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Detenzione domiciliare salute: Cassazione rigetta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una detenuta che chiedeva la detenzione domiciliare salute a causa di gravi patologie cardiache e reumatiche. La Corte ha confermato la decisione del Tribunale di Sorveglianza, ritenendo le sue condizioni compatibili con il regime carcerario e sottolineando la sua pericolosità sociale, bilanciando così il diritto alla salute con le esigenze di sicurezza pubblica.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione domiciliare salute: Quando la malattia non basta a uscire dal carcere

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30353/2025, affronta un tema cruciale nel diritto penitenziario: il delicato equilibrio tra il diritto alla salute del detenuto e le esigenze di sicurezza della collettività. Il caso in esame riguarda la richiesta di detenzione domiciliare salute avanzata da una condannata affetta da gravi patologie. La decisione della Suprema Corte fornisce importanti chiarimenti sui presupposti per la concessione di tale beneficio, sottolineando che la sola esistenza di una malattia, seppur seria, non è sufficiente a giustificare un allontanamento dal regime carcerario.

I Fatti del Caso

Una donna, condannata a una pena di quattordici anni e sei mesi di reclusione, presentava un ricorso al Tribunale di Sorveglianza chiedendo il differimento della pena, o in subordine la detenzione domiciliare, a causa delle sue precarie condizioni di salute. La detenuta soffriva di cardiopatia ipertensiva ischemica, artrite reumatoide e una grave forma di depressione. A sostegno della sua istanza, la difesa evidenziava come la donna fosse stata trasportata d’urgenza al pronto soccorso in due occasioni a breve distanza l’una dall’altra, a riprova dell’incompatibilità del suo stato di salute con il regime detentivo.

Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, rigettava la richiesta. Secondo i giudici, il quadro clinico, sebbene complesso e caratterizzato da fattori di rischio noti ai sanitari del carcere, era costantemente monitorato e gestibile all’interno della struttura penitenziaria, anche attraverso l’accesso a presidi sanitari esterni in caso di necessità, come dimostrato proprio dai ricoveri in pronto soccorso. Inoltre, il Tribunale valorizzava le informazioni acquisite dalla DDA e dalla Questura, che evidenziavano collegamenti acclarati della condannata con associazioni criminali attive nel territorio, delineando un profilo di elevata pericolosità sociale.

La Decisione della Corte sulla detenzione domiciliare salute

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno ribadito i principi consolidati in materia, chiarendo che la concessione del differimento della pena o della detenzione domiciliare per motivi di salute non è un automatismo derivante dalla diagnosi di una patologia.

La valutazione del giudice deve essere complessa e articolata, basandosi su un duplice binario:
1. La valutazione sanitaria: Occorre verificare se la malattia sia talmente grave da porre in serio pericolo la vita del detenuto o da provocare altre conseguenze dannose, e se le cure necessarie possano essere prestate adeguatamente in regime di detenzione.
2. Il bilanciamento degli interessi: L’interesse del condannato alla tutela della salute, costituzionalmente garantito, deve essere bilanciato con l’interesse della collettività alla sicurezza e alla difesa sociale, rappresentato dalla pericolosità del soggetto.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente eseguito questo bilanciamento, fornendo una motivazione logica e coerente, priva di vizi.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha sottolineato diversi punti chiave per motivare il rigetto del ricorso. In primo luogo, ha evidenziato che il provvedimento impugnato si basava su una documentazione sanitaria completa e aggiornata, che attestava un costante monitoraggio delle patologie della condannata e la possibilità di effettuare trattamenti e accertamenti diagnostici in regime penitenziario. La possibilità di ricorrere a strutture esterne (come il pronto soccorso) è stata vista non come una prova di incompatibilità, ma come una dimostrazione dell’efficacia del sistema nel gestire le emergenze.

In secondo luogo, la Corte ha respinto la critica relativa alla mancata disposizione di una perizia medica. Ha ricordato che la perizia è un mezzo di prova essenzialmente discrezionale e il giudice non è tenuto a disporla se ritiene, come in questo caso, di possedere già tutti gli elementi necessari per decidere. La valutazione dei giudici di merito è stata considerata esauriente e basata su dati tecnici concreti.

Infine, è stato dato ampio peso al profilo della pericolosità sociale della ricorrente. I legami con contesti criminali, evidenziati dalle informative delle autorità, sono stati ritenuti un elemento decisivo nel bilanciamento degli interessi, facendo prevalere l’esigenza di contenere la residua pericolosità attraverso il mantenimento del regime detentivo.

Le Conclusioni

La sentenza in commento ribadisce un principio fondamentale: l’espiazione della pena in carcere non deve contrastare con il senso di umanità e deve garantire il diritto alla salute. Tuttavia, non qualsiasi infermità giustifica una misura alternativa. È richiesta una condizione di gravità tale da superare i limiti della ‘umana tollerabilità’ e da rendere le cure in carcere inadeguate o impossibili. La decisione finale spetta al giudice, che deve operare un attento bilanciamento tra la salute del singolo e la sicurezza della collettività, fondando la propria scelta su una motivazione logica, completa e basata su dati concreti. Questo caso dimostra come, anche in presenza di patologie significative, una valutazione ponderata della pericolosità sociale possa legittimamente condurre al rigetto della richiesta di detenzione domiciliare.

Una grave patologia è sufficiente per ottenere automaticamente la detenzione domiciliare per motivi di salute?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non basta la presenza di una patologia, anche grave. È necessario che la malattia ponga il detenuto in un serio pericolo di vita o che le cure necessarie non possano essere prestate adeguatamente in carcere o tramite strutture sanitarie esterne.

Come viene bilanciato il diritto alla salute del detenuto con le esigenze di sicurezza della società?
Il giudice deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse del condannato a essere curato e le esigenze di sicurezza collettiva. In questo caso, anche a fronte di condizioni di salute serie, la ritenuta pericolosità sociale della persona, basata sui suoi legami con contesti criminali, ha avuto un peso determinante nel negare il beneficio.

Il giudice è obbligato a disporre una perizia medica se richiesta dalla difesa?
No. La perizia è un mezzo di prova discrezionale. Se il giudice ritiene di avere già elementi sufficienti per decidere (come relazioni sanitarie dettagliate e documentazione clinica), può motivatamente rigettare la richiesta di una nuova perizia, come avvenuto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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