Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17166 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17166 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a REGALBUTO il 28/10/1946
avverso la sentenza del 08/07/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di ricettazione e il rigetto del ricorso nel rest udito il difensore avv. NOME COGNOME del foro di CALTAGIRONE in difesa di
NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 8 luglio 2024, la Corte di appello di Caltanissetta confermava la decisione del 24 gennaio 2024, con la quale il Tribunale di Enna aveva condannato NOME COGNOME previa esclusione della contestata recidiva e riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena di un anno, sei mesi di reclusione e 600,00 euro di multa, in quanto ritenuto colpevole di detenzione illegale (capo 1) e ricettazione (capo 2) di materiale esplosivo, rinvenuto in un ripostiglio della sua abitazione (fatti commessi in Regalbuto il 13 novembre 2020).
1.1. Nel confutare il primo motivo di gravame, inerente alla richiesta di qualificazione della condotta dell’imputato nell’alveo della contravvenzione di cui all’art. 679 cod. pen. in assenza di motivazione circa la micidialità del materiale in sequestro, la Corte di appello, richiamata la relazione tecnica redatta dai Carabinieri del R.I.S. di Messina, osservava che, avuto riguardo alla tipologia, alla quantità e alla composizione bibasica dell’esplosivo rinvenuto, doveva propendersi per la micidialità dello stesso, ancorché il materiale si trovasse “all’interno di u barattolo senza una predisposizione tecnica utile a offendere”.
Quanto alla richiesta di assorbimento del reato de quo in quello di detenzione abusiva contestato all’imputato dalla Procura della Repubblica di Caltagirone, rilevava la Corte territoriale che si trattava di fatto diverso commesso in territorio di Mineo.
1.2. La Corte medesima rigettava, inoltre, il motivo di gravame con cui si chiedeva l’assoluzione dal reato di ricettazione, evidenziando: da un lato, che il COGNOME era privo di specifico nulla osta o di porto d’armi; dall’altro, ch l’occultamento della polvere in un barattolo di latta custodito in un ripostigli denotava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Condividevano, poi, i giudici dell’appello l’esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., già operata dal primo giudice, in ragion dei precedenti penali documentati a carico dell’imputato per, reati della stessa indole, della contestualità dei fatti contestati ed emersi dalla perquisizione eseguita presso altra abitazione sita in Mineo e della possibilità, per il MELI, di accedere a canali illegali di acquisto del materiale.
Infine, quanto al trattamento sanzionatorio, osservava la Corte di Caltanissetta che la pena doveva considerarsi adeguata e proporzionata ai fatti e che non poteva ravvisarsi, nella specie, l’ipotesi di cui al quarto comma dell’art. 648 cod. pen., in ragione della qualità del materiale in sequestro (micidiale esplosivo).
A causa dei menzionati precedenti, era preclusa all’imputato la concessione dei benefici di legge.
Ha proposto ricorso l’interessato, per il tramite del difensore, sviluppando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denunciano violazione di legge in relazione alla errata qualificazione giuridica della condotta ascritta all’imputato, da sussumersi nel reato di cui all’art. 679 cod. pen., nonché apparenza della motivazione in ordine alla micidialità della sostanza e alla riferibilità del fatto al MELI.
La Corte di merito aveva ritenuto “micidiale” la polvere rinvenuta limitandosi a richiamare la natura “bibasica” della sostanza, struttura chimica, peraltro, comune a qualsiasi detonatore e/o esplodente riferibile alle armi comuni da sparo, nonché evocando, con formule di stile, la quantità e qualità della polvere suddetta.
Nella richiamata relazione tecnica, d’altro canto, nulla veniva evidenziato in merito alla micidialità della sostanza in sequestro.
Inoltre, se fosse stato realmente utilizzato il parametro della “quantità”, la Corte di appello avrebbe dovuto assolvere il MELI, dal momento che i 312 grammi rinvenuti rientravano ampiamente nel limite di 5 kg, entro il quale il legislatore consentiva l’acquisto senza licenza e la detenzione senza obbligo di denuncia di polvere da sparo.
La motivazione doveva, inoltre, considerarsi del tutto carente in punto di responsabilità effettiva del COGNOME, non avendo l’istruttoria dibattimentale fornito alcuna indicazione univoca circa la riferibilità della polvere all’imputato.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce violazione di legge in relazione alla mancata assoluzione del ricorrente dal reato di ricettazione.
L’istruttoria dibattimentale non aveva fornito alcuna prova circa il tempo e le modalità di acquisizione della polvere da sparo da parte del COGNOME, né in ordine alla sua provenienza illecita, sicché l’imputato, nel dubbio, avrebbe dovuto essere assolto.
2.3. Con il terzo motivo, si eccepisce violazione di legge in riferimento all’art. 131-bis cod. pen.
La Corte di appello non avrebbe adeguatamente tenuto conto della esigua quantità di polvere da sparo detenuta, non potendo ritenersi esaustivo il mero richiamo ai precedenti penali.
2.4. Con il quarto ed ultimo motivo, si contestano l’eccessività del trattamento sanzionatorio e il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena.
COGNOME sarebbe stato meritevole della concessione dell’attenuante speciale prevista dall’art. 648 cod. pen., non avendo tenuto conto la Corte territoriale del
modesto valore economico del bene, della condotta collaborativa attuata dall’imputato e del fatto che le armi rinvenute in sede di perquisizione non risultavano essere state mai utilizzate.
Avrebbe dovuto, infine, essere ridotto l’aumento di pena per la continuazione fra i reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto, dovendo reputarsi fondati i primi due motivi per le ragioni che seguono.
In ordine al primo motivo, con cui si contesta la mancata qualificazione della condotta ascritta al capo 1) nell’ambito della fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 679 cod. pen., deve essere rammentata la distinzione tra “materie esplodenti” ed “esplosivi” operata, con indirizzo consolidato, dalla giurisprudenza di legittimità.
Si è affermato che, in base a tale distinzione, rientrano nella categoria delle “materie esplodenti”, utilizzate per fuochi di artificio, quelle sostanze prive d potenzialità micidiale sia per la struttura chimica, sia per le modalità di fabbricazione, mentre vanno annoverate nella categoria degli “esplosivi” quelle sostanze caratterizzate da elevata potenzialità, che per la loro micidialità sono idonee a provocare una esplosione con rilevante effetto distruttivo (da ultimo, Sez. 1, n. 12767 del 16/02/2021, COGNOME, Rv. 280857 – 01; vedi anche, fra le altre, Sez. 4, n. 32253 del 16/06/2009, COGNOME e altri, Rv. 244630 – 01).
Tale distinzione trova un supporto anche nella interpretazione letterale dell’art. 678 cod. pen. e dell’art. 10 I. 14 ottobre 1974, n. 497, atteso che la prima norma usa i termini “materie esplodenti”, mentre la seconda norma usa il termine “esplosivi”, di guisa che deve ritenersi applicabile la L. n. 497 del 1974 ogniqualvolta la detenzione illegale riguardi materie le quali, per la loro quantità e qualità, possano provocare effetti distruttivi devastanti sugli uomini e sulle cose.
2.1. Non sempre, peraltro, la detenzione di “materiale esplodente” è penalmente sanzionata.
Al riguardo, occorre fare riferimento alla disciplina prevista dagli artt. 38 del T.U.L.P.S., 82 e 97 del R.d. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S), nonché dalla direttiva 2007/23/ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 maggio 2007 relativa all’immissione sul mercato di articoli pirotecnici.
A mente dell’art. 38 del T.U.L.P.S., chiunque detenga “materiale esplodente” deve farne denuncia, entro le 72 ore successive, all’ufficio locale di pubblica sicurezza o, quando questo manchi, al locale comando dell’Arma dei Carabinieri.
Il primo comma dell’art. 97 del Regolamento del T.U.L.P.S., tuttavia, fissa un’eccezione a detta regola, stabilendo che «possono tenersi in deposito o trasportarsi nello Stato senza licenza, esplosivi della prima categoria in quantità non superiore a cinque chilogrammi di peso netto, od artifici in quantità non superiore a chilogrammi venticinque di peso lordo, escluso l’imballaggio, ovvero un numero di millecinquecento cartucce da fucile da caccia caricate a polvere, nonché duecento cartucce cariche per pistola o rivoltella, ed un numero illimitato di bossoli innescati e di micce di sicurezza. Possono essere acquistati, trasportati ed impiegati senza licenza, nonché detenuti senza obbligo della denuncia di cui all’articolo 38 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, i prodotti esplodenti della categoria 5), gruppo D), fino a 5 kg. netti e della categoria 5), gruppo E, in quantità illimitata».
2.1.1. Le citate categorie sono quelle previste dall’art. 82 Reg. T.U.L.P.S che ne individua cinque: «1) «polveri» e prodotti affini negli effetti esplodenti; 2 «dinamiti» e prodotti affini negli effetti esplodenti; 3) «detonanti» e prodotti affi negli effetti esplodenti; 4) «artifici» e prodotti affini negli effetti esplodent «munizioni di sicurezza e giocattoli pirici».
2.1.2. A sua volta la categoria 5) «munizioni di sicurezza e giocattoli pirici» di cui al comma precedente si articola in più gruppi tra cui:
-gruppo C :1) giocattoli pirici;
-gruppo D: che comprende sub 4), anche i «manufatti pirotecnici da divertimento, ad effetto di scoppio e/o ad effetto luminoso»;
gruppo E, che comprende: «1) munizioni giocattolo; 2) air bag, pretensionatori per cinture di sicurezza e relativi generatori di gas od attuatori ricompresi nell’allegato I al decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 7 e successive modificazioni e aggiornamenti; 3) bossoli innescati per munizioni per armi di piccolo calibro; 4) inneschi per munizioni per armi di piccolo calibro e per cartucce industriali; 5) manufatti pirotecnici e cartucce per strumenti tecnici e industrial (es.: sparachiodi, per mattazione e cementeria); 6) cartucce a salve ad effetto sonoro per armi di libera vendita».
