Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26429 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26429 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Catania il 13/06/1987;
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania del 18/12/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria, rassegnata ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen, dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le repliche dell’avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata (all’esito del rito abbreviato) in data 16 maggio 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania condannava NOME COGNOME (così come il coimputato NOME COGNOME) alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 8.000,00 di multa (con la riduzione prevista per il rito), avendolo riconosciuto colpevole del reato previsto e punito dagli artt. 110 cod. pen. e 2 I. 895/1967 perché, in concorso tra loro, quali gestori di fatto dell’attività commerciale ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ove si ponevano in vendita giochi d’artificio, detenevano all’interno di un garage Kg.363,218 di massa attiva di esplosivi (di cui Kg.192 di massa attiva rientranti nella c.d. categoria F41.1.ADR, ovvero fuochi d’artificio che presentano un rischio potenziale elevato, che sono destinati a essere usati esclusivamente da persone con conoscenze specialistiche e che comportano un rischio di esplosione di massa) aventi caratteristiche di micidialità (capo A della rubrica); in Catania il 20 ottobre 2023. Con la medesima sentenza gli imputati venivano, invece, assolti dalla imputazione di ricettazione aggravata di prodotti pirotecnici (capo B della rubrica) perché il fatto non sussiste.
La Corte di appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe e con riferimento alla posizione del COGNOME, ha confermato integralmente la decisione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania nei confronti della quale l’imputato aveva interposto gravame, chiedendo l’assoluzione per non avere commesso il fatto o, in subordine, la riqualificazione del reato in contestazione nella ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 678 cod. pen. con la conseguente rideterminazione della pena nel minimo edittale e con tutti i benefici di legge o, in via ulteriormente gradata, il riconoscimento dell’attenuante ad effetto speciale prevista dall’art. 5 I. 895/67, delle attenuanti generiche e dei doppi benefici. La Corte di appello, invece, ha riconosciuto le attenuanti generiche in favore dell’altro imputato (NOME COGNOME con conseguente riduzione della pena ad anni uno e mesi otto di reclusione e la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
2. Avverso detta sentenza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, di
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seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insist per il suo annullamento.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla sua responsabilità per il reato sopra indicato e, in particolare, rispetto al suo contributo causale, dato che il garage dove era stato rinvenuto l’esplosivo era nella titolarità esclusiva del coimputato e che, a carico del Puglisi, vi erano unicamente degli elementi di natura indiziaria.
2.2. Con il secondo motivo l’imputato deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 2 I. 895/1967 ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta complessiva micidialità del materiale esplodente, nonostante questo fosse conforme agli standards europei ed ai requisiti tecnici previsti dall’allegato I, di cui all’art. 6 del d.lgs. 123/2015.
2.3. Con il terzo motivo NOME COGNOME si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., della violazione dell’art. 5 I. 895/1967 e del vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento, in suo favore, dell’attenuante prevista dalla citata disposizione normativa, in considerazione della lieve entità e della ridotta pericolosità del materiale esplodente deducibile dalla qualità dei fuochi d’artificio sequestrati, tutti conformi alla normativ europea dettata in materia.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 62-bis cod. pen. ed il vizio di motivazione rispetto alla mancata concessione delle attenuanti generiche (riconosciute, invece, al coimputato), fondata su una contraddittoria valutazione dei parametri dettati dall’art. 133 cod. pen.
2.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena, fissata in misura ampiamente superiore rispetto al minimo edittale e senza una adeguata spiegazione sul punto.
Il procedimento si è svolto in modalità cartolare non essendo stata richiesta, nei termini di legge, la trattazione in presenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso (i cui motivi sono in parte inammissibili ed in parte infondati) va, nel complesso, respinto.
Anzitutto, deve ricordarsi che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del ‘devolutum’ in caso di cosiddetta “doppia conforme” (come nel caso di specie quanto alla posizione del COGNOME) e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (ex multis: Sez. 5, n.48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
2.1. Come chiarito in seguito, le critiche esposte dall’ imputato – pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di illogicità, mancanza e contraddittorietà della motivazione – riguardano profili in fatto, coerentemente scrutinati nel corpo della decisione impugnata e la cui riproposizione è tesa – in tutta evidenza – ad una rivalutazione del peso dimostrativo degli elementi di prova. In tal senso, quindi il ricorso finisce con il proporre argomenti di merito la cui rivalutazione è preclusa in sede di legittimità. In tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi – dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti – e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cosi, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428- 01). Sono precluse al giudice di legittimità, infatti la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr.,
fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 3 Ar 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 26548201). È, conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento. Sicché il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne né la ricostruzione dei fatti né l’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Con l’ulteriore precisazione, quanto alla l’illogicità della motivazione, come vizio denunciarle, che deve essere evidente (“manifesta illogicità”), cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074). Inoltre, va precisato, che il vizio della “manifesta illogicità” della motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica “rispetto a se stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della logica. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Infine, non va dimenticato che ai fini del controllo di legittimità sul vizi di motivazione, ricorre la cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizza nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01).
Ciò posto, i fatti sono stati ricostruiti (sulla base degli atti, legittimament utilizzabili in considerazione del rito prescelto) da entrambi i giudici di merito nei
seguenti termini; il 20 ottobre 2023, a seguito di una segnalazione da parte di fonte confidenziale, personale della Questura di Catania eseguiva una perquisizione del negozio di giochi di artificio denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sito in Catania, INDIRIZZO di proprietà della moglie di NOME NOME COGNOME ma gestito di fatto da quest’ultimo e dove lavorava NOME COGNOME come dipendente. La perquisizione del negozio dava esito negativo e quindi il COGNOME consegnava spontaneamente agli operanti le chiavi di un garage sito in INDIRIZZO, di cui aveva la disponibilità; nell’auto del Puglisi – a seguito di perquisizione – veniva rinvenuto un mazzo di chiavi che apriva il cancello condominiale ed il garage sopra indicato.
3.1. Veniva quindi eseguita la perquisizione del locale anzidetto (avente una superficie di 25 mq, posto al livello interrato di un edificio di più piani co appartamenti abitati, circondato da altri garages, privo di sistemi di sicurezza e dotato di impianti elettrici); la perquisizione portava al rinvenimento ed al sequestro del materiale esplosivo indicato nel capo di imputazione. Nello stesso locale si trovava custodito, in modo promiscuo, anche materiale infiammabile come acqua ragia, vernici, una bombola di gas domestico tipo GPL (riempita parzialmente), oltre ad attrezzi da lavoro e materiale ferroso.
3.2. NOME COGNOME, nella udienza di convalida dell’arresto, aveva ammesso di avere la disponibilità del garage e di avere acquistato il materiale sequestrato, un poco alla volta a Napoli, e di averlo venduto per conto proprio negando che esso fosse destinato alla vendita presso il negozio della moglie del COGNOME; quanto alle chiavi, egli dichiarava di avere chiesto – a titolo di cortesia – al COGNOME tenerle senza che però quest’ultimo avesse mai fatto ingresso nel garage. Entrambi i giudici di merito hanno considerato non credibile quanto dichiarato dal COGNOME e hanno ritenuto dimostrata la responsabilità – a titolo di concorso nel reato sub A) del Puglisi, sulla base degli elementi indiziari rappresentati dal possesso delle chiavi del garage, dal fatto che il COGNOME lavorava alle dipendenze della moglie del COGNOME e che il negozio (gestito, di fatto, dall’odierno ricorrente) si occupava proprio della vendita di materiale pirotecnico.
Passando, quindi, all’esame dei motivi posti a fondamento della impugnazione deve evidenziarsi che il primo motivo è inammissibile in quanto diretto, all’evidenza, ad una differente valutazione degli elementi processuali
rispetto quella coerentemente svolta dalla Corte territoriale per confermare il giudizio di penale responsabilità nei confronti del ricorrente per il reato ascrittogli
4.1. In particolare, con riferimento al primo motivo deve ricordarsi che la differenza tra concorso nel delitto e connivenza non punibile risiede nel fatto che nell’uno si richiede un consapevole apporto positivo, morale o materiale, all’altrui proposito criminoso, suscettibile di manifestarsi anche in forma agevolatrice e valevole a garantire al correo una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione su cui poter contare, mentre nell’altra è mantenuto, da parte dell’agente, un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare un contributo causale alla realizzazione del fatto (vedi, in fattispecie assimilabile alla presente, Sez. 3 , n. 544 del 12/12/2024, dep. 2025, Rv. 287403 – 01). Nel caso in esame la Corte di appello, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, ha confermato il giudizio di penale responsabilità nei confronti del COGNOME dando rilievo al fatto che egli era in possesso delle chiavi del garage, che non si spiegava se non con il suo coinvolgimento nella detenzione nel materiale esplosivo, tanto più che il coimputato era dipendente della moglie e che il negozio (gestito dal COGNOME) si occupava proprio della vendita di materiale pirotecnico.
4.2. Quanto al secondo ed al terzo dei motivi di ricorso è opportuno richiamare il condivisibile principio secondo cui integra il delitto di illegale detenzione d esplosivi, e non la contravvenzione di detenzione abusiva di materie esplodenti, la condotta avente ad oggetto materiali pirotecnici, non micidiali se singolarmente considerati, che in determinate condizioni – quali l’ingente quantitativo, il precario confezionamento, la concentrazione in ambiente angusto, la prossimità a luoghi frequentati – costituiscono pericolo per persone o cose, assumendo nell’insieme la caratteristica della micidialità. (Sez. 1, n. 50925 del 19/07/2018, Rv. 274477 – 01); nel caso in esame, come visto, dal verbale di sequestro risulta che la notevole quantità di materiale esplosivo (oltre 360 Kg.) si trovava in un locale di 25 metri quadrati, posto al livello interrato di un edificio destinato ad abitazioni e circondato da altri garages, al cui interno vi era materiale infiammabile come vernici ed una bombola GPL. Pertanto, la Corte territoriale in considerazione della notevole quantità del materiale sequestrato e delle modalità e del luogo in cui era conservato, ha considerato irrilevante – ai fini della derubricazione del fatto contestato nella meno grave ipotesi contravvenzionale e del riconoscim nto
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dell’attenuante ex art. 5 1.689/67 la circostanza che si trattasse di materiale conforme alla regolamentazione comunitaria, ritenendo – in modo non irrazionale – sussistente per le suddette ragioni la contestata micidialità; si tratta di un accertamento in fatto che, in quanto sorretto da idonea motivazione, sfugge al sindacato in sede di legittimità.
Infondati risultano, infine, anche gli ultimi due motivi relativi al diniego delle attenuanti innominate ed al trattamento sanzionatorio.
5.1. Rispetto alle attenuanti generiche occorre ribadire che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli pur sempre indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899); come parimenti avvenuto nella specie, mediante il richiamo all’assenza di qualsiasi segno di resipiscenza e della mancanza di elementi di carattere positivo, peraltro nemmeno specificamente indicati da parte del ricorrente. Per completezza deve aggiungersi che non potrebbe assumere rilevanza l’avvenuta concessione delle attenuanti generiche al coimputato, che è stata giustificata dalla Corte di appello sulla base della condotta processuale del COGNOME, il quale – a differenza dell’odierno ricorrente – aveva ammesso le proprie responsabilità.
5.2. Quanto poi al trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale si è discostata dal minimo edittale (che è di anni uno) pur rimanendo ampiamente al di sotto della media edittale, ma ha comunque dato puntuale conto, come in tali casi necessario (Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153), degli indici di commisurazione di cui all’art. 133 cod. pen., richiamando la gravità oggettiva della condotta in considerazione della notevole quantità di materiale esplodente sequestrato e del fatto che esso era conservato all’interno di un garage posto al di sotto di un edificio abitato, con i conseguenti rischi per la incolumità pubblica.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 del codice di rito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2025.