Personale Non Esclude il Reato
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati fiscali legati ai carburanti. Il caso riguardava la condanna di un individuo per la detenzione gasolio accisa non pagata, specificamente 3.000 litri. La difesa basata sull’uso personale del prodotto non ha trovato accoglimento, portando alla conferma della condanna. Questa decisione offre spunti cruciali sulla natura del reato e sui criteri di valutazione della colpevolezza.
I Fatti del Caso e il Percorso Giudiziario
Un uomo veniva condannato in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per la violazione del D.Lgs. 504/1995, che disciplina le accise. L’accusa era di aver detenuto un’ingente quantità di gasolio (3.000 litri) sottratto al pagamento dell’imposta. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione su tre fronti: l’accertamento della sua responsabilità, il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e l’eccessiva entità della pena.
La Tesi Difensiva: Uso Personale e Richiesta di Lieve Entità
L’argomento centrale della difesa si fondava sulla presunta destinazione del gasolio a un uso strettamente personale. Secondo il ricorrente, tale circostanza avrebbe dovuto escludere la rilevanza penale della condotta. Inoltre, veniva richiesta l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, che prevede la non punibilità per fatti di particolare tenuità, e una riduzione della sanzione inflitta.
L’Ordinanza della Cassazione sulla detenzione gasolio accisa
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le motivazioni della Corte d’Appello pienamente corrette e giuridicamente ineccepibili. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto le argomentazioni difensive.
L’Irrilevanza dell’Uso Personale nel Reato
Il punto cardine della decisione riguarda la natura stessa del reato. La Corte ha chiarito che il soggetto attivo del reato previsto dall’art. 40 del D.Lgs. 504/1995 può essere chiunque, incluso il consumatore finale. La norma punisce la detenzione di prodotti energetici senza titolo o il loro utilizzo per scopi diversi da quelli consentiti. Per la configurazione del reato, quindi, non è richiesta né l’immissione in commercio né la destinazione alla vendita dei prodotti sottratti al pagamento dell’accisa. La semplice detenzione illecita è sufficiente a integrare la fattispecie criminosa.
La Personalità dell’Imputato e la Gravità del Fatto
Anche le altre doglianze sono state respinte. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente valutato la gravità del fatto, considerando l’enorme quantitativo di carburante detenuto. Inoltre, un elemento decisivo è stata la valutazione della personalità dell’imputato, definita ‘allarmante’. L’uomo risultava gravato da numerosi precedenti penali e carichi pendenti per reati di notevole gravità, quali associazione a delinquere, ricettazione e rapina. Tale quadro ha reso impossibile l’applicazione di qualsiasi attenuante o del beneficio della particolare tenuità del fatto.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su un’interpretazione rigorosa della normativa sulle accise. Il bene giuridico tutelato è l’interesse dello Stato alla corretta percezione dei tributi sui prodotti energetici. La condotta penalmente rilevante è il possesso del bene in evasione d’imposta, a prescindere dall’uso che il detentore intenda farne. La giurisprudenza citata nell’ordinanza conferma questo orientamento consolidato. La Corte ha inoltre evidenziato come la valutazione sulla pena e sulle circostanze attenuanti debba tenere conto non solo della materialità del fatto, ma anche del profilo soggettivo del reo. In questo caso, i precedenti specifici e la pericolosità sociale dell’imputato hanno giustificato pienamente il rigore sanzionatorio.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio: la lotta all’evasione delle accise sui carburanti colpisce la detenzione illegale in sé, senza distinzioni tra finalità commerciali o personali. Chiunque venga trovato in possesso di quantitativi significativi di carburante senza poter dimostrare il legittimo pagamento delle imposte commette reato. La decisione serve anche da monito, ricordando che il curriculum criminale di un imputato ha un peso determinante nel giudizio, precludendo l’accesso a benefici e sconti di pena quando rivela una spiccata propensione a delinquere.
Possedere gasolio non tassato per uso personale è un reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato di cui all’art. 40 del D.Lgs. 504/1995 si configura con la semplice detenzione di prodotti energetici per cui non è stata pagata l’accisa, a prescindere che siano destinati al commercio o all’uso personale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le motivazioni della Corte d’Appello erano corrette e prive di vizi logici. La Corte ha correttamente applicato i principi di diritto sia sulla configurabilità del reato sia sulla valutazione della gravità del fatto e della personalità dell’imputato.
Quali elementi hanno inciso sulla mancata applicazione di una pena più mite (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha negato l’applicazione di una pena più mite a causa dell’enorme quantitativo di gasolio detenuto (3.000 litri) e della ‘allarmante personalità’ dell’imputato, che aveva numerosi precedenti penali e carichi pendenti per reati gravi come associazione a delinquere, ricettazione e rapina.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6436 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6436 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/01/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RG NUMERO_DOCUMENTO/23
Rilevato che con sentenza in data 30 gennaio 2023 la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza in data 9 luglio 2020 del Tribunale di Foggia che aveva condannato NOME alle pene di legge per la violazione degli art. 40, comma 1, lett. B) e 4 d.lgs. n. 504 de 1995;
Rilevato che il ricorrente ha lamentato il vizio di motivazione in merito all’accertamento responsabilità, al diniego dell’art. 131-bis cod. pen. e all’entità della pena;
Considerato, quanto alla responsabilità, che la Corte territoriale ha correttamente applicato principi di diritto affermati dalla giurisprudenza in materia: pacifica la detenzione da pa dell’imputato di 3.000 litri di gasolio, i Giudici hanno ritenuto irrilevante l’argomento difen secondo cui il gasolio era destinato all’uso personale, perché il soggetto attivo del reato di c all’art. 40 del d.lgs. n. 504 del 1995 può essere anche il consumatore che possegga prodotti energetici senza averne titolo, ovvero se ne avvalga per usi diversi da quelli consentiti, attes che non sono richieste per la integrazione della fattispecie né l’immissione in commercio, né la destinazione al commercio dei prodotti sottratti al pagamento dell’accisa (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260609 – 01 e Sez. 3, n. 5809 del 04/12/2018, dep. 2019, P., Rv. 275789 – 01);
Considerato, quanto alle restanti doglianze, che la motivazione della Corte territoriale è ineccepibile perché i Giudici hanno valutato la gravità del fatto per l’enorme quantitativo d gasolio detenuto e l’allarmante personalità dell’imputato, già gravato da numerosi precedenti penali nonché da carichi pendenti per associazione a delinquere, ricettazione e rapina;
Rilevato che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
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Il PreOdente