Detenzione e Porto d’Armi: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Assorbimento
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in materia di reati contro la persona e l’ordine pubblico: la distinzione e il concorso tra detenzione e porto d’armi comuni da sparo. Questa decisione offre importanti chiarimenti su quando i due reati possano essere considerati un’unica condotta ai fini della pena e su quali elementi possano giustificare la concessione delle attenuanti generiche. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici supremi.
I Fatti del Caso
Il caso origina dal ricorso di un uomo condannato in primo grado dal Tribunale e in secondo grado dalla Corte d’Appello per i reati di detenzione e porto illegale di arma da sparo. La Corte d’Appello, pur confermando la responsabilità penale, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, sostituendo la pena della reclusione con quella della detenzione domiciliare. L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su due motivi principali: l’errata applicazione delle norme sul concorso di reati e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La questione del concorso tra detenzione e porto d’armi
Il primo motivo di ricorso si concentrava sul principio di assorbimento. Secondo la difesa, il delitto di porto illegale di arma avrebbe dovuto ‘assorbire’ quello di detenzione, poiché le due condotte erano avvenute nello stesso contesto. In pratica, l’imputato sosteneva di dover essere punito solo per il porto dell’arma e non anche per la sua detenzione.
La Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, ribadendo un orientamento consolidato. I giudici hanno spiegato che l’assorbimento del reato di detenzione in quello di porto d’arma è possibile solo a due precise condizioni:
1. La detenzione dell’arma deve iniziare nello stesso identico momento in cui l’arma viene portata in un luogo pubblico.
2. Deve essere provato che l’arma non sia stata detenuta in precedenza.
La Corte ha sottolineato che l’onere di allegare e dimostrare queste circostanze, ovvero la ‘contemporaneità’ delle due condotte, spetta all’imputato. Nel caso di specie, l’imputato non ha fornito alcuna specificazione o prova a sostegno di questa tesi, lasciando quindi i due reati distinti e autonomi.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Il secondo motivo di ricorso riguardava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale. La difesa aveva evidenziato che l’imputato aveva consegnato spontaneamente l’arma agli agenti di polizia giudiziaria che si apprestavano a perquisirlo. Questo gesto, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere valutato positivamente ai fini di una riduzione della pena.
Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto all’imputato. La Corte ha ritenuto la circostanza della consegna spontanea ‘trascurabile’, poiché avvenuta di fronte all’ ‘ineluttabilità’ della perquisizione. In altre parole, l’imputato non avrebbe agito per un reale ravvedimento, ma solo perché consapevole che l’arma sarebbe stata comunque trovata. La Corte ha quindi confermato che il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dalla semplice assenza di elementi positivi meritevoli di considerazione, come in questo caso.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su una solida logica giuridica. Per quanto riguarda il primo motivo, la distinzione tra detenzione e porto d’armi poggia sulla diversità dei beni giuridici tutelati: la detenzione riguarda il controllo sull’arma in un luogo privato, mentre il porto riguarda la sua disponibilità immediata in luogo pubblico, con un maggior pericolo per la sicurezza collettiva. L’assorbimento è un’eccezione che richiede una prova rigorosa della contestualità delle condotte, prova che qui mancava. Per il secondo motivo, la valutazione delle attenuanti generiche è un potere discrezionale del giudice di merito, e la Cassazione può sindacarla solo se la motivazione è manifestamente illogica. In questo caso, la motivazione dei giudici d’appello – che hanno ritenuto insufficiente la mera consegna dell’arma in un contesto coercitivo – è stata giudicata pienamente logica e coerente con i principi giurisprudenziali.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce due principi fondamentali per chi si occupa di diritto penale. In primo luogo, nel contesto dei reati di detenzione e porto d’armi, non si può dare per scontato l’assorbimento: è l’imputato a dover fornire elementi concreti per dimostrare che le due condotte sono state un tutt’uno sin dall’inizio. In secondo luogo, per ottenere le attenuanti generiche non basta un singolo gesto apparentemente positivo, ma è necessario che questo sia sintomo di una reale diminuzione della colpevolezza o della pericolosità, e non una mera reazione a una situazione senza via d’uscita. La decisione finale, che ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, serve da monito sull’importanza di fondare i ricorsi su argomentazioni solide e provate.
Quando il reato di porto illegale di arma assorbe quello di detenzione?
Secondo la Corte di Cassazione, il reato di porto illegale assorbe quello di detenzione solo se si verificano due condizioni: la detenzione dell’arma deve iniziare contestualmente al suo porto in luogo pubblico e deve esserci la prova che l’arma non fosse stata detenuta in precedenza. L’onere di dimostrare questa contestualità ricade sull’imputato.
La consegna spontanea dell’arma alla polizia garantisce le attenuanti generiche?
No, non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la consegna spontanea dell’arma di fronte a una perquisizione ormai inevitabile sia una circostanza ‘trascurabile’ e insufficiente per il riconoscimento delle attenuanti generiche, in quanto non dimostra un reale ravvedimento.
Su chi ricade l’onere di provare che detenzione e porto dell’arma sono iniziati nello stesso momento?
L’onere di allegare e fornire elementi specifici per dimostrare la contemporaneità tra la condotta di detenzione e quella di porto dell’arma ricade sull’imputato. In assenza di tale prova, i due reati vengono considerati distinti e concorrenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31928 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31928 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LECCE il 25/10/1985
avverso la sentenza del 29/11/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di NOME avverso la sentenza in epigrafe, con cui in data 29.11.2024 la Corte di Appello di Lecce ha parzialmente riformato la sentenza del g.u.p. del Tribunale di Lecce in data 3.4.2024 di condanna del ricorrente per i reati di detenzione e porto di arma comune da sparo, sostituendo la pena della reclusione con la detenzione domiciliare;
Considerato, quanto al primo motivo di ricorso, che la motivazione della sentenza impugnata abbia fatto, in ordine al profilo del concorso dei reati contestati, corretta applicazione del principio secondo cui il delitto di porto illegale di arma assorbe per continenza quello di detenzione solo quando la detenzione dell’arma inizi contestualmente al porto della medesima in luogo pubblico e sussista altresì la prova che l’arma non sia stata in precedenza detenuta (Sez. 1, n. 27343 del 4/3/2021, COGNOME, Rv. 281668 – 01; Sez. 1, n. 18410 del 9/4/2013, Vestita, Rv. 255687 – 01), rimarcando in proposito che l’imputato non avesse assolto all’onere di allegazione di specificazioni circa la contemporaneità delle due condotte;
Rilevato, quanto al secondo motivo di ricorso, che la sentenza impugnata, per un verso, ha richiamato sul punto la sentenza di primo grado (c.d. doppia conforme) e, per l’altro, ha già preso in considerazione gli elementi dedotti nel ricorso (ovvero, la circostanza, per vero trascurabile, che NOME, di fronte all’ineluttabilità della perquisizione cui stava per procedere la polizia giudiziaria, abbia consegnato spontaneamente l’arma) per ritenerli insufficienti ai fini dei riconoscimento delle circostanze ex art. 62-bis cod. pen., così facendo buon governo del principio secondo cui il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivi (Sez. 4, n. 32872 dell’8/6/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, n. 39566 del 16/2/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19.6.2025