Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30353 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30353 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 03/03/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di Milano lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato la domanda di differimento nelle forme della detenzione domiciliare, proposta da XXXXXXXXXXXXXX, relativa alla pena, di cui al provvedimento di determinazione di pene concorrenti del 5 settembre 2024, pari ad anni quattordici e mesi sei di reclusione. Il Tribunale ha osservato che già con decreto del 24 ottobre 2024 il Magistrato di sorveglianza di Pavia aveva respinto la richiesta in via provvisoria di differimento dell’esecuzione della pena e ha segnalato l’acquisizione di relazione sanitaria aggiornata, trasmessa il 3 marzo 2025, dalla quale si ricava un quadro analogo a quello valutato dal Magistrato, arricchito da visite specialistiche di tipo cardiologico, visita chirurgica ed ecografia, per una neoformazione frontale sinistra che aveva ricevuto la diagnosi di lipoma, da esami relativi al rachide lombosacrale e dalla visita cardiologica, per controllo del pacemaker da programmare.
Il Tribunale ha confermato il quadro di compatibilità con il regime carcerario in atto delle condizioni di salute della condannata, ritenendo possibile l’effettuazione di accertamenti e trattamenti diagnostici in regime penitenziario e la superfluità di un esame peritale, visto il chiaro quadro sanitario e la presenza di criticità con relativi fattori di rischio, ben noti ai sanitari, che comunque avevano determinato il tempestivo e prudenziale accesso in urgenza al Pronto soccorso, in presenza di dolore toracico, segnalando la possibilità in caso di necessità, comunque, di accesso alle strutture di cui all’art. 11 Ord. pen. o a istituti dotati di SAI.
A tale considerazione, il provvedimento affianca l’esito delle informazioni assunte, presso la DDA e la Questura di Roma, che evidenziano collegamenti acclarati della condannata con il territorio di XXXXXX e con l’attività di gestione della piazza di spaccio della zona di XXXXXXXXXXXX da parte di due famiglie sint, nonchØ il collegamenti con la famiglia XXXXXXXXXX cioŁ del coniuge e dei figli, tutti condannati per aver fatto parte di
– Relatore –
Sent. n. sez. 1971/2025
CC – 04/06/2025
R.G.N. 12885/2025
associazione capeggiata dal coniuge, nonchØ dei legami con la famiglia XXXXXXX, i cui componenti sono indicati come, recentemente, attinti da misura cautelare detentiva per violazione della normativa in materia di stupefacenti in forma associativi. La situazione sanitaria Ł stata valutata alla luce dei parametri illustrati a pagina 2 del provvedimento, reputando insussistenti condizioni di incompatibilità con il regime carcerario, nonchØ bilanciando l’esigenza di contemperare la tutela della salute della condannata con i profili di evidente pericolosità sociale attestati dall’attività istruttoria espletata.
Propone tempestivo ricorso per cassazione la condannata, per il tramitel difensore, denunciando violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 147 n. 2 cod. pen. e 47ter comma 1ter Ord. pen., con vizio di motivazione.
2.1. Il Tribunale, dopo aver riassunto il contenuto della relazione sanitaria risalente al 18 febbraio 2025, ha confermato un quadro di compatibilità con il regime detentivo non ritenendo necessario disporre perizia.
La difesa sottolinea l’esistenza di una cardiopatia ipertensiva ischemica, artrite reumatoide e importante depressione conseguente alla morte del figlio avvenuta in carcere per polmonite, fattori di rischio rappresentati dal consulente tecnico di parte, ben noti ai sanitari della struttura penitenziaria tanto che Ł stato disposto il tempestivo accesso in pronto soccorso in presenza di dolore toracico.
La motivazione non tiene conto, però, dell’ultima parte della relazione sanitaria laddove si afferma che, dagli esami ematochimici, si evidenzia un deficit di vitamina D e l’aumento della ves in artrite reumatoide.
Si rimarca che i ricoveri di urgenza al pronto soccorso sono stati due e che questi si sono susseguiti a distanza di un mese l’uno dall’altro. Questi, per la ricorrente, avrebbero dovuto condurre ad una valutazione oggettiva di incompatibilità; ciò, tenuto conto che il cardiologo e consulente ha evidenziato che la ricorrente Ł affetta da cardiopatia ipertensiva ischemica, con rivascolarizzazione parziale dell’arteria discendente con impianto di pacemaker , pericardite post procedurale da verosimile riacutizzazione di artrite reumatoide, segnalando un rischio vascolare molto elevato in considerazione della presenza di una malattia infiammatoria cronica, concludendo per l’incompatibilità delle condizioni di salute con il regime detentivo.
La ricorrente evidenzia che la valutazione della gravità delle condizioni di salute va svolta, da un lato, in astratto, da una parte, ma, dall’altro, anche in concreto in rapporto alla possibilità di effettiva somministrazione, nel circuito penitenziario, delle terapie di cui il detenuto necessita. Invece, nel caso di specie, sarebbe stato ammesso dallo stesso istituto penitenziario che si sono verificate due condizioni di urgenza, a causa delle patologie della detenuta, che avevano costretto i sanitari a rivolgersi al pronto soccorso esterno all’Istituto di pena.
Del resto, la stessa relazione sanitaria afferma che vi potrebbe essere la riacutizzazione della patologia circostanza non valutata dal Tribunale. Inoltre, si osserva che la conoscenza delle patologie da cui Ł affetta la condannata e dei fattori di rischio da parte dei sanitari dell’istituto penitenziario non attesta la compatibilità in concreto dello stato di salute della condannata con il regime detentivo in atto. Infine, non viene segnalato se la condannata possa in caso di libertà fruire di trattamenti sostanzialmente diversi e piø efficaci rispetto a quelli praticati nel regime detentivo.
Si rammenta che la concessione della detenzione domiciliare per grave infermità fisica implica la valutazione delle condizioni di salute del condannato e la verifica se queste possano essere adeguatamente assicurate all’interno dell’istituto penitenziario o in centri
clinici e se queste siano meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità tenuto conto anche della durata del trattamento , dell’età del detenuto, dati da valutare comparativamente rispetto al rischio di recidiva. Infatti, la Corte Suprema ha piø volte sottolineato che ai fini dell’istanza di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena non Ł necessaria una incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione ma Ł sufficiente che l’infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita o da non poter assicurare la prestazione di cure adeguate. Si richiama giurisprudenza di legittimità secondo la quale ove il giudice, in presenza di dati o documentazione clinica attestanti l’incompatibilità delle condizioni di salute del condannato, ritenga di non accogliere l’istanza di differimento, deve basarsi su dati tecnici e medici necessari, all’occorrenza nominando un perito, senza fare riferimento soltanto l’astratta idoneità di presidi sanitari a disposizione del detenuto all’interno del circuito penitenziario, ma valutando in concreto la situazione specifica che Ł possibile assicurare al condannato.
Si segnala che la casa di reclusione ove la detenuta Ł ristretta non Ł dotata di un centro ospedaliero specialistico che possa fronteggiare la patologia della condannata tanto che questa in caso di dolore toracico Ł dovuta accedere al pronto soccorso esterno per due volte.
Infine, si segnala che la motivazione sarebbe carente in quanto non si valutano le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento delle condizioni di salute della condannata con violazione degli artt. 27, comma 3 e 32 Cost.
2.2. In relazione alle informazioni assunte circa i legami della condannata con circuiti criminali all’attualità si segnala che la motivazione Ł generica e fa riferimento a legami che si basano soltanto sul cognome della ricorrente; tanto che gli imputati destinatari del provvedimento di custodia cautelare con riferimento al reato associativo non ricomprendono l’odierna ricorrente. Infatti, l’ordinanza del 4 febbraio 2025 a carico della sorella e del cognato della ricorrente non riguarda la condannata, e questi non hanno mai fatto parte dell’associazione per la quale la ricorrente ha riportato condanna definitiva alla pena in esecuzione. Anche la motivazione circa la perdurante esistenza all’attualità dell’attività dell’associazione criminale sul territorio Ł apparente perchØ non solo vi Ł il mancato coinvolgimento della ricorrente in episodi delittuosi riguardanti altre famiglie rom del territorio, ma non viene nessun collegamento con tali procedimenti penali, peraltro risultando tutti i soggetti destinatari della pena in esecuzione per il reato associativo per il quale anche la ricorrente Ł stata condannata, in stato di detenzione.
2.3. Sussiste omessa motivazione in relazione, infine, alle circostanze di segno positivo che risultano dalla nota della questura diXXXXXX la quale attesta la distanza temporale tra la commissione del fatto per cui la ricorrente Ł detenuta e un reato del 2007 per danneggiamento lesioni e violazione di domicilio.
Non si Ł tenuto conto, inoltre, che la ricorrente ha trascorso un periodo di pena per il reato associativo agli arresti domiciliari sino al 15 luglio 2021 ed Ł rimasta libera sino al 9 luglio 2024 fino a che non Ł stato emesso ordine di esecuzione in relazione al quale la ricorrente si costituiva spontaneamente.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł infondato.
1.1.Osserva il Collegio che Ł principio pacifico di questa Corte quello secondo il quale, una volta richiesti il differimento dell’esecuzione della pena o la detenzione domiciliare per
motivi di salute, la ritenuta insussistenza delle condizioni per la concessione del rinvio dell’esecuzione non obbliga il giudice a motivare anche sul diniego della misura richiesta, in via subordinata, stante l’identità dei presupposti che legittimano l’applicazione dell’una o dell’altra misura (Sez. 1, n. 47868 del26/09/2019, COGNOME, Rv. 277460). Si Ł affermato, quindi, il condivisibile principio secondo il quale Ł da escludere, avuto riguardo anche alla chiara lettera della disposizione in questione (art. 47-ter Ord. pen)., che essa possa trovare applicazione sulla base di presupposti diversi da quelli che potrebbero dar luogo al rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione della pena (tra le altre, Sez. 1, n.47868 del 26/0972019, COGNOME, Rv. 277460).
Dunque, esaurita la ricognizione sul versante delle condizioni di salute in rapporto allo specifico contesto detentivo (anche in ordine al divieto di trattamenti disumani o degradanti) e individuato, in tal modo, il presupposto legittimante il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena, la successiva scelta giudiziale può orientarsi verso la detenzione domiciliare per il termine di durata stabilito e prorogabile, in luogo del rinvio “secco” dell’esecuzione della pena, laddove, nel bilanciamento tra le esigenze di tutela della salute del condannato e quelle di difesa sociale, sia comunque ritenuta prevalente l’esigenza di contenere la residua pericolosità attraverso il contesto detentivo esercitando un controllo da parte dello Stato, sia pure nelle forme della detenzione domiciliare (Corte Cost. n. del 2019).
Secondo consolidati principi, ripetutamente affermati da questa Corte, ai quali il Collegio intende dare continuità, ai fini del differimento obbligatorio della pena detentiva, di cui all’art. 146, primo comma, n. 3), cod. pen. – o della detenzione domiciliare ex art. 47ter , comma 1ter , Ord. pen., che ne mutua i presupposti – rileva l’esistenza della sindrome da immunodeficienza conclamata, o di grave deficienza immunitaria, o di altra malattia particolarmente grave, giunte in ogni caso ad una fase così avanzata da escludere la rispondenza del soggetto ai trattamenti disponibili o alle terapie curative (Sez. 1, n. 42276 del 27/10/2010, COGNOME, Rv. 249019-01; Sez. 1, n. 41580 del 01/10/2009, COGNOME, Rv. 245054-01; Sez. 1, n. 33967 del 17/06/2004, MulŁ, Rv. 228715-01).
Rispetto al differimento cd. facoltativo, di cui all’art. 147, primo comma, n. 2), cod. pen. (e alla detenzione domiciliare sostitutiva, sopra citata), Ł viceversa richiesto uno stato di «grave infermità fisica», ravvisabile quando la malattia da cui Ł affetto il condannato sia, comunque, tale da porre in pericolo la vita, o da provocare rilevanti conseguenze dannose, e comunque da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, dovendosi, in proposito, operare un bilanciamento tra l’interesse del condannato a essere adeguatamente curato, che trova fondamento nell’art. 32 Cost., e le esigenze di sicurezza della collettività (Sez. 1, n. 789 del 18/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 25840601; Sez. 1, n. 972 del 14/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251674-01).
Al contempo, la giurisprudenza di legittimità rileva che, rispetto al differimento facoltativo, debbano considerarsi anche patologie ulteriori, che siano di entità tale da far apparire l’espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità cui si ispira la norma contenuta nell’art. 27, terzo comma, Cost. (Sez. 1, n. 17947 del 30/03/2004, Vastante, Rv. 228289- 01), dovendosi avere riguardo a ogni stato morboso o scadimento fisico capace di determinare una situazione di esistenza al di sotto di una soglia di dignità da rispettarsi pure nella condizione di restrizione carceraria (Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, Aquino, Rv. 244132-01), come impone anche l’art. 3 CEDU.
