Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14509 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14509 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato, in linea generale, che l’affidamento in prova al servizio sociale, discipliNOME dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione carceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condanNOME condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato;
che il giudizio in merito alla ammissione all’affidamento si fonda, dunque, sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è infatti consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizzo ermeneutico secondo cui «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condanNOME» (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985), in tal senso deponendo il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 e 3, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidamento al convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condanNOME, contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati;
che, dunque, il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, NOME, Rv. 202413);
che se il presupposto dell’emenda, necessario ai fini della concessione della più ampia misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condanNOME, ove lo consentano il limite di pena – diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47 -ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745);
che il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamentale sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata;
che rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative – alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitario accertamento (Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010, Pennacchio, Rv. 247235) – e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto;
che le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio;
che, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso l’istanza di ammissione alla detenzione domiciliare sul rilievo che COGNOME è tuttora portatore di notevole pericolosità sociale, come dimostrato dall’imponente curriculum criminale e dalle gravi pendenze, riguardanti anche fatti illeciti recenti e, peraltro, non risulta svolgere alcuna attività lavorativa;
ritenuto che il ricorrente si pone, per contro, in un’ottica di mera confutazione, che non riesce ad individuare fratture logiche nel ragionamento sotteso alla decisione impugnata, incentrato sulla valutazione complessivamente negativa della personalità del condanNOME e, di conseguenza, sull’attuale inidoneità delle prescrizioni legate alla misura della detenzione domiciliare a prevenire il rischio, ancora concreto, di recidiva, per cui non dirimente è la circostanza, sottolineata dalla difesa, che contrariamente a quanto segnalato nel provvedimento impugNOME la pena residua da espiare non superi i limiti previsti dalla legge ai fini della concessione della misura alternativa de qua;
che il provvedimento impugNOME resiste, pertanto, alle censure difensive, in quanto legittima manifestazione della discrezionalità riconosciuta al Tribunale di sorveglianza in vista della delibazione dell’istanza del condanNOME che, nella fattispecie, è stata rigettata sulla scorta di argomentazioni aliene da qualsivoglia deficit di linearità o coerenza razionale e tenendo conto anche di quanto emerso in ordine alle concrete possibilità di reinserimento sociale del condanNOME, che sono state vagliate alla luce del preminente fattore rappresentato dalla gravità e prossimità temporale degli illeciti (reati, rispettivamente, di lesioni personali ed evasione, commessi nel maggio del 2022) posti in essere, elementi questi comprovanti uno non scongiurato pericolo di commissione di nuovi reati e, rispetto ai quali, a nulla rileva il fatto che, con riguardo al reato di evasione, oggetto di
procedimento ancora pendente, COGNOME sia stato nuovamente ammesso alla misura cautelare degli arresti domiciliari;
che priva di decisiva rilevanza si palesano, nel contesto sin qui delineato, le ragioni sottese all’omessa instaurazione dei contatti con l’UEPE ed il riconoscimento della liberazione anticipata;
che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22/02/2024.