Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30409 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30409 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
1.Con ordinanza in data 7.4.2025, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha provveduto su un’istanza del detenuto XXXXXXXXXXXXXXXXXX di differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare, che il Magistrato di Sorveglianza, rimettendo poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza per la decisione definitiva, aveva rigettato in via provvisoria.
Il Tribunale di Sorveglianza ha premesso che il detenuto aveva beneficiato della concessione del differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare, prima in via provvisoria dal Magistrato di sorveglianza il 16.11.2023 e poi con ordinanza del Tribunale di sorveglianza del 29.4.2024; tale differimento era stato sospeso e, quindi, revocato dal Tribunale di sorveglianza il 7.11.2024 per effetto di una denuncia di XXXXXXXXXXX da parte dei Carabinieri per un furto in un supermercato del 15.10.2024. Con istanza dell’11.11.2024 la difesa del detenuto chiedeva nuovamente la concessione del differimento della pena, anche nelle forme della detenzione domiciliare ex art. 47ter , comma 1ter , ord. pen. Il Magistrato di sorveglianza rigettava l’istanza in via provvisoria il 26.11.2024 e rimetteva gli atti al Tribunale di sorveglianza per la decisione definitiva.
L’ordinanza del 7.4.2025 ha dato atto che Ł stata presentata un’altra istanza difensiva il 10.1.2025, pure rigettata in via provvisoria dal Magistrato di sorveglianza, e che la relazione clinica aggiornata del 7.3.2025 attesta che il detenuto presenta una paraplegia midollare post traumatica da precipitazione nel 2015, la quale ha causato patologia da vescica neurologica e da paralisi intestinali. Il paziente si mobilizza con difficoltà su carrozzina, con conseguenti difficoltà legate alle barriere architettoniche presenti in istituto nonchØ all’assenza di ausili sanitari specifici per disabilità e di personale di assistenza alla persona.
Il 20.2.2025 XXXXXXXXXXX Ł stato sottoposto a visita fisiatrica presso l’ospedale, con le indicazioni di effettuare dieci sedute di rieducazione motoria, motivo per cui Ł stato richiesto
– Relatore –
Sent. n. sez. 2094/2025
CC – 13/06/2025
R.G.N. 14371/2025
il suo trasferimento presso il carcere di Busto Arsizio ove Ł presente il servizio di fisioterapia.
Ciò detto, il Tribunale ha ritenuto che non ricorrano le condizioni per disporre il differimento della pena, sia pure nelle forme della detenzione domiciliare.
Innanzitutto, il fatto che il condannato abbia già reiteratamente violato le prescrizioni della detenzione domiciliare per dedicarsi alla commissione di furti denota un’assoluta inaffidabilità e un’elevata pericolosità sociale.
In secondo luogo, il condannato, pur sottoposto a differimento di pena, ha conservato comunque un margine di autonomia non ostacolato dalle sue condizioni di salute, in quanto durante la vigenza del precedente differimento poteva muoversi per recarsi al lavoro a cui era stato autorizzato e in ogni caso avendo usato la sua possibilità di movimento per recarsi a commettere furti.
Quanto alla valutazione delle sue condizioni di salute, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto che dalle relazioni cliniche non emerga una incompatibilità assoluta con il regime detentivo.
Di conseguenza, i giudici hanno rigettato l’istanza, osservando che peraltro la situazione sanitaria problematica del condannato potrebbe trovare un miglioramento con il trasferimento in altra struttura carceraria, come espressamente prospettato nella relazione del 7.3.2025.
2.Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore di XXXXXXXXXXXXXXXXXX, articolando un unico motivo, con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 546, comma 3, cod. proc. pen., 3 Cedu, 146-147 cod. pen., 47ter ord. pen., e la manifesta illogicità del provvedimento, redatto con travisamento delle prove.
Il difensore aveva proposto ricorso avverso la revoca del differimento pena nelle forme della detenzione domiciliare disposta dal Tribunale di sorveglianza con ordinanza del 7.11.2024 e la Corte di cassazione ha già annullato con rinvio il provvedimento.
In attesa della decisione sul primo ricorso, il difensore si Ł però rivolto nuovamente al Magistrato di sorveglianza, perdurando le condizioni di salute del condannato totalmente incompatibili con la detenzione.
La precedente decisione di rigetto Ł stata reiterata nonostante dalla relazione sanitaria emergano drammatiche condizioni del condannato, di cui il tribunale di sorveglianza non ha tenuto affatto conto.
Il collegio Ł incorso in un macroscopico travisamento del fatto, ritenendo che le condizioni del detenuto rimangano invariate, benchØ si tratti di malattia che per sua natura, se non costantemente trattata, precipita verso esiti infausti e che lo stress aggiuntivo del carcere rende ancora piø grave.