Ciò premesso, si osserva che il giudice chiamato a decidere sul differimento dell’esecuzione della pena o, in subordine, sull’applicazione della detenzione domiciliare per motivi di salute deve effettuare un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla
pericolosità del detenuto e le condizioni complessive di salute di quest’ultimo, con riguardo sia all’astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici disponibili, sia alla concreta adeguatezza della possibilità di cura ed assistenza che, nella situazione specifica, Ł possibile assicurare, valutando anche le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento del quadro clinico (tra le altre, Sez. 1, n. 37062 del09/04/2018, Acampa, Rv. 273699).
Quanto al presupposto del rinvio dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica della gravità oggettiva della malattia (implicante un serio pericolo per la vita del condannato o la probabilità di altre rilevanti conseguenze dannose, si osserva che detta gravità deve intendersi in modo particolarmente rigoroso, tenuto conto sia del principio di indefettibilità della pena sia di quello di uguaglianza di fronte alla legge senza distinzioni di condizioni personali: principi che implicano, appunto, al di fuori di situazioni eccezionali, la necessità di pronta esecuzione delle pene legittimamente irrogate.Il secondo requisito consiste nella possibilità di fruire, in stato di libertà o detenzione domiciliare, di cure e trattamenti sostanzialmente diversi e piø efficaci rispetto a quelli che possono essere prestati in regime di detenzione anche mediante ricovero in luoghi esterni di cura.
In altri termini, non Ł sufficiente che l’infermità fisica menomi, in maniera anche rilevante, la salute del condannato e sia suscettibile di generico miglioramento mediante la cessazione della detenzione intramuraria, ma Ł necessario, invece, che l’infermità sia di tale gravità da far apparire l’espiazione della pena detentiva in contrasto con il senso di umanità cui si ispirano i dettami costituzionali e sovranazionali (Sez. 1, n. 36856 del 28/09/2005, COGNOME, Rv. 232511 – 01; Sez. 1, n. 3262 del 01/12/2015, dep. 2016, COGNOME Rv. 265722 01).
Ciò, non senza considerare che detta sofferenza aggiuntiva appare, in determinati casi, inevitabile laddove la pena va eseguita nei confronti di soggetti non in perfette condizioni di salute, ma questa assume rilievo, ai fini che interessano, solo ove superi i limiti dell’umana tollerabilità (Sez. 1, n. 26026 del 20/05/2003, COGNOME, Rv. 225008; Sez. 1, n. 48203 del 10/12/2008, De Feo, non mass.). Inoltre, va rilevato che la giurisprudenza di legittimità Ł pacificamente orientata nel senso che (tra le altre, Sez. 1, n. 46730 del 18/10/2011, COGNOME, Rv. 251414-01; Sez. 1, n. 266 del 21/02/1996, COGNOME, Rv. 203826- 01) i trattamenti sanitari sono sì incoercibili anche nei confronti del detenuto ma, se potenzialmente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il differimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valutazione della relativa richiesta (così anche, Sez. 1, n. 7369 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284257 – 01, relativamente a rifiuto di ricovero; Sez. 1, n. 5447 del 15/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278472 – 01).
1.2.Ciò premesso, si osserva che il provvedimento censurato, dopo aver specificamente argomentato, con motivazione non manifestamente illogica ed esente da vizi rilevabili nella presente sede di legittimità, in relazione alle condizioni di salute della condannata, dando atto che questa, come acclarato anche dai consulenti tecnici di parte, Ł affetta da cardiopatia ipertensiva ed ischemica, artrite reumatoide, quadro depressivo, ha preso in considerazione gli esiti della relazione piø aggiornata, dando atto dell’esistenza di una neo formazione frontale sinistra con diagnosi di lipoma, NonchØ degli esiti di ulteriore visite specialistiche e della programmazione di ulteriori interventi di controllo e riabilitativi. Il provvedimento esclude, sulla base del costante monitoraggio attuato da personale dell’Istituto ove la ricorrente Ł ristretta secondo gli esiti di cui rende conto la descritta documentazione sanitaria, nonchØ di quelli della relazione sanitaria e degli esami di recente
svolti anche seguendo le indicazioni dei consulenti tecnici di parte, l’esistenza di infermità fisica tale da legittimare il ricorso all’istituto invocato.A tale conclusione l’ordinanza giunge anche valorizzando l’esistenza di comportamenti oppositivi attuati dalla detenuta rispetto all’offerta terapeutica dell’istituto penitenziario (cfr. p. 2), nonchØ l’acclarata esistenza, all’attualità di terapie somministrabili in regime intramurario o attraverso presidi sanitari esterni, ai sensi dell’art. 11 Ord. pen.
L’ordinanza, inoltre, ai fini della concessione della detenzione domiciliare, sottolinea il profilo della pericolosità sociale, attinto da censure generiche e in fatto, non esaminabili nella presente sede. Dunque, sulla base di tale complessive conclusioni, anche alla stregua delle questioni prospettate dalla difesa che, in parte, non si confronta puntualmente con alcuni degli aspetti rimarcati dal Tribunale (quale quello relativo al comportamento oppositivo) non emerge che l’espiazione della pena in atto contrasti, allo stato, con il diritto alla salute o con il senso di umanità costituzionalmente garantiti, in quanto non si evidenziano malattie tali da porre in pericolo la vita o da provocare conseguenze, dannose anche sul piano della dignità umana, capaci di privare la pena in esecuzione di ogni significato rieducativo. Cure, nei limiti sopra delineati, nonchØ trattamenti sono indicati dal Tribunale come praticabili in regime di detenzione intramurale, ricorrendo, eventualmente, anche a visite e ricoveri ex art. 11 Ord. pen., come del resto avvenuto solo cautelativamente in due precedenti occasioni.
1.3. Inoltre, si osserva che l’ordinanza ha motivato, facendo concludente riferimento all’insussistenza, riscontrata anche senza l’ausilio della perizia e ineccepibilmente argomentata, di un quadro patologico che presenti i necessari connotati sopra indicati. Anche nel procedimento di sorveglianza opera, del resto, il principio (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936-01; Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268815-01; Sez. 4, n. 7444 del 17/01/2013, COGNOME, Rv. 255152- 01) secondo cui la perizia Ł un mezzo di prova essenzialmente discrezionale, essendo rimessa al giudice di merito, anche in presenza di pareri tecnici e documenti prodotti dalla difesa, la valutazione della necessità di disporre indagini specifiche; con la conseguenza che non Ł sindacabile in sede di legittimità la decisione che non vi ricorra, pur a fronte di espressa sollecitazione, ove essa risulti – come nella specie – esauriente sugli aspetti che l’accertamento peritale richiesto avrebbe dovuto approfondire.
Nel formulare questa complessiva opzione, il Tribunale, peraltro, non si Ł discostato dal condivisibile principio secondo cui il giudice che in presenza di dati o documentazione clinica attestanti l’incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con il regime carcerario ritiene di non accogliere l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute deve basarsi su dati tecnici concreti disponendo gli accertamenti medici necessari e, all’occorrenza, nominando un perito.
Infatti, la giurisprudenza di legittimità esige che laddove il giudice di sorveglianza abbia acquisito dati o elementi clinici tali da orientare per l’incompatibilità del quadro patologico con il regime detentivo inframurario e non ritenga esaustivi o persuasivi tali dati – circostanza non ricorrente nella specie ove la relazione della Casa circondariale di Vigevano del 18 febbraio 2025 conclude per la compatibilità delle condizioni di salute con il regime detentivo in atto – che questi debba attivarsi per approfondire la questione, ricorrendo, all’occorrenza, all’ausilio peritale (secondo la traccia che, in sede cautelare, si rinviene nell’art. 299, comma 4-ter, cod. proc. pen.: Sez. 3, n. 5934 del 17/12/2014, dep. 2015, Lula, Rv. 262160). Ciò sempre ferma restando la disamina critica, spettante alla valutazione giudiziale anche in ordine all’esito peritale e, piø in generale, agli elementi tecnici ulteriormente acquisiti, con il completamento scaturente dal contraddittorio (Sez. 1, n. 39798 del16/05/2019, Rv. 276948).
1.4. Infine, si osserva che i travisamenti per omissione denunciati con il ricorso, quanto a talune risultanze istruttorie di segno positivo e alla condotta della condannata durante la detenzione domiciliare fruita, non sono decisivi e, dunque, il relativo vizio dedotto Ł inammissibile.
2.Segue il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con oscuramento dei dati sensibili, tenuto conto delle condizioni di salute della condannata ampiamente commentate ai fini della motivazione del presente provvedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS.
196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 04/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME