Detenzione Domiciliare: La Cassazione sulla Revoca per Domicilio Inidoneo
La detenzione domiciliare rappresenta una fondamentale misura alternativa al carcere, ma la sua applicazione è subordinata a precise condizioni, prima tra tutte l’idoneità del domicilio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su quando un domicilio cessa di essere idoneo, giustificando la revoca del beneficio. Il caso analizzato riguarda un detenuto che, a seguito di un grave conflitto con il proprietario dell’immobile in cui scontava la pena, ha visto interrompersi la misura alternativa.
I Fatti del Caso: Conflitto e Mancato Pagamento dell’Affitto
Un uomo, ammesso alla misura della detenzione domiciliare, stava scontando la pena presso un’abitazione non di sua proprietà. La situazione è precipitata quando è sorto un grave stato di lite con il proprietario dell’immobile. Quest’ultimo ha sporto querela nei confronti del detenuto per reati di minaccia e lesioni personali. A complicare ulteriormente il quadro si è aggiunto il mancato pagamento del canone di locazione.
Di fronte a questa situazione, il Tribunale di Sorveglianza competente ha dichiarato la cessazione della misura alternativa, ritenendo che il domicilio fosse diventato inidoneo per la prosecuzione della pena. La decisione del Tribunale non si basava su un accertamento di colpevolezza per i nuovi reati, ma sulla valutazione complessiva della situazione di incompatibilità venutasi a creare.
Il Ricorso in Cassazione e le Ragioni della Difesa
Il difensore del detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due principali argomentazioni:
1. Violazione di legge: Invocando lo stato di necessità (art. 54 c.p.), la difesa sosteneva che il mancato pagamento del canone fosse giustificato da un’esigenza abitativa irrisolvibile per il detenuto e sua moglie. Di conseguenza, l’occupazione dell’immobile sarebbe stata ancora legittima.
2. Vizio di motivazione: La difesa contestava che il Tribunale avesse dato peso a una querela che non aveva ancora avuto sviluppi processuali, travisando così le prove e ritenendo prematuramente colpevole il ricorrente.
In sostanza, il ricorso mirava a dimostrare che il domicilio fosse ancora idoneo e che la decisione di revoca fosse ingiusta e prematura.
Le Motivazioni della Cassazione: Inidoneità del Domicilio e Revoca della Detenzione Domiciliare
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e inammissibile. Il fulcro della decisione non risiede nella colpevolezza o meno del ricorrente per i nuovi reati denunciati, ma nella valutazione oggettiva dell’idoneità del domicilio.
I giudici supremi hanno chiarito che il Tribunale di Sorveglianza ha agito correttamente, basando la sua decisione sulla sopravvenuta inidoneità del domicilio. Tale inidoneità è stata motivata in modo logico e approfondito, fondandosi su due elementi cruciali:
1. L’incapacità oggettiva di pagare il canone di locazione.
2. L’evidente incompatibilità della permanenza del detenuto in quel luogo, a causa dell’aggressione portata contro il proprietario.
La Cassazione sottolinea che il problema non è stabilire se il detenuto sia colpevole dei reati di minaccia e lesioni, ma riconoscere che la tensione e l’ostilità createsi rendono quel specifico luogo inadatto a ospitare l’esecuzione di una misura penale. La ratio decidendi della revoca è, quindi, la rottura di quell’equilibrio minimo necessario per garantire che la detenzione domiciliare si svolga in un contesto adeguato.
Il ricorso è stato inoltre ritenuto inammissibile per mancanza di specificità, poiché non ha affrontato criticamente il cuore della motivazione del provvedimento impugnato, ovvero l’inidoneità del domicilio per incompatibilità ambientale.
Le Conclusioni: Quando un Domicilio non è più Idoneo per la Pena
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’idoneità del domicilio per la detenzione domiciliare non è un concetto statico, ma dinamico. Un luogo inizialmente idoneo può perdere tale caratteristica se le condizioni ambientali e relazionali si deteriorano a tal punto da compromettere la finalità stessa della misura.