La decisione non si coniuga con il concetto di pena come definito, oltre che dalla Costituzione, dalla normativa di matrice europea e internazionale, nØ Ł compatibile con il divieto di trattamenti inumani e degradanti sancito dall’art. 3 Cedu. In questa sede, si controverte unicamente della salute del condannato e nØ la durata della pena ancora da scontare, nØ il comportamento tenuto in precedenza, possono scalfire il diritto del detenuto alla salute e, prima ancora, alla vita. La questione riguarda solo la compatibilità delle condizioni di salute del condannato con il regime detentivo.
3. Con requisitoria scritta trasmessa il 24.5.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando che il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha fondato la decisione sulle indicazioni della relazione sanitaria aggiornata (successiva alla sentenza di annullamento della Corte di cassazione prodotta dalla difesa), la quale ha escluso che le
condizioni di salute del detenuto fossero incompatibili con il regime detentivo. Peraltro, l’episodio per il quale Ł intervenuta la revoca del precedente differimento Ł stato ragionevolmente valutato quale indice di un certo margine di autonomia non ostacolato dalle condizioni di salute, sicchØ la motivazione Ł, in definitiva, congrua e immune da illogicità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato nei termini di seguito esposti.
1. Il giudice chiamato a decidere sul differimento dell’esecuzione della pena o, in subordine, sull’applicazione della detenzione domiciliare per motivi di salute deve effettuare un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le condizioni complessive di salute di quest’ultimo con riguardo sia all’astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici disponibili, sia alla concreta adeguatezza della possibilità di cura ed assistenza che nella situazione specifica Ł possibile assicurargli (Sez. 1, n. 37062 del 9/4/2018, COGNOME, Rv. 273699 – 01).
In conseguenze della esigenza di tale bilanciamento, Ł necessario verificare, pertanto, che la malattia da cui Ł affetto il condannato non sia tale da esigere un trattamento non facilmente attuabile nello stato di detenzione (Sez. 1, n. 11725 del 14/3/2025, S., Rv. 287692 – 01; Sez. 1, n. 2337 del 13/11/2020, dep. 2021, Pg c. COGNOME, Rv. 280352 – 01).
La valutazione di compatibilità o meno delle condizioni di salute del detenuto con le finalità rieducative della pena, dunque, deve essere sempre operata alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità e tenendo conto delle concrete potenzialità della struttura interna al luogo di detenzione (Sez. 1, n. 37086 dell’8/6/2023, G., Rv. 285760 – 01, in motivazione).
Come efficacemente sintetizzato da una recente pronuncia di questa Corte (Sez. 1, n. 49621 dell’11.10.2023, D., Rv. 286458 – 01, diffusamente in motivazione), l’ordinamento prevede un articolato assetto regolativo del rapporto tra esecuzione penale e condizioni di salute del condannato, che affida al differimento facoltativo lo strumento normativo attraverso cui dare decisa prevalenza alle istanze di tutela dei principi di umanità in tutti i casi in cui la situazione clinica del soggetto sia compromessa, salva la possibilità di ricorrere all’ipotesi speciale di detenzione domiciliare, cosiddetta ‘umanitaria’, contemplata dall’art. 47ter , comma 1ter , Ord. pen., nel caso in cui vi siano esigenze di contenimento della pericolosità sociale del soggetto.
Con riferimento specifico a tale ipotesi, l’art. 47ter , comma 1ter , Ord. pen. consente di applicare, lì dove residuino esigenze special preventive, la detenzione domiciliare in favore del condannato che si trova nella medesima situazione che legittima il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ex art. 147, primo comma, n. 2), cod. pen. ¨, dunque, necessario che l’infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche nell’ambito carcerario, o comunque da far sì che l’espiazione della pena, per le sofferenze aggiuntive, eccessive e ingiustificate che ne derivano, avvenga in aperto dispregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento dei detenuti.
Il giudice, investito della delibazione della domanda per l’applicazione di un beneficio penitenziario legato ad uno stato di infermità, deve valutare concretamente tale stato, la compatibilità o meno dell’infermità con le possibilità di assistenza e cura offerte dal sistema carcerario e, soprattutto, l’esigenza di non ledere comunque il fondamentale diritto alla salute e il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, previsti dagli artt. 32 e 27 Cost. Tenuto conto che una sofferenza aggiuntiva si produce comunque, inevitabilmente, ogni qual volta
la pena debba essere eseguita nei confronti di soggetto in non perfette condizioni di salute e che essa può assumere rilievo solo quando si appalesi di entità tale da superare i limiti della umana tollerabilità, il giudice non può limitarsi ad una astratta considerazione del quadro patologico e dei presidi sanitari e terapeutici posti a disposizione del detenuto, ma deve considerare la concreta situazione, sia della condizione clinica del paziente, sia delle possibilità di cura e assistenza che, nella situazione specifica, Ł possibile assicurargli, sia della concreta sofferenza aggiuntiva che la detenzione carceraria può determinare.
