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Detenzione domiciliare sanitaria: obbligo di valutazione

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale di Sorveglianza che aveva negato la detenzione domiciliare sanitaria a un condannato. Il giudice di merito aveva erroneamente applicato un limite di pena non pertinente, omettendo completamente di valutare le gravi condizioni di salute del richiedente, che costituiscono il presupposto fondamentale per questa specifica misura alternativa alla detenzione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Domiciliare Sanitaria: Quando il Giudice Deve Valutare la Salute del Condannato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 3074/2024) ha riaffermato un principio cruciale nell’ambito dell’esecuzione penale: il giudice ha il dovere di valutare nel merito le istanze basate su specifiche previsioni di legge. In particolare, quando un detenuto chiede la detenzione domiciliare sanitaria per gravi condizioni di salute, il Tribunale di Sorveglianza non può respingere la richiesta per motivi puramente formali legati a limiti di pena previsti per altre fattispecie. Vediamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Un condannato aveva presentato un’istanza al Tribunale di Sorveglianza di Genova per ottenere la detenzione domiciliare sanitaria, basando la sua richiesta sulla gravità delle proprie condizioni di salute. Contestualmente, aveva richiesto anche l’affidamento in prova al servizio sociale.

Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, dichiarava inammissibile la richiesta di detenzione domiciliare, sostenendo che il fine pena fosse superiore ai due anni, e rigettava quella di affidamento in prova per carenza dei presupposti di merito. In sostanza, il giudice non era entrato nel merito della questione sanitaria, fermandosi a una valutazione formale errata.

Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Il punto centrale del ricorso era chiaro: il Tribunale aveva ignorato che la richiesta era fondata sull’art. 47-ter, comma 1, lettera c), dell’Ordinamento Penitenziario, che prevede la possibilità di concedere la detenzione domiciliare per motivi di salute anche quando la pena residua da scontare è fino a quattro anni.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla detenzione domiciliare sanitaria

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno evidenziato come il Tribunale di Sorveglianza di Genova avesse commesso un palese errore di diritto. La richiesta del condannato non era una generica istanza di detenzione domiciliare, ma una specifica richiesta di detenzione domiciliare sanitaria, il cui presupposto principale è proprio la condizione di salute del soggetto.

Questa specifica misura è ammissibile per pene residue inferiori ai quattro anni (residuo pena infraquadriennale), una condizione che nel caso di specie era soddisfatta. Di conseguenza, il Tribunale avrebbe dovuto procedere a una valutazione approfondita dello stato clinico del richiedente, cosa che invece non è stata fatta.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione è netta e lineare: il Tribunale di Sorveglianza ha omesso di statuire e di argomentare sull’oggetto principale dell’istanza. Le argomentazioni sulle condizioni di salute del condannato non erano un contorno, ma l’elemento centrale per ottenere la misura ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1, lett. c), Ord. pen. Ignorandole, il giudice ha di fatto eluso il proprio dovere di valutazione.

La Corte sottolinea che, una volta verificata l’ammissibilità formale della richiesta (in questo caso, il limite di pena infraquadriennale), il giudice del merito deve obbligatoriamente esaminare la sussistenza dei presupposti sostanziali. In questo caso, il presupposto era lo stato di salute del condannato, che non è stato ‘in alcun modo apprezzato’.

Le Conclusioni

Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al diniego della detenzione domiciliare, disponendo il rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Genova per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà, questa volta, esaminare nel merito le condizioni di salute del condannato per decidere se concedere o meno la misura alternativa richiesta. La sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: ogni istanza deve essere esaminata alla luce della specifica norma invocata, senza che il giudice possa sottrarsi alla valutazione dei presupposti di fatto che la sostengono.

Qual è la principale differenza tra detenzione domiciliare ordinaria e detenzione domiciliare sanitaria?
La principale differenza risiede nei presupposti e nei limiti di pena. La detenzione domiciliare sanitaria, prevista dall’art. 47-ter, comma 1, lett. c) Ord. pen., è concessa in ragione di gravi condizioni di salute ed è ammissibile per pene residue fino a quattro anni, un limite più ampio rispetto ad altre forme di detenzione domiciliare.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale di Sorveglianza?
La Corte ha annullato la decisione perché il Tribunale di Sorveglianza ha commesso un errore di diritto. Ha respinto la richiesta applicando un limite di pena non corretto e, soprattutto, ha omesso completamente di valutare le condizioni di salute del condannato, che erano il fondamento specifico della richiesta di detenzione domiciliare sanitaria.

Cosa deve fare un giudice quando riceve un’istanza di detenzione domiciliare per motivi di salute?
In base a questa sentenza, il giudice deve prima verificare se la pena residua rientra nel limite di quattro anni previsto per questa specifica misura. Se il requisito è soddisfatto, è obbligato a esaminare nel merito le condizioni cliniche del richiedente per stabilire se siano sufficientemente gravi da giustificare la concessione della detenzione domiciliare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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