La decisione della Cassazione insegna che un grave conflitto con chi offre ospitalità, specialmente se sfocia in atti di aggressione, è sufficiente a rendere il domicilio inidoneo, a prescindere dall’esito del procedimento penale per i nuovi fatti. È importante notare, come specificato dalla stessa Corte, che la revoca non preclude al condannato la possibilità di presentare una nuova istanza per la stessa misura, una volta reperito un diverso e idoneo domicilio.
Può essere revocata la detenzione domiciliare se sorge un litigio con il proprietario di casa?
Sì. La Cassazione ha chiarito che un grave stato di conflitto con il proprietario, che sfocia in aggressioni e denunce, rende il domicilio inidoneo a proseguire la misura, indipendentemente dall’accertamento penale dei nuovi reati.
Il mancato pagamento dell’affitto è di per sé sufficiente a far revocare la detenzione domiciliare?
Nel caso esaminato, il mancato pagamento è uno degli elementi che, unito alla grave conflittualità e all’aggressione verso il proprietario, ha contribuito a determinare l’inidoneità del domicilio e la conseguente cessazione della misura.
La revoca della detenzione domiciliare è definitiva?
No. La decisione precisa che la revoca è legata all’inidoneità di quello specifico domicilio. Il condannato non è inibito dal presentare una nuova istanza per la stessa misura alternativa non appena avrà trovato un diverso domicilio idoneo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20710 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20710 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SANT’AGATA DI MILITELLO il 11/03/1974
avverso l’ordinanza del 09/01/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 09 gennaio 2025 con cui il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha dichiarato la cessazione della misura alternativa della detenzione domiciliare a lui applicata indicando il domicilio in Orbetello (GR) INDIRIZZO di proprietà di tal COGNOME NOMECOGNOME per essere tale domicilio, più volte violato dall’istante, divenuto inidoneo a causa dello stato di lite insorto con il COGNOME il quale ha sporto querela contro il detenuto per i reati di minaccia e di lesioni personali, oltre che a causa del mancato pagamento del canone di locazione;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge, in riferimento all’art. 54 cod. pen., e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per avere il Tribunale omesso di valutare, in merito al mancato pagamento dei canoni di locazione, che l’occupazione abusiva di un immobile è scriminata dallo stato di necessità, quale l’esistenza di una esigenza abitativa non altrimenti risolvibile, esigenza che in questo caso riguarda anche la moglie del ricorrente, con la conseguenza che l’attuale domicilio non può essere ritenuto inidoneo in quanto occupato ancora legittimamente, e per avere il Tribunale travisato la prova dello stato di lite con il COGNOME la cui querela non ha ancora avuto sviluppi processuali e non consente di ritenere il ricorrente colpevole dei reati da costui denunciati;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato perché il Tribunale ha dichiarato la cessazione della misura alternativa non per avere ritenuto il ricorrente colpevole di alcun reato, ma perché ha valutato, con motivazione approfondita e logica, la sopravvenuta inidoneità del domicilio a suo tempo indicato quale luogo in cui espiare la detenzione domiciliare, per l’oggettiva incapacità del ricorrente di pagare il canone di locazione e soprattutto per la evidente incompatibilità della sua permanenza in quel luogo, a causa dell’aggressione da lui portata contro il proprietario, tanto da precisare che non è inibito al ricorrente di presentare una nuova istanza di misura alternativa appena reperirà un diverso domicilio;
ritenuto pertanto che il ricorso sia inammissibile anche per mancanza di specificità, dal momento che non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato e non attacca la sua ratio decidendi;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, non sussistendo alcuna nullità processuale o sostanziale, con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di
elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inannmissibilità», al versamento di una
somma in favore della Cassa delle annnnende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in data 08 maggio 2025
Il Consigliere estensore