Sulla scorta di questo indirizzo interpretativo, Ł stato ritenuto che il concetto di “grave infermità fisica” debba ritenersi comprensivo del divieto di oltrepassare l’inevitabile grado di sofferenze inerente alla detenzione (così, ancora, Sez. 1, n. 49621 dell’11.10.2023, sopra citata, che richiama Corte EDU, sent. 26 ottobre 2000, Kudla c. Poland, § 94).
Questo vuol dire che la valutazione della gravità delle condizioni di salute del detenuto e della loro compatibilità con il regime carcerario al quale egli Ł sottoposto Ł soggetta a un giudizio bifasico, da effettuarsi dapprima in astratto, tenendo conto dell’inquadramento nosografico della patologia che affligge il detenuto e della astratta possibilità di cura, e, quindi, in concreto, tenendo conto delle modalità di somministrazione delle terapie di cui il soggetto necessita, valutate in relazione all’istituto penitenziario in cui Ł ristretto.
Alla luce dei principi fin qui delineati, Ł da ritenersi che nell’ordinanza impugnata il Tribunale di Sorveglianza di Milano non ne abbia fatto una integrale applicazione.
Dopo aver operato una ricognizione delle condizioni di salute del detenuto sulla base delle risultanze della piø recente relazione sanitaria, i giudici si sono limitati ad una valutazione in astratto della compatibilità tra la patologia accertata e lo stato di detenzione, ma non hanno valutato la possibilità che il trattamento in concreto riservato al detenuto potesse scadere in ambito inumano o degradante, costituzionalmente e convenzionalmente inibito perchØ lesivo del fondamentale diritto alla salute e del divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, ex artt. 32 e 27 Cost. (Sez. 1, n. 3262 dell’1/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265722 – 01).
La stessa ordinanza, invero, dà atto che la patologia di cui soffre XXXXXXXXXXX costringe il detenuto a mobilizzarsi su una carrozzina, con tutte le difficoltà aggiuntive che derivano dal fatto che nell’istituto ove egli Ł ristretto persistono barriere architettoniche, sono assenti ausili sanitari specifici e non Ł previsto l’impiego di personale adibito all’assistenza alla persona.
Si tratta di condizioni di salute oggettivamente assai problematiche, perchØ, anche se il tribunale sottolinea che non vi sia incompatibilità ‘assoluta’ con il regime carcerario, ciò nondimeno sono immaginabili i particolari impedimenti in termini di agibilità e di vivibilità in un ambiente in cui, alle ordinarie restrizioni della libertà personale, si sommano ulteriori ostacoli oggettivi, che rendano vieppiø complicati e malfermi, a chi soffre già di una patologia di notevole rilievo, anche i piø comuni ed elementari atti della vita quotidiana.
La motivazione, quindi, appare carente nella parte in cui il provvedimento impugnato non valuta compiutamente la concreta incidenza della particolare situazione ambientale della detenzione del ricorrente sul suo peculiare quadro clinico; ciò che sarebbe stato, invece, necessario per verificare se la condizione in cui si trova XXXXXXXXXXX non potesse configurare piuttosto una detenzione degradante.
La valutazione di compatibilità cui Ł pervenuto il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto tenere conto che lo stato di salute incompatibile con il regime carcerario Ł anche quello idoneo a determinare una situazione detentiva al di sotto della soglia di dignità che pure in carcere si richiede debba essere rispettata (Sez. 1, n. 22373 dell’8/5/2009, Aquino,
Rv. 244132-01; Sez. 1, n. 16681 del 24/1/2011, COGNOME, Rv. 249966 – 01).
Condizioni che, in astratto, risultano generalmente adeguate per i detenuti potrebbero tuttavia rivelarsi inadeguate in rapporto alle caratteristiche di una determinata patologia, come quella di specie, e dare vita, pertanto, ad un trattamento contrario al senso di umanità.
Fermo restando l’apprezzamento della pericolosità del condannato cui ha proceduto l’ordinanza impugnata, la necessaria opera di bilanciamento tra contrapposte esigenze, cui si faceva cenno sopra, avrebbe richiesto di valutare se le indubbie esigenze special preventive giustificassero il sacrificio totale delle esigenze di tutela della salute del condannato.
Viceversa, la valutazione del tribunale si Ł arrestata alla affermazione del difetto di incompatibilità ‘assoluta’ delle condizioni del ricorrente con il regime detentivo, così facendo riferimento a un elemento che tuttavia non Ł espressamente contemplato dal combinato disposto degli artt. 147 cod. pen. e 47ter , comma 1ter , Ord. pen., secondo cui la detenzione domiciliare c.d. surrogatoria può essere concessa in casi di infermità fisica ‘grave’ e non ‘assolutamente incompatibile’ con la detenzione carceraria.
A quanto fin qui osservato, consegue, dunque, che l’ordinanza impugnata debba essere annullata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Milano, per un nuovo esame alla luce dei principi innanzi indicati.
Si deve disporre, inoltre, che, in caso di diffusione del presente provvedimento, vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196/03, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Milano.
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS.
196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 13/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME