Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7364 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME GiuseppeCOGNOME nato a Messina 1’11/11/1976
avverso il decreto emesso 1’01/08/2024 dal Magistrato di sorveglianza di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto emesso 11 agosto 2024 il Magistrato di sorveglianza di Messina negava l’autorizzazione formulata da NOME COGNOME, attualmente sottoposto al regime della detenzione domiciliare, presso la Comunità terapeutica assistita “Kennedy”, ubicata a Messina in INDIRIZZO finalizzata a consentirgli di disporre di un telefono cellulare per potere ricevere ed effettuare videochiamate con i propri familiari, indicati nella madre e nella figlia, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Avvero questo decreto, NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva reclamo davanti al Tribunale di sorveglianza di Messina, che, con provvedimento del 27 novembre 2024, qualificava l’impugnazione quale ricorso per cassazione, disponendo la trasmissione degli atti al giudice competente.
Con l’impugnazione proposta si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per avere la decisione in esame respinto l’istanza di autorizzazione formulata dal ricorrente senza alcuna adeguata motivazione, essendosi limitato il Magistrato di sorveglianza di Messina a escludere la necessità di utilizzare un apparecchio cellulare per effettuare le comunicazioni, potendo l’istante avvalersi degli strumenti di comunicazione della presso la Comunità terapeutica assistita “Kennedy”, esclusivamente rappresentati da un’utenza telefonica fissa, a disposizione di tutti gli ospiti della struttura peloritana.
Ne discendeva che il Magistrato di sorveglianza di Messina, nel respingere l’autorizzazione richiesta da NOME COGNOME non aveva tenuto conto delle ragioni che ne legittimavano la presentazione, che dovevano essere valutate anche alla luce del fatto che, all’interno della comunità terapeutica assistita dove si trovava allocato il ricorrente, la gran parte degli altri soggetti ospitati nella struttur disponeva di utenze cellulari per effettuare le comunicazioni con i propri congiunti.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Occorre premettere che il ricorso per cassazione presentato da NOME COGNOME al contrario di quanto sostenuto nella, pur pregevole, requisitoria del Sostituto Procuratore generale, deve ritenersi ammissibile, non ostando a tale ammissibilità il disposto dell’art. 111 Cost.
L’ammissibilità dell’atto di impugnazione in esame, infatti, discende dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte, che si attaglia perfettamente al caso di specie e che occorre ulteriormente ribadire, secondo cui: «Avverso i provvedimenti adottati dal magistrato di sorveglianza a seguito di richieste di modifica delle modalità di esecuzione della detenzione domiciliare (art. 47-ter, comma secondo, ord. pen.), è esperibile il ricorso in cassazione per violazione di legge, trattandosi di provvedimenti che incidono sulla libertà personale» (Sez. 1, n. 52134 del 07/11/2019, Z., Rv. 277884 – 01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 108 del 30/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254166 – 01).
Tali conclusioni traggono il loro fondamento sistematico dall’art. 111, settimo comma, Cost., che recita: «Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra».
Si muove, del resto, nella stessa direzione ermeneutica la previsione dell’art. 568, comma 2, cod. proc. pen., a tenore della quale: «Sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i -quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze, salvo quelle sulla competenza che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell’articolo 28».
Tale opzione ermeneutica, a sua volta, trae il proprio fondamento dal principio di diritto, risalente ma insuperato, affermato da Sez. U, n. 24 del 03/12/1996, dep. 2017, COGNOME, Rv. 206465 – 01, per gli omologhi provvedimenti emessi ex art. 284 cod. proc. pen., secondo cui: «I provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 284, terzo comma, cod. proc. pen., che regolano le modalità di attuazione degli arresti domiciliari relativamente alla facoltà dell’indagato di allontanarsi dal luogo di custodia, contribuiscono ad inasprire o ad attenuare il grado di afflittività della misura cautelare, e devono pertanto essere ricompresi nella categoria dei provvedimenti sulla libertà personale; ne consegue che ad essi si applicano le regole sull’impugnazione dettate dall’art. 310 cod. proc. pen., che prevede, in proposito, un sindacato di secondo grado esteso anche nel merito».
3. Tanto premesso, deve evidenziarsi che il decreto con cui veniva respinta l’istanza di autorizzazione formulata da NOME COGNOME finalizzata a consentirgli di disporre di un telefono cellulare per potere ricevere ed effettuare videochiamate con i propri familiari risulta sprovvisto di motivazione, essendosi limitato il Magistrato di sorveglianza di Messina, a giustificare il rigetto, con un provvedimento manoscritto ed estremamente sintetico, affermando che non sussistevano «ragioni di necessità potendo effettuare chiamate per il tramite della struttura».
Tale argomentazione rende evidente che, nel caso di specie, ci si trova di fronte a un’ipotesi di carenza assoluta di motivazione, per inquadrare la quale occorre evidenziare che il vizio deducibile in termini di mancanza di motivazione dei provvedimenti della magistratura di sorveglianza, conformemente a quanto, da tempo, affermato da Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611 – 01, nella materia dei ricorsi per cassazione, comprende, oltre all’ipotesi, meramente scolastica, di un provvedimento totalmente privo di giustificazioni, ma dotato del solo dispositivo, tutti i casi in cui la motivazione risulti strutturalmente sprovvista dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, al punto da risultare meramente apparente ovvero assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito nell’adottare un atto (tra le altre, Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, COGNOME, Rv. 261590 – 01; Sez. 1, n. 45723 del 24/10/2003, COGNOME, Rv. 226035 01).
A queste patologie motivazionali devono essere equiparate le ipotesi in cui le linee argomentative del provvedimento censurato appaiono criptiche, essendo talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione oggetto di vaglio giurisdizionale, rendendo l’atto processuale adottato privo di effettive enunciazioni argomentative (tra le altre, Sez. 1, n. 37351 del 06/05/2004, Trigila, Rv. 260805 – 01; Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, COGNOME, Rv. 230303 – 01).
In questa, consolidata, cornice ermeneutica, appare evidente che, nel caso di specie, il Magistrato di sorveglianza di Messina non poteva esimersi dal prendere in considerazione le ragioni su cui si fondava la richiesta di autorizzazione formulata da NOME COGNOME, finalizzata a consentirgli di disporre di un telefono cellulare per potere ricevere ed effettuare videochiamate con i propri familiari, indicati nominativamente nella madre e nella figlia, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Tali ragioni, peraltro, non potevano essere vagliate isolatamente, non potendo il Magistrato di sorveglianza di Messina esimersi dal considerare il dato,
segnalato dal ricorrente, secondo cui la gran parte degli altri soggetti ospi presso la Comunità terapeutica assistita “RAGIONE_SOCIALE“, ubicata a Messina in INDIRIZZO disponeva di utenze cellulari per effettuar comunicazioni private con i propri congiunti.
Le considerazioni esposte impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con il conseguente rinvio per nuovo giudizio al Magistrato di sorveglianza di Messina.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Messina.
Così deciso il 6 febbraio 2025.