2.1.3. L’art. 3 della direttiva 2007/23/CE individua nell’ambito degli articoli pirotecnici più gruppi.
Nel gruppo dei fuochi d’artificio (gruppo a) sono ricompresi nella categoria 4 «fuochi d’artificio che presentano un rischio potenziale elevato e che sono destinati ad essere usati esclusivamente da persone con conoscenze specialistiche, comunemente noti quali “fuochi d’artificio professionali”, e il cui livello d rumorosità non è nocivo per la salute umana».
Nell’interpretare le norme appena richiamate, la giurisprudenza di legittimità ha precisato, ma con esclusivo riferimento alle “polveri” e ai “prodotti
affini negli effetti esplodenti”, come categorizzati nell’art. 82 cit. (Sez. 1, n. 285 del 5/2/2021, COGNOME, non mass.) e comunque non rientranti, nella categoria 4 del Gruppo A di cui all’art. 2 della direttiva 2007/23/CE (Sez. 1, n. 46212 del 11/11/2021, COGNOME, non mass.) che «non integra la contravvenzione prevista dall’art. 678 cod. pen. la detenzione di materiale esplodente, senza autorizzazione della competente autorità, allorché il quantitativo delle polveri esplodenti (nella specie petardi confezionati con polvere pirica) non supera i cinque chilogrammi (cfr. Sez. 1, n. 110 del 21/11/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223065 – 01; conforme, Sez. 1, n. 11176 del 13/2/2015, COGNOME, Rv. 262828 – 01).
Tenuto conto della operata ricognizione normativa e giurisprudenziale, va rilevato che all’odierno ricorrente è stata contestata la detenzione illegale di 312 grammi di polvere da sparo, che, secondo lo stesso tenore letterale del capo d’imputazione, risultano “compresi nella categoria I, art. 82 del regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S.”, che, come detto, annovera «polveri» e «prodotti affini negli effetti esplodenti».
Per tale categoria di polveri, vale, quindi, secondo l’art. 97 del regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S., il regime derogatorio all’obbligo di denuncia nel caso in cui il quantitativo tenuto in deposito o trasportato non superi i 5 kg di peso.
In tale situazione, ritenuto che la condotta di “detenzione” sia concettualmente ricompresa nella più ampia condotta di “tenere in deposito”, spettava al giudice di merito verificare se, in presenza di un quantitativo di materiale sequestrato che avrebbe permesso di escludere l’obbligo di denuncia (in quanto inferiore a 5 kg), detto materiale fosse ascrivibile o meno alla categoria degli “esplosivi” piuttosto che a quella del “materiale esplodente” e, quindi, se presentasse o meno la caratteristica della “micidialità”, propria dei soli “esplosivi”.
La motivazione sviluppata sul punto dalla Corte di appello di Caltanissetta a sostegno della qualificazione della condotta ai sensi dell’art. 2 I. n. 895 del 1967 non è persuasiva.
Invero, richiamata la relazione tecnica redatta dai Carabinieri del R.RAGIONE_SOCIALE. di Messina, che, tra l’altro, confermava la riconducibilità delle polveri in sequestro alla categoria di cui si è detto («polveri» e «prodotti affini negli effetti esplodenti la Corte territoriale ha frettolosamente concluso che “avuto riguardo alla tipologia, alla quantità e alla composizione bibasica dell’esplosivo rinvenuto, doveva propendersi per la micidialità del materiale esplosivo di che trattasi” (pag. 2 della sentenza impugnata), dopo aver in precedenza specificato che il materiale si trovava “all’interno di un barattolo senza una predisposizione tecnica utile a offendere”.
Manifestamente illogico, in primo luogo, è il riferimento alla “quantità” delle polveri in questione, posto che il peso di 312 grammi è ampiamente al di sotto di
quello di 5 kg, previsto dall’art. 97 del regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S., che consente la deroga all’obbligo di denuncia.
In secondo luogo, mancano nell’affermazione conclusiva dei giudici di
Caltanissetta i passaggi esplicativi atti a giustificare le asserite caratteristiche micidialità inerenti alla “tipologia” e alla “composizione bibasica” del materiale
de quo.
Tali incongruenze e lacune motivazionali impongono l’annullamento, in
parte qua, della sentenza impugnata.
5. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in relazione al delitto di ricettazione contestato al capo 2) della rubrica, non essendo stato individuato, con
chiarezza, il reato presupposto.
6. Il giudizio di rinvio andrà celebrato davanti ad altra sezione della Corte di appello di Caltanissetta, che provvederà a colmare le carenze e le incongruenze
della motivazione rilevate, attenendosi, quanto al capo 1), ai principi di diritto richiamati.
Le ulteriori censure devono considerarsi assorbite.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Caltanissetta.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2025
Il Consigliere estensore