Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29471 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29471 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
In nome del Popolo Italiano
Data Udienza: 25/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME CASA
Sent. n. sez. 2194/2025
– Relatore –
NOME COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 13/02/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di Perugia vista la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
in procedura a trattazione scritta.
Con ordinanza emessa in data 13 febbraio 2025 il Tribunale di Sorveglianza di Perugia, pronunciando sulle istanze introdotte da XXXXXXXXXXXXXXXX, ha dichiarato inammissibili le domande di affidamento in prova (ordinario o terapeutico) ed ha respinto quella di detenzione domiciliare cd. in deroga per ragioni di salute (art. 47ter , comma 1ter , Ord. pen.).
COGNOME Ł in espiazione di pena per duplice tentato omicidio commesso nel 2017. Ha ottenuto, in ragione di un quadro patologico correlato a depressione maggiore, disturbi neurologici e morbo di Parkinson, la detenzione domiciliare sul finire del 2022, ma il beneficio Ł stato revocato nel novembre del 2023 per condotte ostili e minacce verso un operatore sanitario.
Il Tribunale riassume i contenuti delle relazioni sanitarie e di osservazione comportamentale in atti e, pur nella obiettiva consistenza e intensità delle patologìe, ritiene che ad oggi non siano emersi profili di incompatibilità tra la condizione del XXXXXXXX e la prosecuzione dello stato detentivo. In carcere vi Ł adeguata somministrazione di farmaci e costante trattamento terapeutico, nonchØ assistenza volontaria da parte di altro detenuto (quale caregiver ).
Al contempo, il fallimento della esperienza della misura alternativa concessa nel 2022 e revocata nel 2023 impone di ritenere tuttora presenti, e prevalenti, i profili di pericolosità sociale e le correlate esigenze di tutela della collettività.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge XXXXXXXXXXXXXXXX. Il ricorso Ł affidato a cinque motivi.
3.1 Al primo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla declaratoria di inammissibilità della domanda di affidamento in prova terapeutico.
La domanda era da intendersi non già in riferimento a dipendenza da sostanze stupefacenti, ma come strumento giuridico di doverosa realizzazione di un percorso terapeutico per le patologìe psichiche da cui Ł affetto il COGNOME. Sotto tale profilo poteva essere valutata.
3.2 Al secondo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla declaratoria di inammissibilità della domanda di affidamento ordinario.
La parte della motivazione che si ritiene errata Ł quella sulla entità del residuo pena, che il Tribunale indica come superiore a quattro anni, mentre in ragione del tempo decorso e delle ordinanze concessive di liberazione anticipata Ł inferiore.
3.3 Al terzo motivo si deducono erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al diniego della detenzione domiciliare per motivi di salute.
Secondo la difesa del ricorrente il Tribunale, pur realizzando un’ampia ricognizione del quadro patologico di cui Ł portatore il COGNOME, non tiene in debito conto la sommatoria tra patologìe di tipo psichico e patologìe organiche, aspetto che doveva condurre ad una valutazione di incompatibilità con la prosecuzione della detenzione. La condizione detentiva (come emerge da relazioni e consulenze in atti) Ł, infatti, un fattore di aggravamento che espone a pericolo la condizione complessiva di salute del soggetto recluso. Sarebbe del tutto assertiva l’affermazione circa l’adeguatezza delle terapie praticabili nel luogo di detenzione. Viene richiamato il contenuto di Corte cost. n. 99 del 2019, sentenza con cui Ł stata resa possibile l’applicazione della detenzione domiciliare in rapporto ad esigenze terapeutiche di disturbi di tipo psichico.
3.4 Al quarto motivo si deducono erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza della pericolosità sociale, tale da imporre il bilanciamento con le esigenze terapeutiche.
La valutazione sarebbe incentrata – essenzialmente – sulla intervenuta revoca della precedente misura alternativa, ma non tiene conto della condotta regolare tenuta per piø di un anno in carcere e del fatto che le attuali condizioni neurologiche del ricorrente impongono un sostegno costante anche per i piccoli gesti del vivere quotidiano. Sarebbe pertanto una valutazione astratta e non attualizzata.
3.5 Al quinto motivo si deduce ulteriore vizio di motivazione in riferimento all’omessa valutazione della offerta del COGNOME di sottoporsi agli strumenti elettronici di controllo, a presidio della effettività della detenzione domiciliare.
Nella memoria del 26 maggio 2025 si rappresenta che nel mese di marzo 2025 il COGNOME ha usufruito di un permesso premio, con motivazione che, seppure per ragioni di favore, pare contraddire quella contenuta nel provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, per le ragioni che seguono.
Quanto al primo motivo, va rilevato che le esigenze terapeutiche derivanti da patologìe psichiche (e non da tossicodipendenze), proprio in ragione dei contenuti di Corte cost. n. 99 del 2019 – citata dalla difesa del ricorrente – vanno assicurate, nei casi di non adeguata possibilità di trattamento in strutture intramurarie, attraverso l’istituto della detenzione domiciliare cd. in deroga (art. 47ter , comma 1ter , Ord. pen.) e non con l’affidamento in prova terapeutico di cui all’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990.
