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Detenzione domiciliare ultrasettantenni: la Cassazione

La Cassazione, con Sentenza n. 34479/2025, rigetta il ricorso del PM. Chiarisce che la nuova procedura di detenzione domiciliare ultrasettantenni (art. 656 co. 9-bis c.p.p.) si applica solo a chi è già in custodia cautelare, non a tutti i condannati liberi sopra i 70 anni, per evitare disparità di trattamento.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Domiciliare Ultrasettantenni: La Cassazione Fissa i Paletti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34479 del 2025, ha fornito un’interpretazione cruciale sulla nuova normativa relativa alla detenzione domiciliare ultrasettantenni. La pronuncia chiarisce l’ambito di applicazione della procedura accelerata introdotta dall’art. 656, comma 9-bis, del codice di procedura penale, stabilendo che essa non è destinata a tutti i condannati sopra i settanta anni, ma solo a una specifica categoria.

I Fatti del Caso: La Nuova Procedura per la Detenzione Domiciliare Ultrasettantenni

Il caso nasce dal ricorso di un Procuratore della Repubblica contro un’ordinanza del Tribunale in funzione di Giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo aveva sospeso un ordine di esecuzione che disponeva la detenzione domiciliare provvisoria per una donna ultrasettantenne. Il Pubblico Ministero, applicando una nuova norma, aveva trasmesso gli atti al Magistrato di sorveglianza, il quale aveva concesso la misura provvisoria.

Tuttavia, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto l’applicazione della norma errata. Secondo il giudice, la nuova procedura accelerata era prevista solo per i condannati ultrasettantenni che si trovassero già in stato di custodia cautelare al momento della condanna definitiva. Poiché la condannata era libera, il giudice ha sospeso l’ordine e le ha concesso 30 giorni per richiedere una misura alternativa secondo la procedura ordinaria.

Il Procuratore ha impugnato questa decisione, sostenendo che il Giudice dell’esecuzione avesse interpretato la legge in modo restrittivo e fosse incompetente a decidere.

La Decisione della Cassazione e la corretta interpretazione della norma

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Procuratore, confermando la decisione del Giudice dell’esecuzione. I giudici supremi hanno stabilito due punti fondamentali:

1. Competenza del Giudice dell’Esecuzione: Il Giudice dell’esecuzione è pienamente legittimato a controllare la correttezza dell’ordine emesso dal Pubblico Ministero, anche quando questo dà seguito a un provvedimento del Magistrato di sorveglianza. Se il presupposto normativo per attivare una certa procedura manca, l’intero procedimento è viziato e il Giudice dell’esecuzione ha il potere di intervenire.

2. Ambito di Applicazione della Norma: La nuova procedura di detenzione domiciliare ultrasettantenni (art. 656, co. 9-bis c.p.p.) non è una regola generale. È stata introdotta come deroga specifica per risolvere la situazione dei condannati ultrasettantenni che, essendo già in custodia cautelare in carcere, non potrebbero beneficiare della sospensione dell’ordine di esecuzione prevista per i condannati liberi. La norma serve a garantire loro un accesso più rapido a una misura extracarceraria, evitando la permanenza in carcere dopo la condanna definitiva.

Le Motivazioni: Evitare Disparità e Rispettare la Ratio della Legge

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che un’interpretazione estensiva della norma, come quella proposta dal Procuratore, creerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento. Infatti, un condannato ultrasettantenne libero verrebbe immediatamente sottoposto alla detenzione domiciliare provvisoria, mentre un altro condannato (magari più giovane) per una pena simile, se libero, beneficerebbe della sospensione dell’esecuzione e avrebbe 30 giorni di tempo per chiedere una misura alternativa più favorevole (come l’affidamento in prova), rimanendo nel frattempo in stato di libertà.

La ratio della nuova legge non è quella di inasprire il trattamento per gli ultrasettantenni liberi, ma di favorire quelli già detenuti, in linea con il principio che considera le persone anziane particolarmente vulnerabili e la detenzione carceraria incompatibile con la loro condizione, salvo casi di eccezionale gravità.

La Cassazione ha quindi affermato che la procedura standard per i condannati liberi (anche se ultrasettantenni) a pene brevi rimane quella della sospensione dell’ordine di carcerazione, con la possibilità di presentare istanza per le misure alternative.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza chiarisce in modo definitivo un punto normativo di recente introduzione, offrendo una guida sicura per Pubblici Ministeri e Giudici. Le conclusioni pratiche sono le seguenti:

– La procedura accelerata per la detenzione domiciliare ultrasettantenni si applica solo se il condannato si trova in custodia cautelare in carcere per il titolo che deve essere eseguito.
– Per i condannati ultrasettantenni che si trovano in stato di libertà, si applica la procedura ordinaria prevista dall’art. 656, comma 5, c.p.p.: il PM emette l’ordine di esecuzione e contestualmente lo sospende, concedendo al condannato 30 giorni per chiedere misure alternative al Tribunale di Sorveglianza.

Quando si applica la nuova procedura accelerata per la detenzione domiciliare agli ultrasettantenni (art. 656, co. 9-bis c.p.p.)?
Secondo la Corte di Cassazione, questa procedura si applica esclusivamente ai condannati di età pari o superiore a settanta anni che si trovano già in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la loro sentenza diventa definitiva.

Perché la Cassazione ha ritenuto che applicare questa procedura a tutti gli ultrasettantenni creerebbe una disparità di trattamento?
Perché un condannato ultrasettantenne libero verrebbe immediatamente posto in detenzione domiciliare provvisoria, mentre altri condannati liberi (con pene simili) beneficiano della sospensione dell’esecuzione e possono chiedere misure alternative più favorevoli rimanendo liberi. Questo creerebbe un trattamento irragionevolmente più severo per gli anziani in stato di libertà.

Il Giudice dell’esecuzione può sindacare un ordine del Pubblico Ministero che applica in modo errato la detenzione domiciliare provvisoria?
Sì. La Corte ha confermato che il Giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di controllare la legittimità dell’operato del Pubblico Ministero. Se il PM avvia una procedura senza che ne sussistano i presupposti di legge, il Giudice dell’esecuzione può intervenire per rendere inefficace l’ordine e ripristinare la corretta procedura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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