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Detenzione domiciliare ultrasettantenni: quando è negata

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto ultrasettantenne contro il diniego della detenzione domiciliare. La decisione si fonda sulla valutazione della sua spiccata e persistente pericolosità criminale, ritenuta prevalente rispetto al mero dato anagrafico. La Corte ha stabilito che l’età avanzata non costituisce un diritto automatico al beneficio se la misura non è idonea a perseguire le finalità di prevenzione speciale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione domiciliare ultrasettantenni: quando è negata

La concessione della detenzione domiciliare ultrasettantenni è un tema di grande attualità nel diritto penitenziario, che bilancia le esigenze di clemenza legate all’età avanzata con quelle di sicurezza sociale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce che l’età, da sola, non è sufficiente a garantire il beneficio, specialmente di fronte a una persistente pericolosità del soggetto. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un detenuto, nato nel 1948, avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che gli aveva negato la misura della detenzione domiciliare. Il ricorrente, avendo superato la soglia dei settant’anni, aveva richiesto di poter scontare la pena presso la propria abitazione, confidando nel criterio anagrafico come fattore determinante per l’ottenimento del beneficio.

Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto l’istanza, basando la propria decisione su elementi negativi che delineavano un profilo di pericolosità sociale ancora attuale.

La Decisione della Corte sulla detenzione domiciliare ultrasettantenni

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno confermato la validità del ragionamento del Tribunale di Sorveglianza, stabilendo che la richiesta del detenuto era priva dei presupposti necessari per essere accolta. La conseguenza di tale decisione non è stata solo la conferma del diniego, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni: Pericolosità Sociale vs. Età Anagrafica

Il cuore della decisione risiede nel bilanciamento tra il dato anagrafico e la valutazione della personalità del condannato. La Corte ha evidenziato come elementi convergenti e negativi, tra cui una relazione di sintesi sfavorevole, dimostrassero una “spiccata pervicacia criminale” del soggetto. Questa ostinata inclinazione a delinquere è stata considerata un fattore ostativo, poiché la detenzione domiciliare ultrasettantenni, come ogni beneficio penitenziario, deve essere idonea a realizzare le finalità di prevenzione speciale, ovvero impedire che il condannato torni a commettere reati.

Secondo la Corte, la condizione di soggetto ultrasettantenne è recessiva, cioè passa in secondo piano, quando si scontra con una valutazione negativa sulla idoneità della misura. Non esiste alcun automatismo: il giudice deve sempre verificare in concreto se, nonostante l’età, la detenzione domiciliare sia adeguata a contenere la pericolosità del condannato e a favorire un suo percorso di reinserimento. In questo caso, la misura è stata ritenuta inidonea.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale dell’ordinamento penitenziario: la valutazione del giudice è sempre individualizzata e non può essere sostituita da criteri automatici. L’età avanzata è un elemento importante, che la legge prende in considerazione, ma non può prevalere su un giudizio di pericolosità sociale fondato su elementi concreti e attuali. Per i condannati e i loro difensori, ciò significa che l’istanza per la detenzione domiciliare ultrasettantenni deve essere supportata non solo dal certificato anagrafico, ma anche da prove che dimostrino l’affievolimento della pericolosità e l’adeguatezza della misura alternativa a scopi rieducativi.

L’età superiore a 70 anni garantisce automaticamente il diritto alla detenzione domiciliare?
No, secondo l’ordinanza in esame, la condizione di soggetto ultrasettantenne non comporta la concessione automatica del beneficio. Questo fattore è considerato recessivo rispetto a una valutazione negativa sulla pericolosità sociale del condannato.

Quali elementi possono impedire la concessione della detenzione domiciliare a un soggetto ultrasettantenne?
Elementi negativi convergenti, come una “spiccata pervicacia criminale” e relazioni di sintesi sfavorevoli, possono impedire la concessione della misura. Se tali elementi dimostrano che la detenzione domiciliare è inidonea a soddisfare le finalità di prevenzione speciale, il beneficio viene negato.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione contro il diniego della detenzione domiciliare viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata determinata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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