Sotto tale profilo nessun vizio in diritto può dirsi esistente nella decisione impugnata.
Quanto al secondo motivo, va rilevato che, seppure la pena fosse stata, in concreto, inferiore ai quattro anni, la domanda di affidamento in prova ordinario sarebbe stata ugualmente inammissibile in ragione del divieto di legge di durata triennale (art. 58quater ,
comma 3, Ord. pen.) correlato alla revoca della misura alternativa della detenzione domiciliare, fatto avvenuto nel novembre del 2023.
Ciò posto, i restanti motivi vanno valutati in modo congiunto, posto che riguardano il ‘vero tema’ della decisione, ossia la valutazione del grado delle patologìe anche in rapporto alla residua pericolosità sociale del COGNOME.
In premessa va rilevato che, pur nella indubbia complessità del quadro clinico, il Tribunale ha analizzato ogni profilo rilevante ed ha doverosamente tenuto conto del fallimento della precedente misura alternativa, non potendosi ritenere estranee al tema in trattazione le considerazioni espresse in punto di persistenza di una condizione soggettiva di pericolosità.
Va ricordato, sul punto, che la norma in tema di sospensione obbligatoria – art. 146, primo comma, n. 3), cod. pen. – nell’escludere ogni bilanciamento con esigenze specialpreventive, presuppone – tuttavia – una condizione di particolare gravità della condizione patologica tale da determinare la incompatibilità con lo stato detentivo (sia in rapporto a necessità di tutela della dignità umana che in ragione della impossibilità di fornire trattamenti utili al miglioramento delle condizioni),mentrequella in tema di sospensione facoltativa – art. 147, primo comma, n. 2) – nel prevedere che la pena può essere differita nel caso in cui il destinatario si trovi in «condizioni di grave infermità fisica» postula una differente rilevanza delle patologìe (intese come di minore gravità) e richiede – in via generale – che la sottoposizione alla restrizione di libertà, in rapporto alla natura dell’infermità riscontrata, appaia contraria al senso di umanità per le eccessive sofferenze da questa derivanti (Sez. 1, n. 26136 del 06/06/2012, COGNOME, Rv. 253087) o che il trattamento sanitario, imposto dalla gravità delle patologie, non sia praticabile in modo adeguato in ambiente penitenziario, neanche mediante ricorso alle strutture esterne nei modi di cui all’art. 11 Ord. pen. (in tal senso, Sez. 1, n. 972 del 14/10/2011, COGNOME, Rv. 251674; Sez. 1, n. 1371 del 24/11/2010, COGNOME, Rv. 249319; Sez. 1, n. 30495 del 05/07/2011, Rv. 251478). Si Ł altresì precisato che il differimento – in via generale – non Ł, di per sØ, ricollegato al pericolo di vita, dovendosi avere riguardo ad ogni stato morboso o scadimento fisico capace di determinare una situazione di esistenza al di sotto di una soglia di dignità da rispettarsi pure nella condizione di restrizione (Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, Aquino, Rv. 244132; Sez. 1, n. 16681 del 24/01/2011, Rv. 249966).
Ciò posto, nel solo caso della sospensione facoltativa (art. 147) Ł lo stesso legislatore ad evidenziare come il differimento dell’esecuzione non veda del tutto estranea, nell’esercizio della discrezionalità del giudice, la considerazione della perdurante pericolosità sociale (l’art. 147, quarto comma, nega, nei suoi contenuti, l’accesso alla sospensione facoltativa in ipotesi di ritenuta sussistenza del concreto pericolo di commissione di delitti).
Già in tale quadro (relativo alle norme contenute nel codice penale), dunque, emerge sul piano normativo l’esistenza di una volontà di bilanciamento (lì dove si versi in ipotesi di sospensione facoltativa) tra tutela della salute e contenimento della pericolosità sociale, sia pure nei casi di minore gravità ed in una ottica solo in parte superata dalla evoluzione della legislazione nel settore del diritto penitenziario.
Qui infatti, in virtø di un assetto normativo progressivo, derivante da plurimi interventi legislativi, la misura alternativa della detenzione domiciliare per motivi di salute realizza comuni finalità umanitarie e assistenziali e ripete in larga misura i presupposti di fatto delle due norme testŁ citate (art. 146 e art. 147 cod. pen.) nell’ambito di un microsistema che vede, tuttavia, alternarsi la prevalenza dell’una o dell’altra tra le diverse esigenze in contrasto (tutela della salute/ contenimento della residua pericolosità).
Se infatti la previsione dell’art. 47ter, comma 1, Ord. pen., in caso di «condizioni di salute particolarmente gravi che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali» Ł declinata in termini di obbligatorietà del trattamento domiciliare, in ciò atteggiandosi come proiezione del disposto di cui all’art. 146 cod. pen., Ł pur vero che tale disposizione si applica esclusivamente in ipotesi di residuo pena non superiore a quattro anni e con esclusione dell’area di cui all’art. 4bis ed in tale assetto Ł dato percepire un limite applicativo correlato a condizioni soggettive (entità del residuo pena/reato commesso) che nulla hanno a che fare con il tema sanitario/assistenziale, ma realizzano esigenze di tutela della collettività.
La previsione, inoltre, del comma 1ter dell’articolo citato, che consente di applicare la detenzione domiciliare in deroga sia al limite dell’entità della pena residua che alla ostatività delle fattispecie di reato di cui all’art. 4bis (tra le molte, Sez. 1 n. 17208 del 19/02/2001, COGNOME, Rv. 218762; Sez. 1, n. 8993 del 13/02/2008, COGNOME, Rv. 238948; Sez. 1, n. 18439 del 05/04/2013, COGNOME, Rv. 255851), si rapporta ad entrambe le condizioni di fatto descritte dal legislatore agli articoli 146 e 147 del codice penale, ontologicamente differenti tra loro.
In ciò Ł di certo possibile scorgere una volontà legislativa di realizzare un contemperamento tra le esigenze umanitarie e terapeutiche da un lato e il contenimento della residua pericolosità dall’altro, posto che la misura in questione consente di evitare – in ogni caso – l’effetto sospensivo della pena e mantenere un controllo, ove necessario, sui comportamenti del soggetto sottoposto (così, tra le altre, Sez. 1, n. 4328 del 12/06/2000, Sibio, Rv. 216912). Questa Ł anche la ragioni per cui l’istituto in questione si Ł ritenuto idoneo a realizzare, come si Ł detto, le esigenze terapeutiche per le patologìe psichiche non trattabili in ambito carcerario (Corte cost. n. 99 del 2019).
E’ anche evidente che – sempre in tema di detenzione domiciliare ex art. 47ter , comma 1ter – mentre il rinvio alla disposizione dell’art. 146 cod. pen. richiede la verifica in fatto del parametro della incompatibilità e da tale condizione, ove sussistente, importa l’assenza di valutazioni discrezionali limitatrici in punto di sicurezza collettiva ( ergo la misura va applicata anche in presenza di consistente pericolosità sociale e tende a realizzarne un contenimento, in luogo della sospensione vera e propria) il rinvio ulteriore alla condizione di fatto (di minore gravità) descritta nell’art. 147 cod. pen. rende possibile, in effetti, la riemersione di un potere discrezionale del giudice sul delicato fronte della compatibilità tra la misura alternativa (pur ricollegata a ragioni di salute) e la tutela dal pericolo di reiterazione intesa come complessiva adeguatezza della misura alternativa (in tal senso v. Sez. 1, n. 28588 del 18/06/2008, COGNOME, Rv. 240602; in termini generali Sez. 1, n. 4520 del 04/11/1992, Rv. 192433), aspetto che va valutato in sede di delibazione della domanda e che rappresenta, peraltro, una quaestio facti non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata.
Con ciò si intende affermare che il richiamo – contenuto nel provvedimento – alla esistenza del pericolo di recidiva (avendo il ricorrente usufruito in passato di misure alternative dimostratesi inefficaci) non risulta esorbitante dall’oggetto della decisione, posto che solo nell’ipotesi di sospensione obbligatoria rapportata a condizioni di fatto determinanti l’assoluta incompatibilità tra stato di salute e protrarsi della detenzione (secondo la previsione dell’art. 146 cod. pen., ed anche nella parte in cui tale disposizione Ł richiamata nel corpo dell’art. 47ter , comma 1ter ) il legislatore esprime una preventiva ponderazione di interessi nel senso della assoluta irrilevanza – in rapporto alla estrema gravità delle condizionidel soggetto istante – della residua pericolosità sociale, lì dove nelle altre ipotesi,
pure considerate dal legislatore, il tema può venire in rilievo nell’ambito di una complessivavalutazione di accesso condizionato alla misura alternativa, che ovviamente tenga conto della necessità di garantire – in ogni caso – il diritto alla salute dell’istante nei casi di particolare gravità della patologìa e/o inadeguatezza del trattamento sanitario disponibile (in tal senso, anche Sez. 1, n. 40654 del 09/07/2014, COGNOME, non mass.).
Per quanto sinora detto, la necessità di una adeguata ponderazione tra le condizioni di salute del XXXXXXXX e il pericolo di recidiva, realizzata nella decisione impugnata, Ł da ritenersi pienamente legittima, posto che la difesa tende a marginalizzare il dato del fallimento della precedente misura alternativa, aspetto che il Tribunale ha apprezzato in modo del tutto congruo.
Quanto al tema della adeguatezza delle terapie praticabili in ambito penitenziario, va rilevato che la difesa ripropone aspetti che hanno trovato adeguato momento esplicativo nella decisione impugnata, il che rende non consentita una rivalutazione nella presente sede di legittimità.
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 25/06/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME